UOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Settembre
2024
ARGOMENTI
A
partire dal mese di gennaio si è iniziato a
scrivere sulla storia di Gela, dalla sua
fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E
ciò con il contributo iconografico del pittore
Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da
Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese
della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si
scrive della diciannovesima puntatala dal titolo "Turismo
archeologico e balneare".
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19 - Turismo archeologico e balneare
IL
MONUMENTO DEFASCISTIZZATO
L'AULA MAGNA DEL COMUNE DI GELA
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Turismo archeologico e balneare
Antonio
Occhipinti ci presenta un tondo che intitola
“Turismo archeologico e Balneazione” come a
voler enfatizzare due importanti cardini su cui
si sarebbe dovuta basare l’economia di Gela
anziché su quella derivante dal petrolio.
Le icone qui
raffigurate, sono state disegnate tutte con
colori densi per dar loro una maggiore
incisività visiva; monumenti, reperti
archeologici e museo da una parte, dall’altra il
mare con le barche e lo stabilimento balneare
“La Conchiglia”, oggi un relitto di cemento
armato pieno di ricordi, un monumento alla
modernità, usurato dal tempo e finito
miseramente per l’incuria e la stoltezza di
quanti avrebbero dovuto salvaguardarlo.
19 - Archaeological and seaside tourism
Antonio Occhipinti means archaeology and seaside
tourism as the original economic resources for
Gela, which were later integrated by black gold.
Vivid colours give
images a higher strength: archaeology on one
side, boats and the beach establishment La
Conchiglia on the other. The artist seems to
convey the message that it is important to
control and protect the environment and to
preserve the archaeological heritage from
sinecure and time corruption.
Cartolina di oggi
IL MONUMENTO DEFASCISTIZZATO
La “cartolina di oggi” qui presentata, risale
agli anni Quaranta e ritrae in primo piano una
stele litica (allora ubicata sul marciapiede di
via Giacomo Navarra Bresmes e prospiciente la
confinante piazza San Francesco) dedicata a due
eroi locali Giovanni Guccione, Medaglia d’Oro
della Grande Guerra, e Luigi Casciana, Tenente
del Regio Esercito Italiano, che perse la vita a
Trieste nel 1920 per difendere un gruppo di
persone di minoranza etnica che si era rifugiato
all’Hotel Balkan. Sul monumento si osserva la
stele con ai lati due fasci littori e un corpo
di base su alcuni gradini diviso in tre parti
con al centro una scritta e ai lati le sagome di
due militi in altorilievo. In particolare poi
sullo sfondo a destra si osserva un isolato di
case, una scritta DUX sul muro e al centro la
chiesa rinascimentale di Sant’Antonio Abate.
Il monumento, realizzato dal Comune di Gela nel
1937, in base ad un’ordinanza prefettizia di
“defascistizzazione” per la presenza dei fasci
littori e della scritta inneggiante al regime,
nel 1953 fu smantellato e relegato in un
magazzino comunale, dove col tempo se ne persero
le tracce, nonostante che dopo qualche anno era
stata presa la decisione di annullare il divieto
e di ricollocarlo al proprio posto. Oltre al
monumento, qualche anno dopo fu demolito anche
l’isolato di case, compresa la chiesa
rinascimentale di Sant’Antonio Abate, per
ampliare piazza San Francesco così da adeguarla
al plateale ingresso principale del nuovo
Municipio di architettura razionalista
progettato dal Prof. Salvatore Cardella, docente
di Composizione Architettonica all’Università di
Palermo.
Sulla stele del
monumento demolito si leggeva la seguente
epigrafe:
CONTRO
IL NEMICO ESTERNO
GIOVANNI GUCCIONE
MEDAGLIA D’ORO
CONTRO
I NEGATORI DELLA PATRIA
LUIGI
CASCIANA
MARTIRE
FASCISTA
COMBATTENDO FECONDARONO
COL
LORO SANGUE
IL
NUOVO IMPERO DI ROMA
CHE
MUSSOLINI HA FONDATO
AI DUE
FIGLI EROICI
GELA
NELL’ANNO XV DELL’ERA FASCISTA
DELL’IMPERO
CONSACRA
La cartolina edita da Gugliara Salvatore, “Merceria e Profumeria Gela”, stampata dallo “Stabilimento Delle Nogare e Armetti” di Milano e viaggiata con un francobollo di 30 centesimi raffigurante la testa di Vittorio Emanuele III, presenta sul retro una scritta che recita: “Al Cav. Alfio Petronio Via Faro, Pedara (Catania) - Lì 3-3-943.XXI. Molti saluti affettuosi ed un’infinità di cordialità per voi, per la signora per il cognato e sorelle. Ogni tanto, nelle vostre passeggiatine fatevi vedere, a casa, a rivedere la Sig.ra Concettina e Graziano! Qui è un guaio che non arriva posta. Si sta meglio a Verona. Parlatemi delle novità del paese. Auguri e saluti ancora Cap. G. Motta”.
