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EMANUELE LABISO

ING. EMANUELE LABISO ROSSO

    Un personaggio gelese dell’Ottocento che merita di essere ricordato è l’ing. Emanuele Labiso Rosso. Nacque qui il 12 novembre del 1825 da distinta e agiata famiglia. Sin da giovanetto mostrò grande amore per lo studio, tant’è che il dotto padre Panebianco dell’Ordine dei Francescani, che in seguito divenne eminentissimo cardinale di Santa Chiesa, apprezzandone l’ingegno volle fargli da maestro. Da lui il Labiso fu indirizzato agli studi della matematica in cui dimostrò una versatilità eccezionale e, per completarli, frequentò l’Università di Palermo nella facoltà d’Ingegneria.

    In quel periodo grandi avvenimenti politici si maturarono e l’alba del 12 gennaio del 1848 trovò in nostro Emanuele, ancora laureando, pieno di entusiasmo e pronto ad offrire la sua opera a servizio della Patria, prima come milite della Guardia Nazionale e poi come tenente nel corpo del Genio Militare dell’Esercito Siciliano.

   Ristabilito il Regno delle Due Sicilie, Emanuele Labiso, deluso e amareggiato, abbandonò la lotta risorgimentale per riprendere gli studi e nel 1850 conseguì la laurea. Nello stesso anno si iScrisse ad un concorso, bandito a Napoli, per la nomina ad ingegnere del Corpo Ponti e Strade, ma, per il suo passato antiborbonico, fu subito escluso. Due anni dopo, però, il suo impegno e la crescente notorietà nel campo professionale convinsero il Luogotenente Generale di Sicilia Carlo Filangieri a nominarlo ingegnere di quel corpo. Con tale carica, sebbene ancora giovane, il Labiso realizzò diversi importanti progetti di strade e ponti da una capo all’altro dell’Isola. Nel 1864 fu nominato dal Consiglio Provinciale di Palermo ing. di prima classe. Un anno dopo, per le sue qualità, gli fu conferito da re Vittorio Emanuele il prestigioso titolo di ing. del Corpo Reale del Genio Civile. Nel febbraio del 1867 il Comune di Palermo lo chiamò a dirigere il proprio ufficio tecnico.

    Gli incarichi affidatigli e gli onori ricevuti non fecero mai dimenticare al nostro cittadino la sua terra natia, e, benché carico di impegni, ebbe sempre il tempo di tornare a Terranova, dove, per conto dell’Amministrazione comunale realizzò gratuitamente diversi progetti; si ricordano quelli della conduttura delle acque e il capitolato dell’impianto di gasluce. Eseguì, inoltre, il progetto della Villa Comunale e quello della nuova pavimentazione della chiesa Madre.

    Oltre a Palermo, operò per molti anni anche a Cefalù, dove compì numerosi lavori; si ricordano i progetti di restauro dei mosaici dell’abside della cattedrale, del teatro comunale e della piazza municipale, nonché i monumenti al barone Mandralisca e al patriota Salvatore Spinuzza, rispettivamente nelle chiese del Purgatorio e della Mercede. Il Labiso fu anche consigliere comunale dal 1869 al 1874 e soprintendente scolastico della stessa città. Durante la sua permanenza a Cefalù gli nacque nel 1864 Luigi Filippo divenuto poi scultore di fama.

    A Palermo, nella notte del 12 aprile del 1893, affetto da una grave malattia cardiaca, il Labiso fu rapito all’affetto della famiglia. Nel discorso necrologico il nostro concittadino Giuseppe Di Menza, Presidente della Corte d’Appello di Palermo, tra l’altro disse: àvisse di lavoro e di lavoro fu logoro, ma se il lavoro logora il corpo, nobilita però l’animo e lo sostiene contro la natura inesorabile e contro le crudeli vicende della sorte degli

uomini”.

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