QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Novembre
2022
ARGOMENTI
CARTOLINA COMMERCIALE F. SALERNO VINCIGUERRA
CARDINALE TERRANOVESE PANEBIANCO
OSPIZIO MARINO
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CARTOLINA COMMERCIALE F. SALERNO VINCIGUERRA
Oggi,
contrariamente alle precedenti cartoline
illustrate, se n’è scelta una di tipo
commerciale riferita ad un ditta gelese di primo
Nocecento, quella di “F. Salerno Vinciguerra di
Terranova Sicilia”. Ed è stata scelta proprio
questa perché vi si trova un’impostazione
informativa e pubblicitaria sui generis
consistente essenzialmente in due figure, quella
di un’asta orizzontale a forma di scettro e
l’altra di una spirale che l’avvolge; sulle
superfici dell’asta e sulle curve della spirale
sono riportate tutte le informazioni che
riguardano i prodotti della ditta. Infatti,
lungo l’asta si legge l’informazione più
importante, quella che la vendita dei prodotti
della ditta può essere realizzata in “dieci rate
mensili”, mentre su ogni curva della spirale si
trovano scritte le tipologie dei prodotti e
cioè: “Tipografia, Orologeria, Armi, Oreficeria,
Argenteria, Mobilio e Cartoleria”. Inoltre,
sulla parte iniziale dell’asta si aggiunge un
logo a forma di cerchio con al centro le
iniziali sovrapposte SVF con la scritta sul
bordo “Industrie riunite”, contornato da rami
con foglie e sovrastato da un’aquila ad ali
spiegate.
La cartolina,
affrancata sul davanti con un francobollo di 10
centesimi raffigurante Vittorio Emanuele III, è
datata “Terranova, lì 12 Giugno 1902” ed è
indirizzata al Sig. G. Salerno Vinciguerra, via
Macqueda N. 230 a Palermo. Sul retro si legge:
“Carissimo Giovannino. Sino a ieri il mio male
aumentava maledettamente, stamane però mercè il
semicupio mi sento molto meglio. La bagniera di
zinco me la prestò il Dott. Solito, ma ciò non
toglie che tu me ne spedisca una bene adatta per
semicupio, anzi mi darai l’indirizzo dello
stagnino dove l’acquisterai perché ne voglio
tenere in magazzino per assortimento.
Abbracciati caramente con tutti i bimbi
Pasqualino ti abbraccia anch’egli … Ciccino”. La “bagniera” a semicupio, prestata dal Dott. Salvatore Solito (allora ex Sindaco di Terranova di Sicilia e titolare della farmacia omonima) altro non era che una vasca da bagno di zinco, corta e munita di sedile interno, che permetteva di immergersi parzialmente restando seduti con gambe e braccia di fuoti.
CARDINALE TERRANOVESE PANEBIANCO
ANTONIO
MARIA PANEBIANCO
Cardinale di Santa Madre Chiesa
La
scomparsa del Cardinale gelese
“…Il telegrafo ha
annunziato la morte dell'Eminentissimo Cardinale
Antonio Maria Panebianco nostro illustre e
compianto concittadino...” con queste parole il
sindaco f.f. Cav. Francesco Morso il 23 novembre
1885 aprì la seduta della Giunta Municipale
nell'aula Magna del vecchio municipio di Gela;
due giorni prima, infatti, sabato 21 novembre,
era spirato a Roma, all’età di 77 anni dopo una
lunga malattia, il cardinale terranovese Antonio
Maria Panebianco. In accordo con lo stesso Cav.
Morso il parroco della chiesa Madre, Mons.
Gioacchino Gurrisi, fissò per il 2 dicembre la
data del funerale simbolico del Cardinale,
simbolico perché le esequie furono fatte a Roma
con conseguente tumulazione nel cimitero del
Verano. Tre anni dopo, nel 1888, i familiari
dell'illustre concittadino fecero erigere un
monumento funebre di marmo bianco all'interno
della chiesa Madre a suo ricordo imperituro con
scolpita ad alto rilievo la scena
dell’ordinazione cardinalizia. Antonio Maria
Panebianco o meglio Nicola Panebianco (era
questo il nome secolare) nacque a Terranova il
13 agosto 1808 dal conte Gaetano e da Santa
Solito.
