SALUTI COL PIROSCAFO POSTALE
RICORDI
DEL QUARTIERE CANALAZZO
CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO IN RUSSIA
SALUTI COL PIROSCAFO POSTALE
La cartolina
abbastanza rara tra i collezionisti, risalente
ai primissimi anni del Novecento e prodotta
dall’editore
N.R.M.
(forse acronimo di Norman Rockwell Museum
produttore di cartoline), ritrae una fanciulla,
con lo sguardo un po’ sornione e un sorriso
misterioso quasi giocondesco, mezza sdraiata su
una barca a vela con uno sfondo di mare dove
naviga un piroscafo, quest’ultimo forse
riferibile a quello postale che effettivamente
faceva qui rotta; la scritta in stile liberty
“Saluti da Terranova” e la scritta a penna “e
baci affettuosi Angelina”
si stagliano su una composizione di nove
vedutine della città, disposte in sequenza sulla
vela e sulla fiancata della stessa barca, che
ritraggono il Corso all’altezza di piazza
Umberto I, via XX Settembre (già Corso Borgo e
oggi Corso S. Aldisio) dall’alto durante una
manifestazione popolare nel 1903, ancora un
tratto del Corso, la chiesa Madre, ancora via XX
Settembre, il comunale “Teatro Garibaldi” di
piazza Sant’Agostino (oggi Teatro Eschilo), il
palco musicale (l’armonium), da tempo rottamato,
della Villa comunale e il busto marmoreo
dedicato a Umberto I nella piazza omonima,
trasferito nel 1952 all’interno della Villa
comunale dove tuttora si trova dimenticato e con
i baffi spezzati. Sul retro della cartolina, un
francobollo di due centesimi con lo stemma
sabaudo e le scritte in diverse lingue “Carte
Postale” e “Unione postale universale”; si legge
anche il destinatario: “Alla Gentilissima
Signorina Lina Briuccia Agnello - Palermo -
Piazza Castelnuovo Casa propria”. Le dimensioni
della cartolina sono 14 X 9 cm.
RICORDI DEL QUARTIERE CANALAZZO
Il quartiere
“Canalazzu”
(ovvero “canalaccio”, peggiorativo di canale),
assieme a quelli di “strata
‘u Signuri” e di “Sant’Austinu”,
è compreso in uno degli otto
quadranti, quello di nord-est, in cui è diviso
il centro storico murato di Gela; la
denominazione di questo quartiere e della strada
che l’attraversa, assegnata in tempi lontani per
consuetudine popolare, è probabile che sia nata
in relazione al fatto che esisteva un condotto
sotterraneo in cui si incanalavano acque bianche
e di fogna e che attraversando le mura di cinta
sbucava nella sottostante strada
“Circonvallazione Nord”, oggi Via Generale
Cascino, nell’attuale area dove fino a qualche
lustro fa era ubicato un distributore di
carburanti; le acque di scolo, prima di
disperdersi nel terreno della campagna che
degradava verso la pianura, passavano sotto il
ponte “de’
manuminagghi” ubicato sulla stessa
via; spesso l’acqua cloacale che usciva dal
condotto era utilizzata per irrigare gli orti a
nord di via Gen. Cascino e tale irrigazione non
era la sola dal momento che “…Impedire che le
acque luride, provenienti dalla fognatura
cittadina e le acque di pioggia delle strade di
circonvallazione, ove non esiste fognatura,
servano per irrigare gli orti.” (stralcio di una
lettera del Sottoprefetto Bonfanti inserita in
una “Relazione al Consiglio Comunale
sull’epidemia colerica del 1911 in Terranova di
Sicilia”). Alla strada “Canalazzu”
nel 1946, assieme a tante altre strade di Gela,
fu cambiata la denominazione in via Ciro
Menotti.
La maggior parte
delle abitazioni di questo quartiere, e non solo
di esso, fino agli anni Cinquanta era costituita
di case a pianoterra, quasi sempre un monovano
con muri in pietra e gesso, che possedevano in
alto ai lati dell’ingresso una o due finestre,
antico retaggio di una consuetudine medievale;
inoltre all’interno era ricavato un ammezzato,
“‘u
sularu”, utilizzato sia come deposito di
paglia, sia come dormitorio quando le famiglie
erano numerose. Molto spesso all’interno delle
abitazioni, che il più delle volte non
possedevano nemmeno la pavimentazione, esisteva
una promiscuità con galline, conigli e muli da
soma o da traino di carretti; situazione
impensabile oggi ma allora normale per molte
famiglie le quali, per mancanza di spazio,
conducevano una vita che si svolgeva in gran
parte della giornata davanti all’uscio e sulla
strada che diventava spesso campo di gioco per i
bambini, ma anche salotto e soggiorno per le
donne le quali sedute in cerchio confabulavano
tra loro e attendevano al cucito; sempre sulla
strada le donne facevano il bucato, preparavano
le conserve di pomodoro, “l’astrattu”
e “i’
chiappi”
e battevano con le mazze le spighe di
grano per liberarne i chicchi dalla pula; nel
pomeriggio del mese di maggio recitavano insieme
il rosario e cantavano inni di devozione alla
Madonna.
