QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Settembre 2023
ARGOMENTI
A
partire dal mese di gennaio si è iniziato a
scrivere sulla storia di Gela, dalla sua
fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E
ciò con il contributo iconografico del pittore
Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da
Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese
della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si
scrive l'ottava puntata dal titolo "Ricostruzione
timoleontea". |
8 - Ricostruzione timoleontea
Cercasi Teatro Greco di Gela
Aldo Falci pittore
8 -
RICOSTRUZIONE TIMOLEONTEA
Nella seconda metà del IV sec. a.C. la
signoria di Siracusa passò nelle mani di
Timoleonte, uomo politico e generale corinzio,
che liberò quasi completamente la Sicilia dalla
tirannide e dallo straniero. Infatti, dopo aver
riunito le forze di tutti i greci dell’Isola,
inflisse una sonora sconfitta ai cartaginesi
presso il fiume Crimiso nel 341 a.C. Inoltre, si
deve alla sua politica democratica di pace la
riedificazione intorno al 339 a.C. di Gela e
Agrigento oltre alla ripresa e allo sviluppo dei
centri greco-siculi. Dovunque fiorì
l’artigianato soprattutto per quanto concerne la
produzione di terrecotte figurate e di vasi
dipinti.
La città di Gela, che in seguito alle
distruzioni del 405 a.C. si era vista ridurre
anche la popolazione, fu dunque riedificata;
parte dell’area dell’acropoli fu sostituita da
botteghe e abitazioni, mentre l’espansione
urbana si prolungò verso occidente fino a Capo
Soprano, in particolare nelle contrade di Piano
Notaro e di Scavone, estreme propaggini della
collina di Gela.
La scena, che ci presenta Antonio
Occhipinti, s’impernia su due figure poste in
primo piano, con colori tendenzialmente caldi,
che raffigurano il generale corinzio Timoleonte,
con lo sguardo sereno rivolto lontano, e un
coroplasta nell’atto di modellare e dipingere un
vaso fittile vicino ad altre produzioni
rappresentative dell’arte greca e di quella
autoctona. Timoleonte, inoltre, è ancora
raffigurato, in dimensioni minori, sullo sfondo
a sinistra, nell’atto di colloquiare con un
milite; una semplice rappresentazione che è
utilizzata come metafora della nascita di una
nuova civiltà fondata sulla pace e sul
benessere, risultato di un dialogo tra politica
e militarismo, con la riedificazione delle città
con edifici, templi e mura di cinta,
rappresentati qui, in maniera riconoscibile,
dalle fortificazioni greche di Capo Soprano di
Gela e dal tempio della Concordia di Agrigento. Infine, sullo sfondo in basso, con una profondità pittorica tridimensionale, è proposta la parte sud-occidentale di Gela, cinta di mura timoleontee con una postierla ad arco a sesto acuto sul fronte delle stesse.
8 - Timoleon and the reconstruction
In the second half of the fourth century
B.C. Timoleon, the Corinthian general and
politician, rescued Sicily from foreign tyranny
almost completely. He succeeded in joining all
the Greek forces on the island and defeated the
Carthaginians in 341 B.C. The reconstruction of
Gela and Agrigento around 339 BC is due to
Timoleon himself, who also fostered handicraft
especially with regard to the production of
painted terracottas and vases. In Gela, part of
the acropolis was replaced by shops and houses,
while the urban expansion continued westwards to
Capo Soprano, particularly in the districts of
Piano Notaro and Scavone, the furthest end of
the hill of Gela.
In the foreground Antonio Occhipinti
portrays the Corinthian general Timoleon looking
away with a serene gaze, and a coroplast in the
act of modeling and painting a terracotta pot;
he is sitting close to other Greek productions,
which are representative of the native
population. Timoleon is also shown in smaller
size, in the left background, while conversing
with a soldier: a simple representation that is
meant as a metaphor for the birth of a new
civilization based on peace and well-being, the
result of a dialogue between politics and
militarism. The re-edification of the cities is
represented here through the Greek
fortifications of Capo Soprano in Gela and the
temple of Concordia in Agrigento.