L’AULA MAGNA DEL COMUNE DI GELA
Prima della
costruzione dell’attuale Municipio, nella
contenuta Aula Magna dell’antica sede
municipale, ubicata nei locali dell’ex convento
dei Frati Francescani Conventuali (convento
diventato sede municipale dopo essere stato
confiscato dal Regno d’Italia all’ente
ecclesiastico nel 1866) esistevano una serie di
banchi lignei, disposti su due file di diverso
livello a forma di ferro di cavallo, con 26
posti a sedere per i consiglieri comunali oltre
ad un tavolo centrale, ubicato al centro del
semicerchio; disposti ad est vi erano i banchi
riservati alla Presidenza del Consiglio
comunale, alla Giunta municipale, e al
Segretario. Infine, dietro i banchi dei
consiglieri, erano stati ricavati uno spazio per
ospitare il pubblico e due postazioni riservate
alla stampa.
Da premettere che,
prima del trasferimento del Municipio nei locali
dell’ex convento contiguo alla chiesa di San
Francesco, la sua sede in origine si trovava
prospiciente l’attuale via Aretusa, a nor-ovest
di piazza Umberto I, via che era denominata
prima Giudicato, denominazione dovuta appunto
alla presenza del Municipio di Terranova di
Sicilia (capoluogo circondariale dei Comuni di
Butera, Mazzarino, Riesi e Niscemi). Poi quando
il Municipio (o Giudicato) fu trasferito, la via
giustamente fu denominata Ex Giudicato. Per
quanto riguarda la denominazione di quest’ultima
via, paradossale e grottesca è stata la sua
cancellazione diversi decenni fa, sostituita con
detta via Aretusa. E ciò accadde perché si
pensava, a torto, che in essa transitassero i
carcerati che erano portati nel vicino carcere
mandamentale, ubicato tempo fa dietro le “Scuole
Rosse” di Santa Maria di Gesù; disconoscendo il
fatto che la denominazione di Ex Giudicato si
riferiva non ai carcerati o agli ex giudicati ma
al Palazzo Municipale circondariale ubicato
originariamente in quella via.
Nella sala
dell’attuale Municipio, che riceve luce diurna
da una grande vetrata che dà sul sottostante
viale Mediterraneo, la presidenza, ubicata prima
ad ovest per poi essere traslata sul lato
opposto, si avvaleva di un lungo tavolo di legno
massiccio (lo stesso che oggi è ubicato nel
salone della vicina pinacoteca) posto su un
rialzato in legno, un podio per gli interventi e
un tavolo centrale per la segreteria dello
stesso Consiglio, mentre per i consiglieri vi
erano collocati dei filari di cattedre
scolastiche con sedie, lungo i lati nord e sud,
e un tavolo lungo al centro. Il tutto era
separato dallo spazio riservato al pubblico da
uno steccato in legno.
Sulla parte est del
muro, dietro il tavolo della presidenza, fu
affisso nel 1984 un enorme quadro dal titolo
“Allegoria Geloa” con immagini riferite alla
storia di Gela, opera del compianto pittore
locale Antonio Insulla. Periodicamente, per
conferenze o per determinati eventi, allora
l’Aula Magna veniva svuotata e riempita di sedie
per accogliere i partecipanti.
Tempo dopo, nel
1991, venne dato un assetto più razionale e
definitivo all’Aula Magna con la realizzazione
dell’attuale struttura con una presidenza di
forma semiellittica al centro, un banco al di
sotto della stessa per la Giunta e con dei
banchi laterali a sud e a nord per i consiglieri
tutti dotati di microfono; infine oltre
all’aggiunta di un sistema elettronico per la
conta delle votazioni degli stessi consiglieri
fu ricavato uno spazio separato per il pubblico.
Nel 1987, durante la sindacatura del compianto Prof. Vincenzo Giunta, lo scrivente, avendo disponibili una serie di foto di primi cittadini a partire dal 1883, propose al Comune un progetto per affiggerle e disporle cronologicamente sulle pareti dell’Aula Magna, e su quelle a nord del corridoio adiacente; il progetto qualche anno dopo andò in porto, giusto il tempo per incorniciare e didascalizzare con targhette di rame le fotografie a mezzo busto ingrandite dei “primi cittadini”.
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