Fino ai primi anni
del Novecento nelle case “do’
Canalazzu” ma anche negli altri quartieri
della città, la presenza della latrina o
gabinetto, per non parlare dell’acqua corrente,
era quasi un lusso e, pertanto, per i bisogni
fisiologici si utilizzavano dei vasi
particolari, “cantri”
e “rinali”, che dopo l’uso erano svuotati
nel cuore della notte o direttamente sulla
strada, che diventava una fogna a cielo aperto,
oppure durante la sera all’interno di botti di
legno che, disposti su carri, giravano per la
città per conto del Comune e il cui conducente
(il cosiddetto “’u patruni da’ ‘mmerda, passa”)
si faceva preannunciare dal suono di una
trombetta. Il gabinetto, quasi sempre di tipo
alla turca rudimentale, era ubicato spesso
dietro la porta d’ingresso, nascosto da una
tenda o dietro un mobile, e coperto da un pezzo
di tavola; si può immaginare lo stato d’igiene
che allora poteva esserci considerando anche il
fatto che ancora le case non erano provviste
nemmeno di acqua corrente che per la bisogna in
questo quartiere era attinta dalle vicine
fontanine “do’
chianu ‘i Sant’Austinu” (oggi Piazza
Sant’Agostino) e “do’
chianu do’ Canalazzu” (oggi Largo Sammito),
fontanine queste, ma anche tutte le altre della
città, eliminate dalle varie amministrazioni
comunali a partire dalla fine degli anni
Cinquanta assieme ai basolati di pietra ragusana
e di lava dell’Etna.
“‘U
Canalazzu”
era abitato in prevalenza da contadini e
braccianti e da qualche “massaru” (titolare o
fittavolo di una masseria) che possedevano o
conducevano in mezzadria piccoli appezzamenti di
terreno da cui traevano le sostanze per il loro
frugale mantenimento. La vita di questo
quartiere molto popoloso, così come tanti altri
della città, iniziava già molto prima del
sorgere del sole; infatti, già a partire dalle
prime ore dell’alba i contadini si avviavano al
lavoro dei campi con i loro mezzi e, dopo aver
attraversato la “strata
do’ Canalazzu”, “‘u
Chianu ‘i Sant’Austinu” e “‘a
strata ranni”, uscivano dalla città da
Porta Vittoria andandosi ad aggiungere alla
lunga fila di carretti e quadrupedi che dalla
circonvallazione nord, nel quartiere “Carrubbazza”,
si dirigeva nella luce crepuscolare del mattino
verso la campagna. Per ritornare poi
all’avemmaria, dopo una giornata di intenso e
faticoso lavoro; durante il tragitto in città,
nel silenzio della crepuscolo serotino,
risuonavano il rumore delle ruote dei carretti
sul basolato, le voci dei contadini che
stimolavamo gli animali e i loro canti monotoni
e spesso melanconici come cantilene di antiche
tradizioni arabe. Uno di questi canti dei
carrettieri recitava così: Tira mureddru miu, tira e
camìna
ca’ strata è longa e ‘a casa è luntana.
Co’ scrusciu da’ rota e ‘a catina,
tira, mureddru, ‘nda nostra Chiana.
Tira, cavaddru miu, tira e camìna,
cc’u friddu è forti e l’ossa ni trapàna.
CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO IN RUSSIA
Il Corpo di
Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.) e l'8ª
Armata Italiana in Russia (ARM.I.R.), subentrata
allo stesso C.S.I.R., furono inviate sul fronte
orientale a partire dal luglio del 1941. La loro
partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale,
dopo l’impegno militare italiano nei Balcani e
in Africa settentrionale, rappresentò uno sforzo
notevole per le loro stentate capacità militari
con il risultato di ingenti perdite, a parte la
bruciante sconfitta.
Infatti,
tra il 5 agosto 1941 e il 30 luglio 1942, si
annoverarono nel C.S.I.R. 1.792 tra morti e
dispersi con 7.858 tra feriti e congelati.