Da
frate a cardinale
Poco si conosce
dell’adolescenza del cardinale, ma si sa che già
all`età di sedici anni, entrò nell’Ordine dei
Minori Conventuali, il primo ordine religioso
presente a Terranova sin dal 1261. Dopo aver
compiutogli studi nella nostra città, si
trasferì a Roma per conseguire la laurea
dottorale. Ritornato a Terranova, iniziò la sua
attività pastorale ricoprendo, verso il 1832,
l'incarico di Guardiano del convento
dell'Ordine. In questo periodo frate Antonio
ricoprì anche le cariche di Segretario
dell'Ordine della provincia e Assistente
Generale e più tardi, nel 1852, quella di
Ministro Provinciale della Sicilia;
successivamente fu consacrato vescovo e nominato
arcivescovo di Palermo. Fu anche professore di
Lettere, Filosofia e Teologia Dogmatica in
diversi conventi dell'Ordine, prima
dell’insegnamento di Discipline Morali a
Catania. Nel 1853 fu chiamato a Roma da Papa Pio
IX e nominato Consultore della Suprema
Inquisizione per le sue qualità di sapienza e
integrità morale; successivamente questa carica
fu estesa anche ai Sacri Riti e agli Affari
Ecclesiastici Straordinari; infatti, con
quest’ultima carica fu inviato in Romania per
sanare una controversia tra la Santa Sede e il
governo imperiale sui matrimoni tra i coniugi di
diversa fede religiosa.
Grazie a “...Le sue
nobili qualità di mente e di cuore che lo
adornano: intelligenza elevata, profondità di
sapere, dirittura di mente, destrezza mirabile
di consiglio, imparzialità nei giudizi...” (da
Civiltà Cattolica, vol. XII, pag. 688), il 27
settembre 1861 Papa Pio IX lo elevò all'alto
titolo della dignità ecclesiastica di Cardinale,
l'unico in quel periodo eletto in Sicilia. Tempo
dopo venne addetto all’Ordine dei Preti e
fregiato del titolo di San Girolamo dei Croati a
cui rinunziò per assumere l'altro dei Santi XII
Apostoli. Fu membro di diverse congregazioni
romane come quelle della Propaganda Fide e nel
1863 della Indulgenze e Sacre Reliquie che resse
fino al 17 gennaio 1867 quando fu nominato
Penitenziere Maggiore rimanendo in tale incarico
fino al 15 ottobre 1877. Dal 30 marzo 1882 al 25
gennaio 1883 fu segretario della Congregazione
della Romana e Universale Inquisizione e anche
camerlengo del Collegio Cardinalizio.
Il cardinale
Panebianco, assieme ad altri illustri gelesi
distintisi nel campo della politica,
nell'amministrazione della cosa pubblica,
nell'arte, nella letteratura, ecc., rappresenta
un punto di riferimento per riguadagnare la
storia dimenticata della nostra città oggi
avvolta e stravolta da eventi sociali ed
economici che hanno dato purtroppo risultati
illusori e lontani da tutte quelle virtù morali,
che sono l'elemento indispensabile nella
costruzione della civiltà di un popolo.
Monumento e quadro dedicati al cardinale nella
chiesa Madre
Nella navata nord
della chiesa Madre, sul muro compreso tra le
cappelle della Madonna d’Alemanna e delle Anime
del Purgatorio, esiste un elegante monumento in
marmo dedicato alla memoria del cardinale
Panebianco
(prima dell’ultimo restauro della chiesa era
ubicato nel transetto a sinistra della navata
centrale),
realizzato da un artista cefaludese di origini
gelesi, lo scultore prof. Luigi Filippo Labiso
(suo è pure il busto marmoreo di Giuseppe
Garibaldi all'interno della Villa comunale
locale). Sulla lapide, inserita al centro di
tale monumento, si legge una scritta in latino.
Inoltre, nella sacrestia della chiesa esiste un
dipinto raffigurante il Cardinale, realizzato
nel 1885 dal pittore ciminnese Pasquale Sarullo,
apprezzato ritrattista e autore di molti dipinti
sacri. Sul margine inferiore dello stesso
dipinto si legge una scritta in latino.
Il
giornale dei Gesuiti
Civiltà Cattolica
(A. XXXVIII, vol XII, Firenze 1885, pag. 688),
la rivista quindicinale dei gesuiti italiani
fondata nel 1850, riportò la notizia della morte
del cardinale Panebianco. Nell'articolo
biografico si legge: “...Membro di quasi tutte le
Congregazioni romane, Prefetto di quella delle
Indulgenze e quindi Penitenziario maggiore, non
poteva non risentire gli effetti delle assidue e
delicate, lucubrazioni, che, in modo lento, ma,
inesorabile gli cagionarono l'infermità che lo
trasse al sepolcro. La morte non fu inattesa per
lui: vi si era preparato di lunga mano; anzi,
diciamolo, in tutto tempo del viver suo: ed
erano edificanti, soprammodo, in questi ultimi
anni, le amorose aspirazioni che volgeva al suo
Dio, dal profondo dell'anima. Quanti usarono con
lui, nel periodo non breve di sua vita pubblica,
rendono ora giustizia alle nobili qualità di
mente e di cuore che lo adornarono: intelligenza
elevata, profondità di sapere, dirittura di
mente, destrezza mirabile di consiglio,
imparzialità nei giudizi. E queste doti,
congiunte ad una rara modestia e ancor più rara
semplicità di modi, gli conciliarono fiducia,
rispetto e venerazione. Le consultazioni di lui,
rimaste negli archivi delle Congregazioni alle
quali appartenne, giustificano la esattezza di
questi rapidi cenni”. Nella villa della seconda metà dell’Ottocento di Capo Soprano, appartenente tempo fa alla famiglia Panebianco e oggi proprietà dell’imprenditore Luigi Greca, esisteva un dipinto ad olio incorniciato del cardinale che fu rubato e fino a oggi mai ritrovato.
