Mura federiciane di Gela e Planimetrie antiche
Archivio Mortillaro di Palermo - Terranova nel 1857
Archivio di Stato di Napoli (Archivio Gentilizio Pignatelli) - Terranova nel 1825
Planimetria di Emmanuele Di Bartolo
Terranova nel 1743
MURA FEDERICIANE
Cessate le incursioni della pirateria barbaresca nel Mar Mediterraneo, la solida e spessa cinta muraria medievale della città, a partire dal Settecento, cominciò ad essere utilizzata dalla popolazione per ricavarne abitazioni; più di 150 furono, infatti, le usurpazioni effettuate a danno del perimetro murario. Come prima riferito la cinta delle mura medievali di Gela, già Terranova, si può dividere in due sezioni. Il primo perimetro, esteso su una superficie di circa duecentomila metri quadri, è compreso tra Piazza Calvario e Via Porta Vittoria ad est e via Giacomo Navarra Bresmes a ovest. Il secondo perimetro che verso ovest copre all’incirca la stessa superficie, arriva fino a Via Matteotti. Le mura erano provviste di quattro porte di accesso ed una postierla; ad est Porta Penestrina o Porta Vittoria, demolita nel 1878; a nord Porta Caltagirone, diroccata nel 1859; a ovest Porta Licata o Porta del Salvatore abbattuta nel 1860; a sud, in corrispondenza dell’odierna Via Istria, la postierla denominata Pertugio della Graticola (in vernacolo ‘u purtusu), eliminata nel 1892; infine, a sud Porta Marina, demolita negli anni Sessanta. Nelle immediate vicinanze di questo ultimo ingresso, durante il restauro dell’attiguo bastione, è venuta alla luce un’altra Porta ancora più antica con arco a sesto acuto, risalente al periodo della fondazione della città. Porta Vittoria e Porta Licata si trovavano sulla stessa linea dell’attuale Corso Vittorio Emanuele, mentre Porta Marina risultava sfalsata rispetto a Porta Caltagirone. Prima della citata ricostruzione delle mura, l’intera cerchia muraria era divisa, lungo l’attuale Via Giacomo Navarra Bresmes, in due parti da un muro trasversale che separava la Terra Vecchia (ad ovest) da quella Nuova; su questo muro fino alla fine del XVI secolo si apriva la Porta de’ Carri. |
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Di Porta Marina oggi rimangono solamente i muri laterali con relativi imposte e piedritti; negli anni Sessanta subì una parziale demolizione anche se i conci degli archi e della volta che la componevano furono numerati e conservati (chissà dove) in previsione di una loro ricomposizione che fino ad oggi non è avvenuta; contiguo alla porta e relativo alla sua difesa si osserva un torrione quadrangolare della seconda metà de XVII secolo, restaurato in maniera obbrobriosa nel 1994, caratterizzato dalla presenza di un elegante cornicione, di grossi blocchi cantonali in pietra arenaria e di pietre informi che costituiscono il resto della costruzione. |
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Qui di seguito adesso si inzia la descrizione delle parti più significative della cinta muraria, partendo da Porta Marina, posta a sud di via Marconi, e proseguendo verso est sulla Via mediterraneo dove s’intravvedono subito un primo tratto delle mura di cinta ed una imponente torre semisferica, quest’ultima probabilmente risalente al XIV secolo; la parte basale del muro è formata da diversi filari di blocchi regolari d’arenaria mentre tutta la torre è realizzata in pietra informe di diverso taglio. Non sfugga di osservare la caratteristica posizione delle abitazioni ricavate nello spessore delle stesse mura di cinta. |
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Procedendo più avanti, per una trentina di metri ancora, si incontra un’altra torre semisferica, uguale alla prima, stavolta però quasi totalmente fagocitata dalle contigue abitazioni. Dalle rientranze, rispetto alla linea delle case, che si succedono man mano che si procede verso est, si intuisce come la linea originaria delle mura sia spostata indietro di alcuni metri; in una di tali rientranze si può osservare, infine, una caratteristica scala ripida a diverse rampe, anticamente e ancor oggi con funzione di scorciatoia, che fa accedere alla soprastante via Cocchiara. Arrivati al termine di via Mediterraneo, prima di iniziare la salita verso Piazza Calvario, si osservi una torre angolare, risalente probabilmente al XIII secolo, che individua il limite di sud-est della cinta muraria medievale. |
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Proseguendo quindi per la salita si arriva in Piazza Calvario dove in uno sguardo d’insieme si può vedere tutta la piazza (e la torre prima citata da un’altra angolazione); inoltre, di fronte le croci, si possono osservare i resti delle mura di cinta del XIII secolo riattati in epoche successive. Tali mura rappresentano i resti del castello federiciano, che in origine aveva una pianta a forma di quadrilatero con lati disuguali, con agli angoli quattro torri e baglio e tutto provvisto di merlature; di questo castello rimane solo una delle quattro torri angolari, quella di sud-est, i cui resti (due finestre con arco acuto e strombature e in mezzo un’apertura a doppio arco) si possono osservare entrando nei locali degli ex granai del Palazzo Ducale il cui cortile da più di un lustro è interessato ad una serie di scavi archeologici che hanno messo in luce già interessanti strutture di Gela greca e medievale. La famiglia Pignatelli Aragona Cortes, una delle ultime proprietarie del castello, nel Settecento trasformò e adibì il complesso difensivo in magazzini di derrate alimentari. |