Nei mesi a seguire il bilancio dei caduti
impinguò tali numeri fino ad arrivare al marzo
del 1943 a 114.520 militari
tra morti e dispersi su 230.000 militari
italiani, a parte le enormi perdite di materiale
bellico. Tale numero elevato di italiani caduti
è riferito ai
combattimenti sul Don e agli stenti durante la
ritirata (feriti, congelati gravi, ammalati,
ecc.) e le marce di trasferimento verso i campi
di prigionia compresi i successivi trasferimenti
in treno, ma anche durante la loro prigionia in
quanto i russi non furono in grado di garantire
le condizioni minime di sopravvivenza ai
militari catturati, qualcosa come mezzo milione
tra tedeschi (la maggior parte), romeni,
italiani e ungheresi. I prigionieri italiani in
Russia furono 85.000, di essi ritornarono in
Patria solamente 10.000.
Quanti gelesi
parteciparono alla sciagurata campagna italiana
di Russia; dai dati in possesso dello scrivente,
allo stato attuale delle ricerche, il numero è
di 75 soldati, di cui 32 dispersi e 7 deceduti
sul fronte russo, pertanto, quelli che
ritornarono vivi sarebbero stati in 36. In
merito al conferimento di medaglie e croci di
guerra al Valor Militare si sono avute una
Medaglia d’Oro per il Ten. degli Alpini Giulio
Siragusa, una medaglia d’Argento per il
Caporal maggiore
dei Bersaglieri Caruso
Rosario, due medaglie di Bronzo per Bruscia
Ignazio (Soldato
del 15° Battaglione. Guastatori di Fanteria)
e Occhipinti Antonio (Sottotenente
del 120° Rgt. Artiglieria Motorizzato)
e 2 Croci per Abela Gaetano (Aviere
motorista delle Camicie Nere della Regia
Aeronautica Militare italiana)
e
Catania Francesco (Gruppo Camicie Nere,
Battaglione “M”).
In chiusura ci
piace riportare qualche riferimento biografico e
il testo della motivazione della Medaglia d’Oro
al valor Militare alla Memoria del nostro
conterraneo:
Siragusa Giulio di Angelo
e di Marturano Margherita, nato a Terranova di
Sicilia il 1° maggio 1916.
Dopo aver conseguita la
maturità classica, fu ammesso nel 1937 ad
allievo ufficiale di complemento di artiglieria
divisionale nella Scuola di Brà. Nominato
sottotenente del reggimento, fu destinato nel
giugno 1940 al fronte alpino occidentale e
successivamente, pochi mesi dopo, partì per
l’Albania dove partecipò fino
all’aprile del 1941 alle operazioni del
Regio Esercito Italiano svoltesi sul fronte
greco. Rimpatriato, e promosso tenente
di complemento (del 4° Rgt. di Artiglieria
Alpina, Gr. “Mondovì”, 10a Btr.),
nell’agosto del 1942 partì col reparto
per il fronte russo per… non ritornare più!
Cadde, infatti,
eroicamente in campo a Novo Postojalovka sul
fronte russo il 20 gennaio 1943.
La sua eroica morte
non passò inosservata tant’è che dall’allora
Regno d’Italia ricevette la Medaglia d’Oro al
Valor Militare alla Memoria con la seguente
motivazione:
“Nel
corso di un'estenuante ripiegamento, compiuto
sotto la costante pressione delle preponderanti
forze nemiche, sostenute da potenti mezzi
corazzati, impegnato in violento combattimento,
portava i pezzi della sua sezione in linea con
reparti alpini e si batteva con indomita
tenacia. Caduti i serventi, alimentava l'impari
lotta col suo valoroso esempio, azionando
personalmente un pezzo. Esaurite le munizioni,
inutilizzata la sezione, quando ormai tutto
crollava attorno a lui, benchè ferito, alpino
tra gli alpini, alla testa di un pugno di eroici
superstiti, si slanciava audacemente in cruento
assalto, riuscendo a contenere l'irruenza
nemica. Nell'estremo impeto, colpito
mortalmente, cadeva nella posizione tenacemente
contesa, perpetuando, col sacrifizio, le
tradizioni dell'arma gloriosa del tempo. Fronte
russo, Novo Postolajewka 2 gennaio 1943”.
Intanto qui di
seguito, come frutto di una ricerca dello
scrivente, si riportano i nomi di
settantaquattro fanti gelesi del C.S.I.R., di
cui allora 32 dichiarati dispersi, che furono
coinvolti nella irresponsabile e disastrosa
scelta del regime fascista di partecipare
assieme ai tedeschi alla campagna di invasione
della Russia.