CERCASI
TEATRO GRECO DI GELA
Su un periodico locale dell’inizio degli
anni Novanta lo scrivente ricorda di aver visto
un acquerello del conterraneo Maestro Antonio
Occhipinti raffigurante un teatro greco antico
posto al centro di piazza Umberto I con la
didascalia "Sotto la piazza il teatro greco" in
riferimento ad un articolo a firma di Emanuele
Zuppardo. Quest'ultimo, con una serie di
ipotesi, voleva convincere il lettore che il
tanto ricercato teatro di epoca greca di Gela si
trovasse proprio sotto la nostra piazza
principale. All'ipotesi del Zuppardo, corse voce
allora, s’interessarono alcuni tecnici dell’AGIP
che, addirittura, avrebbero effettuato dei
sondaggi sulla stessa piazza; notizie poi
dimostratesi totalmente infondate e volutamente
farlocche. Nessuno mai allora, al di là dello
scrivente, scrisse che lo sprofondamento
all’angolo di nord-est di parte della piazza fu
dovuto al non completo riempimento dello spazio
dopo la rimozione di una cisterna del carburante
di una pompa di benzina della Shell ivi ubicata,
oltre al fatto che la notizia del Zuppardo, si
seppe poi, altro non era che una …stimolante
provocazione.
All’ipotesi di cui sopra seguirono diverse discussioni anche perché fu proposto un altro sito sull’ubicazione del teatro, quello al di sotto della superficie di Piazza Trento, zona dell’ex Orto Bugget che nel 1929 fu interessata ad un progetto di sistemazione urbanistica comunale con la stessa piazza inserita al centro di una circonferenza con gli assi principali costituiti dalle vie A. Vespucci, in direzione nord-sud, e le vie ortogonali Caltanissetta e Gallipoli; ma col passar degli anni il tutto finì nel dimenticatoio, anche se di tanto in tanto se ne parla; recentemente è accaduto anche sul social FB.
Volendo ritornare sulla farlocca
ubicazione del teatro greco di Gela in piazza
Umberto I, sorgono alcune riflessioni. Notizie
di strutture di tal genere nella nostra piazza
principale non esistono, anzi in alcune
pubblicazioni delle scorso secolo di alcuni
cultori di patrie memorie (come Salvatore
Damaggio Navarra, Mario Aldisio Sammito e
Salvatore Costa), si scrive dell'esistenza fino
alla fine dell'Ottocento di alcune colonne
doriche sparse in quest’area, colonne riferibili
all’esistenza di un tempio dorico e non, quindi,
di un teatro; addirittura si scriveva pure che
fino al 1700 alcune colonne doriche del tempio
furono incorporate nei pilastri della navata
centrale della chiesa Madre, cosa che fu esclusa
da alcuni saggi, fatti fare tempo fa dal
compianto parroco Mons. Grazio Alabiso.
L'esistenza poi di gallerie sotto la stessa
piazza o nelle immediate vicinanze, a cui si
riferiva allora l’articolo, altro non erano che
dei cunicoli, due metri per uno scavati verso la
metà dell'Ottocento, adibiti a fognature che, in
seguito alla posa del nuovo sistema fognario,
furono eliminati.
II problema dell'ubicazione del teatro
greco a Gela, da tempo rappresenta un rompicapo
per gli storici ed i cultori di storia patria.
E’ stato cercato ovunque ma mai ne sono apparse
vestigia. Si parla spesso della zona a forma di
cavea che si trova in contrada Scavone, a
sud-ovest sotto il fungo piezometrico dell'EAS
di Piano Notaro, come la più probabile
ubicazione. Ma anche qui non è stato mai trovato
nulla di concreto.
A modesto parere dello scrivente, in
realtà ci sarebbe un posto ancora non esplorato
su cui potrebbero trovarsi (chi lo può dire) gli
eventuali resti del teatro greco; tale posto
dovrebbe essere Bosco Littorio a sud
dell’Acropoli dell’ex Parco delle Rimembranze.
Qui, per esempio, dagli ultimi ritrovamenti
effettuati diversi decenni fa e riferibili
all'esistenza di diverse abitazioni e di un
emporio sviluppatosi nel VI secolo a.C., si è
ipotizzato da parte di qualche archeologo la
presenza sotto le dune di un’intera città, una
specie di Pompei greca, ancora tutta intatta.
