QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Novembre 2023
ARGOMENTI
A
partire dal mese di gennaio si è iniziato a
scrivere sulla storia di Gela, dalla sua
fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E
ciò con il contributo iconografico del pittore
Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da
Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese
della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si
scrive la decima puntata dal titolo
"Dominazioni a Gela". |
10 - Dominazioni a Gela
Diga di Grotticelli
Cartolina di oggi
Piazza Umberto I
10 -
DOMINAZIONI A GELA
Dopo la distruzione definitiva di Gela
del 282 a.C., per opera di Phintia, sulle sue
rovine incombette una lunga notte di silenzio
che, però, lasciò spazio a una certa continuità
di vita sulla collina e nelle zone circostanti.
Intorno alla metà del V sec. d.C. la Sicilia
subì l’incursione dei Vandali che nel 468 d.C.
riuscirono ad impadronirsi di tutta l’Isola.
Nel 491, la Sicilia fu conquistata dai
Goti al comando di Teodorico. Tra il V e il VI
secolo, si ebbe una certa rivitalizzazione di
tutta la pianura di Gela, pur senza arrivare
ancora a insediamenti urbani, con la ricomparsa
di piccoli approdi e centri abitati come quello
di Manfria. Tra il 535 e l’878, anni d’inizio e
fine della dominazione dell’Impero Romano
d’Oriente nell’Isola, nel territorio di Gela
vissero popolazioni bizantine cui seguirono gli
Arabi, i Normanni (dal 1061), e gli Svevi.
I greci di Gela, pur nella frammentarietà
della loro “polis”, successiva alla sua
distruzione, tramandarono alle popolazioni del
territorio molte pratiche nel campo
dell’agricoltura, in particolare le migliorie
delle coltivazioni del grano, dell’orzo e delle
fave e l’introduzione delle coltivazioni della
vite e dell’olivo.
Occhipinti divide essenzialmente la scena
in due parti; nella prima, riferita a quella
romana del tardo impero, fa predominare la
figura di Calvisio, un patrizio destinato al
governo della provincia romana in Sicilia; nella
seconda, riferita alla dominazione araba, fa
primeggiare l’immagine di un emiro.
La scena riferita a Calvisio s’incentra
sull’agricoltura, in particolare sulla
coltivazione del grano, sintetizzata dalla
raffigurazione di due contadini; uno che conduce
l’aratro tirato dai buoi nei pressi di una
fattoria romana, l’altro che con una falce
taglia rigogliose spighe di grano dorato sui
feraci campi geloi di virgiliana memoria. In
basso, a riempimento del contorno, si
trasgredisce all’ordine della scena sinottica,
rappresentando a parte la città di Roma e ciò
per l'importante segno lasciato nella storia
dell'umanità; si raffigurano quindi l’aquila,
simbolo della legione romana, le iniziali di “Senatus
PopulusQue Romanus”, senato e popolo fondamento
dello Stato romano, e i suoi edifici.
La seconda scena riferita alla
dominazione araba in Sicilia (a cavallo dei
secoli IX e XI), oltre all’architettura
rappresentativa, felicemente evidenziata con le
cupole emisferiche della chiesa di “S. Giovanni
degli Eremiti” di Palermo, mette in risalto la
coltivazione del cotone nella Piana di Gela, un
tipo di coltura portata qui per la prima volta
dai musulmani che persisterà per ben più di un
millennio fino al recente abbandono di fine anni
Cinquanta. La vetusta chiesetta di S. Biagio, posta in piccolo tra le due figure prominenti di Calvisio e dell’emiro, di architettura arabo-normanna con abside basso e col campanile a vela, completa la rappresentazione storica preludendo alla prossima dominazione sveva della Sicilia di Federico II.
10 - Dominations in Gela
The Greeks had handed down to Gela many
agricultural practices with regard to the
introduction of grapes and olives, and the
improvement of wheat, barley and beans crops.
The painting consists of a main scene
organized in two main sections: in the first
section, referring to the late Roman Empire,
Calvisio, a patrician in charge for the
government of the Roman province in Sicily,
represents the main element; in the second
section, clearly referring to the Arab
domination, the image of an emir stands out.
The first section focuses on agriculture,
particularly on the cultivation of wheat, evoked
by the presence of two peasants. At the bottom,
the artist represents the city of Rome an its
buildings to convey the idea of its influence in
the history of humanity. He also represents an
eagle, symbol of the Roman legion, and the
abbreviation for
Senatus
PopulusQue Romanus.
The second section refers to the Arab
domination in Sicily (in
the ninth through eleventh centuries). It
includes the hemispherical domes of the church
of San
Giovanni degli Eremiti in Palermo and
emphasizes cotton farming in the Plain of Gela,
brought about by Muslims.
The church of San Biagio, an example of
Arab-Norman architecture, is placed in small
between the two figures of Calvisio and the
Emir, and is an anticipation of the forthcoming
Swabian domination of Sicily by Frederick II.