1. Abela Gaetano,
2. Alabiso Antonino (disperso sul fronte russo),
3. Alario Giuseppe, 4.
Aliotta Pietro, 5.
Amato Nunzio (disperso sul fronte russo), 6.
Ascia Rocco, 7. Bonelli Emanuele
(invalido di guerra),
8. Bruscia Ignazio (Medaglia di Bronzo al Valor
Militare alla memoria), 9. Bue’
Salvatore, 10.
Canni’ Rosario (disperso sul fronte russo), 11.
Carano Cristoforo, 12.
Caruso Fortunato (disperso sul fronte russo),
13. Caruso Rosario (decorato con Medaglia
d’Argento al Valor Militare),
14. Cascino Pasquale (invalido di
guerra),
15. Catania Francesco di Angelo (decorato
con Croce al Merito di Guerra),
16. Cocchiara Nunzio (deceduto in campo di
prigionia a Uciostoje), 17. Cocchiaro
Damiano di Emanuele, 18. Damante Emanuele, 19.
D’Arma Emanuele, 20.
Dato Salvatore (deceduto in campo di prigionia),
21. Dato Vincenzo (disperso sul fronte russo),
22. Derigno Francesco (disperso
sul fronte russo),
23. Di Caro Emanuele (disperso sul fronte
russo), 24. Di Caro Giuseppe, 25. Di Dio
Giulio di Rocco (disperso
sul fronte russo), 26. Di Dio Paolello
Guglielmo, 27. Di Menza Carmelo, 28. Di Stefano
Rosario, 29.
Domicoli Giuseppe, 30. Gammino Giuseppe,
31.
Gerbino Orazio (deceduto in campo di prigionia
russo),
32. Giordano Antonino (disperso sul fronte
russo), 33.
Giordano Crocifisso (disperso sul fronte russo),
34. Gradito Emanuele, 35.
Granito Giuseppe (disperso sul fronte russo),
36. Granvillano Carmelo di Emanuele (disperso
sul fronte russo), 37. Granvillano Giuseppe, 38.
Iacono Giuseppe (disperso sul fronte russo), 39.
Incorvaia Sebastiano (deceduto in campo di
prigionia), 40.
La Spina Giuseppe, 41.
La Torre Antonino (disperso sul fronte russo),
42. Lignite Giorgio, 43.
Maganuco Baldassare (disperso sul fronte russo),
44.
Lombardi Andrea, 45.
Maganuco Rocco (disperso sul fronte russo), 46.
Marinetti Emanuele (disperso sul fronte russo),
47.
Mazzolino Emanuele, 48.
Montalto Salvatore, 49. Moro Alfeo (disperso sul
fronte russo),
50.
Mosca Vincenzo (disperso sul fronte russo), 51.
Nicastro Giuseppe (disperso sul fronte russo),
52. Nicastro Luigi, 53. Nicosia Crocifisso
(disperso sul fronte russo), 54. Nobile
Emanuele, 55. Occhipinti Antonio
(decorato con tre Medaglie al Valor Militare),
56.
Orlando Carmelo (disperso sul fronte russo), 57.
Pace Nicola di Emanuele
(disperso sul fronte russo), 58.
Paci Nunzio, 59. Passavanti Orazio (disperso sul
fronte russo), 60. Pisano Francesco (deceduto
sul fronte), 61. Pistritto Vincenzo, 62.
Quintiliano Emilio, 63. Rizzo Gaetano,
64.
Sabatino Orazio (disperso sul fronte russo), 65.
Salsetta Giuseppe (disperso sul fronte russo),
66. Sammito Rocco (disperso sul fronte russo),
67. Todaro Emanuele (disperso sul fronte russo),
68. Tummino Aurelio (disperso sul fronte russo),
69. Vella Filippo (grande invalido di
guerra),
70. Vella Saverio (disperso sul fronte russo),
71. Ventura Cristoforo (disperso sul fronte
russo), 72. Ventura Rocco (disperso sul fronte
russo), 73. Ventura Rocco (mutilato
di guerra),
74. Zuppardo Fortunato (disperso sul fronte
russo).
Sarebbe opportuno
che l’Amministrazione comunale ricordasse tali
nominativi con una lapide da collocare in uno
spazio del centro storico murato fruibile dalla
cittadinanza, ad esempio ai lati della stele
dedicata alle Medaglie d’Oro in piazza Martiri
della Libertà. |