Non risulterebbe quindi improbabile che assieme
alla città spuntasse pure il suo teatro anche se
diversi decenni fa, durante la realizzazione di
alcuni capannoni dell’INAPLI, e più recentemente
per realizzare il museo della nave greca, non è
stato trovato nulla durante gli scavi per le
relative fondazioni, almeno fino ad oggi. Da
premettere che se a Gela, nel momento di massimo
splendore fosse esistito un teatro, come
sicuramente sarà esistito, lo stesso sarebbe
stato realizzato in legno, quindi un materiale
deperibile che non si sarebbe conservato fino ai
nostri giorni; cosa diversa, a partire dal IV
sec. a.C., quando i teatri erano realizzati in
pietra, proprio quelli che si sono conservati
fino ad oggi. Ma sono tutte ipotesi che
andrebbero vagliate con una ricerca sistematica
da parte dell’Istituzione competente (che si
sappia in genere poco o per nulla interessata) a
cui la Regione Siciliana dovrebbe mettere a
disposizione diversi milioni di euro, cosa
quest’ultima non realizzabile nemmeno nelle
favole per bambini. Purtroppo in Sicilia, per la
politica, gli investimenti economici
sull’Archeologia (anche se non sempre), a parere
dello scrivente, sono considerati dei vuoti a
perdere in quanto non vengono contraccambiati
dai “giusti” consensi elettoralistici.
E alla fine così ritorniamo alla stessa
domanda di prima: allora questo teatro greco
esiste o non esiste? Una domanda questa che ci
portiamo appresso già da qualche secolo senza
risposta e chissà quanto altro tempo dovrà
passare per averla.
Aldo Falci pittore
“…ho sempre voluto che altri godessero le mie
emozioni”
Come definire il pittore gelese Aldo
Falci? Partendo dalle considerazioni che si
possono avere e fare osservando i suoi dipinti
su tela realizzati con colori acrilici, è
difficile poterlo catalogare; forse è un
neorealista della pittura oppure un vedutista
che si occupa
di paesaggi o di città riprese dal vero, con
soggetti su cui fa predominare una forza
espressiva che non sta nel soggetto
rappresentato,
ma nella pittura in cui con tutta una serie di
giochi di colore cura scrupolosamente dettagli
con la dovuta precisione; oppure ancora potrebbe
essere un seguace di una scuola di pittura
francese della metà del XIX secolo,
fatta di un romanticismo della tradizione
accademica classica che utilizzava il paesaggio
solo come sfondo per l’allegoria e la narrazione
storica.
Domande a cui
potrebbe rispondere sicuramente un critico
d’arte. Però, al di là di definire il tipo di
pittura di Falci, ci dà un grande piacere vedere
ed ammirare i suoi dipinti
che ritraggono grandi e antichi palazzi spesso
prospicienti fiumi e laghi in cui si specchiano,
barche sul mare con un contorno di cielo sempre
azzurro, uccelli e pesci ritratti mirabilmente
nei loro ambienti naturali. Nei quadri di Falci
non ci sono sorgenti di luce,
la luce
emana dagli stessi soggetti della pittura e ciò
quasi ad emulare le icone bizantine dove non c’è
mai una sorgente di luce, perché è la luce il
loro soggetto.
E non solo, alcuni suoi dipinti
ritraggono paesaggi e luoghi della sua città e
ciò gli fa ripercorrere il cammino di precedenti
pittori locali, inconsapevolmente diventati
cultori di patrie memorie, i quali hanno dato un
contributo a usi, costumi e tradizioni ormai
destinati all’oblio.
Il pittore Falci, però, anche se ha
partecipato a diverse mostre locali e fuori
Gela, rimane sempre scevro dal rendere fruibili
i suoi dipinti e soprattutto è molto restio a
venderli. E’ probabile che la soddisfazione per
quanto produce gli provenga dal piacere che
prova nel sapere che le sue opere sono
apprezzate, spesso richieste e in giro in vari
paesi della Sicilia, Italia ed anche all'estero:
“…non ho mai voluto vendere un dipinto, anche se
mi sono stati richiesti, ma ho sempre voluto che
altri godessero le mie emozioni”.
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