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Scendendo verso Via Porta Vittoria, dopo aver superato l’incrocio col Corso, si considerino le linee est e nord delle mura; della prima linea muraria rimangono poche tracce, mentre della seconda esistono ancora una scalinata e i resti di due torri distanti un centinaio di metri l’una dall’altra. Continuando verso ovest si arriva così all’ex Mercato, oggi Piazza Enrico Mattei, all’incrocio con Via Giacomo Navarra Bresmes, nei pressi del luogo dove fino al 1859 esisteva Porta Caltagirone. |
Superato l’incrocio si passa sulla Via Verga per iniziare a percorrere la seconda parte della cinta muraria, quella ricostruita nella seconda metà del 1500; di essa rimane quella parte riferita ai muri dell’ex chiesa e convento di Santa Maria di Gesù e dell’ex Carcere mandamentale, quest’ultimo ubicato ad angolo sulle vie Verga e Matteotti (già Via Bastione). Su quest’ultima via si snoda la parte ovest delle mura di cinta, caratterizzata qui dalla presenza di quattro grandi arcate, una torre di pietra e gesso e da una serie di contrafforti che arrivano fino all’incrocio di Corso Vittorio Emanuele. Superato tale incrocio si scende fino al Bastione, o meglio quel che rimane di esso, e continuando sulla Via Istria si inizia il lato sud delle mura le cui uniche vestigia visibili si riferiscono ad una serie di contrafforti e ad una torre quadrangolare, quest’ultima nelle immediate vicinanze dell’imbocco di via Filippo Morello, zona dove sorgeva anticamente la postierla del Pertugio della Graticola. |
LO SCATAFASCIO DI PORTA MARINA
Essersi occupati per più di due decenni di giacimenti culturali e, in relazione ad essi, avere avuto a che fare direttamente o indirettamente con politici, assessori e sindaci, ci consente di fare un’affermazione secolare che difficilmente può essere smentita: disinteresse, insipienza e ignoranza generazionale hanno contraddistinto da sempre l’operato degli amministratori gelesi nei confronti dei beni culturali della città e del suo territorio. Quanti casi di “barbarie” si possono evidenziare. Chiese distrutte (quella rinascimentale di S. Antonio, la trecentesca di S. Giacomo e quelle settecentesche di Santa Lucia, S. Nicola di Bari, ecc.), un numero incredibile di basolati di vie e vicoli del centro storico spariti (ultimo qualche anno fa quello di via Feace), palazzi antichi cancellati, mura di cinta medievali deturpate. Ma tra tutto questo scatafascio di beni culturali oggi scegliamo di parlare di Porta Marina, perché, a nostro modo di vedere, rappresenta l’esempio più eclatante del vergognoso atteggiamento delle istituzioni, sovrintendenze di Agrigento (prima) e Caltanissetta (dopo) comprese, nei confronti delle memorie storiche. Porta Marina, il confinante bastione e, addirittura, la chiesa di S. Francesco, nella seconda metà degli anni Cinquanta, corsero il rischio di essere diroccati così come era successo qualche anno prima agli antichi locali, il convento cinquecentesco dei PP. Conventuali, che ospitavano il municipio: il tutto sotto l’egida di un rinnovamento (?) urbanistico voluto da Salvatore Aldisio. Se allora ciò non accadde lo si dovette alla vibrata protesta di alcuni gelesi; tra essi un ruolo decisivo lo ebbe il compianto Padre Luigi Aliotta, cultore di patrie memorie, il quale riuscì a bloccare parte di tale insano proposito. Anche la casa di Antonio Scibona, passato alla storia recente di Gela come primo contestatore delle istituzioni, fu salvata; infatti, lo stesso Scibona assieme all’anziana madre, dopo lo sfratto ricevuto dal Comune, si caricò il letto per andarlo a sistemare a ridosso dell’ingresso sud della Chiesa Madre; tale fatto suscitò un tale scalpore nell’opinione pubblica che il sindaco dell’epoca fu costretto a revocare quanto impunemente aveva ordinato. Così il Scibona e la madre rimasero in quella casa fino alla loro morte. Intanto, Porta Marina per opera della Sovrintendenza di Agrigento (fino al 1991 competente per questo nostro territorio) fu smontata pietra dopo pietra per un suo rifacimento, in particolare i conci delle due arcate principali furono numerati per una loro futura ricomposizione. Stranamente, però, di tale rifacimento non si vedeva nulla; addirittura, il Comune di Gela lasciò che un contiguo proprietario di una casa a est di Porta Marina impiantasse dei pilastri di cemento armato sullo spazio (proprietà inalienabile del demanio comunale) pertinente alla struttura antica. Nessuna denunzia mai fu fatta. Da allora praticamente Porta Marina non esiste più; i conci numerati, immortalati in una fotografia del Comm. Attilio Guglielmino, a quanto pare andarono perduti (sic) dalla Sovrintendenza di Agrigento (o di Palermo) e mai nessuno delle istituzioni competenti si è curata di accertarne le responsabilità. L’usura del tempo e le piogge, però, inevitabilmente logorarono la consistenza delle pietre dell’unica parete rimasta di Porta Marina al punto tale che nei primi di ottobre del 2000 si produsse un rovinoso crollo che fortunatamente non provocò nessun danno alle persone. Da allora, per evitare un ulteriore collassamento di quel che rimane di Porta Marina, fu realizzato un puntellamenti che ne ha quasi totalmente chiuso il passaggio. E’ incredibile come ancor oggi nulla è stato fatto e nulla si fa per eliminare questo obbrobrio e per ricostruire possibilmente l’antica Porta Marina come una volta era nelle previsioni. |