L’OSPIZIO MARINO
La cartolina
di oggi, formato 14X9 cm. e databile agli anni
Trenta, ritrae l’Ospizio Marino
mentre sul retro si
legge l’indirizzo del destinatario il “Preg.
Sig. Carlo Mercaldo, R. Prefettura di Trieste in
data Gela
23/3/1933”,
con la scritta “Ringrazio
Sentitamente, Nunziatina Francesca Di Bartolo”.
L’Ospizio Martino,
una costruzione realizzata intorno al 1930 su
progetto di tale Ing. Cavalieri con proventi del
Comune e con la contribuzione dei gelesi, fin
dalla sua istituzione (avvenuta nel 1920) era
amministrato dal Consiglio di Amministrazione
dell’Ospedale Civile; la struttura era al
servizio dei bambini di ambo i sessi dai 6 ai 15
anni per la cura della scrofolosi e del
rachitismo; agli stessi bambini, inoltre, erano
offerti vitto, alloggio, cure, medicature e i
mezzi per frequentare i bagni a mare. Il
funzionamento dell’Ospizio fu affidato alle
Suore Figlie di Sant’Anna e funzionò
egregiamente grazie soprattutto all’opera
indefessa di un grande benefattore il Dott.
Filippo Solito. Nel 1954, durante i lavori di
riadattamento del lungomare, nell’area a sud di
Piazza Trento e in quella interna dell’Ospizio
si realizzarono due passaggi sotterranei,
tuttora presenti, in comunicazione con la
sottostante spiaggia.
All’inizio degli
anni Sessanta l’Ospizio Marino chiuse i
battenti; i suoi locali furono successivamente
occupati da diverse scuole superiori, ultima
quella dell’Istituto Magistrale.
Nonostante le
potenzialità di cure termali della spiaggia e
del mare di Gela, sfruttati a tale scopo
dall’Ospizio Marino tra gli anni Trenta e
Cinquanta, che si sappia, mai nessuno degli
amministratori ha tentato una loro
riproposizione che potrebbe significare un
provento economico oltre ad un sensibile sbocco
occupazionale.
In realtà nella
seconda metà degli anni venti l’Amministrazione
comunale deliberò di
realizzare
a Gela una stazione di cura termale e per
l’appunto qui di seguito si riporta parte della
delibera che così recita: “L’anno
millenovecentoventotto, il giorno sei del mese
di dicembre, il Podestà del Comune di Gela,
visto il R.D. Legge del 15 aprile 1926 n. 765,
delibera di rivolgere preghiera a S.E. il
Ministro dell’Interno perché si degni
riconoscere a questo Comune il carattere di
stazione di cura, perché ad esso conferisce
importanza essenziale la meravigliosa spiaggia
di cui è dotato”; con questa deliberazione il
podestà Antonino Vacirca chiedeva al Governo di
allora la dichiarazione di “Stazione balneare
della città di Gela” ritenuto che la spiaggia è
formata di “sabbia fine e vellutata” la quale si
estende per più di 3 chilometri, mentre il mare
è “poco profondo e facilmente accessibile fino a
50 metri anche da inesperti al nuoto”; “…la
sabbia fine della spiaggia e il mare di Gela”,
continuava il Podestà, “risultano infatti
salutari e curativi per le persone affette da
malattie della pelle, da scrofola, e da
tubercolosi”. A tale delibera del Podestà di
Gela, da inviare al Ministero, ne furono
allegate altre dei comuni viciniori, come Butera,
Mazzarino, Riesi, Caltagirone, San Michele di
Ganzaria, Biscari (oggi Acate), Niscemi, Comiso,
Vittoria, ecc., con le quali si appoggiava la
richiesta della realizzazione della stazione di
cura gelese. E qualche anno dopo il Ministero
effettivamente diede l’autorizzazione, tant’è
che nel 1930 si diede inizio alla costruzione
dell’Ospizio Marino.
Oggi non sarebbe
un’idea malvagia riproporre a Gela dei centri di
benessere con la sabbia della spiaggia, il mare
e il sole per realizzare una stazione climatica
di cura di psammoterapia o sabbiatura per chi
soffre di malattie articolari in genere, di
talassoterapia per chi soffre di problemi a
carico della cute, delle vie aeree e dei vasi
sanguigni e di elioterapia. E tutto ciò
praticamente con elementi gratuiti e
inesauribili che la natura ci mette a
disposizione.
L’Ospizio Marino nell’ottobre del 2010 fu diroccato per realizzare al suo posto un centro di radioterapia che è entrato in funzione nel 2013.
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