DIGA DI GROTTICELLI DI GELA DEL 1563, LA PRIMA
COSTRUITA IN SICILIA
Questo sbarramento a due piani inclinati,
denominato in origine “Prisa” o Diga di
Grotticelli, è lungo circa 120 metri e largo
alla base circa 8 metri; alto in origine quasi
10 metri e mezzo, è costituito da grossi conci
squadrati e poggia sopra una consistente platea
larga 50 x 42 metri, anch’essa di grossi conci,
che copre a valle l’alveo del fiume. La spesa
impiegata per la costruzione della diga fu
allora di £. 204.803.
Da questo sbarramento in origine
partivano in senso opposto due collettori
principali, uno a est denominato “Saia della
Corte”, lungo circa 10 chilometri, e l’altro a
ovest, lungo quasi 9 chilometri, denominato
“Saia dei Mulini”. Lungo il loro percorso
s’innestavano una serie di canali secondari e a
questi altri ancora e tutti a guisa di un
sistema arterioso. La distribuzione delle acque
della diga, relativa a circa 8.000 ettari di
terreno, era dettata da un regolamento risalente
al 15 agosto del 1794 che disciplinava pure le
41 tenute che godevano il diritto di concessione
all’irrigazione che allora avveniva dietro
compenso dei proprietari al Duca.
La “Saia della Corte”, cosiddetta Braccio
d’Oriente, provvedeva ad incanalare l’acqua a
diverse tenute; inoltre, tale incanalamento
grazie ad una poderosa travatura in legno alta
10 metri e lungo 94 metri (denominata
Ponte-Canale), attraversava il fiume Maroglio,
un affluente del Gela, portando l’acqua
d’irrigazione ad altre tenute. La “Saia dei
Mulini”, cosiddetta Braccio d’Occidente, portava
le acque ad altre tenute.
Il
duce Benito MussolIni quando nel 1937 venne a
Gela, la prima cosa che visitò prima di entrare
in città fu la diga e proprio mentre visita tale
struttura con al seguito diversi federali
compare in un settimanale illustrato “La
Domenica dell’Agricoltore” fondato da Arnaldo
Mussolini. La Diga di Grotticelli il 17 febbraio 1936 fu venduta dal Duca di Terranova, per la somma di £ 250.000, al “Grande Consorzio di Bonifica della Piana del Gela” allora commissariato dal Senatore Ernesto Vassallo. Così questa struttura, dopo quattro secoli, passava da proprietà privata a pubblica. La Diga di Grottìcelli perse la sua importanza nel 1948 con l’entrata in esercizio della Diga di Disueri.
Cartolina di oggi
Chiesa
Madre e Piazza Umberto I “ombrellonata”
Sicuramente la cartolina di oggi, qui
rappresentata, è la più significativa e la più
variopinta di tutte quelle che ritraggono la
piazza principale del centro storico murato di
Gela; sulla cartolina degli anni Sessanta, da
considerare quindi come “una macchina del
tempo”, oltre alla via che separa la piazza
dalla chiesa Madre si possono osservare diversi
particolari che qui vale la pena elencare oltre
al fatto che detta via di separazione fu
dedicata al Sindaco Giacomo Navarra Bresmes nel
1911, anno in cui morì colpito da un infarto
fulminante durante una riunione di Giunta.
Andiamo dunque ai particolari.
La facciata della Chiesa Madre con parte
della torre campanaria, della cupola, del
giardinetto a nord e la croce dell’acroterio
centrale sopra il frontone triangolare con un
braccio rotto; parte del Corso a destra dove
s’intravvede l’impalcatura durante i lavori di
costruzione del palazzo a sette piani
dell’allora Banco di Sicilia (oggi Credito
Siciliano) ricavato da una costruzione di solo
pianoterra; l’inizio di via Matrice a sinistra
della cartolina con all’angolo il Bar-Tabacchi
Ciaramella; il chiosco “dill’acqua sersa” (acqua
di seltz) di “Saru Picuni” gestito dalla moglie,
conosciuta affettuosamente come “zia Razzeddra”;
Piazza Umberto I con la fontana del nudo
statuario bronzeo femminile e con i tavoli e gli
ombrelloni dei vicini bar: del “Caffè Impero” di
Ferdinando Incardona (ubicato sotto la sede al
primo piano del Movimento Sociale Italiano di
una volta), del Caffè di Rosario Capici, (detto
Lollò), e come scritto più sopra del
Caffè-Tabacchi Ciaramella di “donna Palmira”
proprio a margine della scalinata del sagrato
della chiesa. Sul retro della cartolina si leggono: Gela - Piazza Umberto I, Place Humbert I, Humberti I, Square Platz Humbert I e più sotto Ediz. Barranco Gandolfo Riv. Tab. 6. Gela Rip. Vietata; ed ancora al centro Vera Fotografia 62208 e Fotocelere - Torino e Bromocolor Procèdè brevetè. La cartolina, indirizzata alla Spett. Ditta I Bitter, Signor Golfredo, Via Vitt. Emm. N. 66, Catania con un francobollo di 15 lire, riporta il mittente con la scritta “29-5-63, Rispettosi Saluti, Di Benedetto Sebastiano”. |