QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE

Novembre 2021

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CARTOLINA DI OGGI

FOTO DI GRUPPO PREGANTE IN CONVENTO

 

GAETANO ORTISI TENORE GELESE DI FAMA INTERNAZIONALE

LA STATUA BRONZEA DELLA DONNA NUDA DI PIAZZA UMBERTO I

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FOTO DI GRUPPO PREGANTE IN CONVENTO

 

    La cartolina con la foto di gruppo di seminaristi e di frati cappuccini preganti, circondati da vasi di fiori con al centro un complesso statuario in gesso di Sant’Antonio di Padova, fu scattata all’interno del chiostro del convento dei PP. Cappuccini di Gela intorno al 1930. Il chiostro e l’antico convento, che risalivano al XIII sec., con annessi e connessi furono diroccati impunemente negli anni Cinquanta. Così con il diroccamento dell’antico chiostro si perse pure una statua della Madonna di Lourdes con tutto lo scenario della grotta attorno e il pozzo con lavabo oltre alle cancellate in ferro battuto del portico. Inoltre, nel progetto di ristrutturazione dell’Arch. Enrico Borra del 1943 della facciata della chiesa in pietra bianca comisana, probabilmente andarono perduti il portale e il rosone trecenteschi; scriviamo probabilmente perché ci riferiamo ad una ipotesi del compianto padre guardiano Fra’ Giacomo Calì, per il quale si sarebbe dovuto fare un saggio sul muro dell’ingresso centrale per esserne sicuri della presenza o meno.

    In chiusura si riporta il testo di una lettera del superiore dei Cappuccini Fra’ Benigno Occhipinti, inviata nel 1944 al Sindaco del Comune di Gela: “Seminario Serafico dei Minori Cappuccini (Prov. di Caltanissetta), Gela 2 febbraio 1944, Ill. Sig. Sindaco Cav. Rag. Luigi Liardi - Gela”, “…La Chiesa è sorta nel secolo XIII e precisamente ancor vivente S. Francesco. Piccola, ma linda ed elegante nelle sue linee semplici e nei suoi archi a sesto acuto è un perfetto modello di Chiesa Francescana. Nel secolo XVI venne barbaramente deturpata. I finestrini a sesto acuto furono murati, il rosone che adornava la facciata, chiuso per dar luogo ad una finestra di nessun gusto artistico. L'incuria e l`ala edace del tempo ha corroso e lesionato il prospetto, specialmente per gli scuotimenti subiti a causa della guerra attuale distruggitrice dell'arte e della civiltà rendendola indecente e contrastante con l'interno ormai definitivamente sistemato. Volendo riportarla all'antico stile, sulla scorta di tracce ancora visibili, ho incaricato il Dott. Arch. Enrico Borra perché sulle linee preesistenti ricavasse il progetto già presentato all'ufficio tecnico e da Lei approvato, arricchito da due guglie oltre la torre campanaria. Il preventivo è forte ed il sottoscritto chiede a codesto Comune un aiuto finanziario, sperando che, rendendosi conto del gioiello d'arte che verrà ad adornare Gela, questo contributo sia generoso perché la Chiesa è frequentatissima di fedeli, sia perché i Cappuccini con zelo, ardore ed abnegazione si prodigano in tutte le forme per l’assistenza morale e spirituale del popolo gelese. Chiedo questo atto di elargizione generosa a nome della religione e dell’arte a nome di questo popolo che vivamente desidera abbellita la facciata nella Chiesa della sua celeste Patrona Maria S.S. DELLE GRAZIE”.

    “Con ogni osservanza. Tanto spera e chiede”.

F. Benigno Occhipinti Superiore dei Cappuccini”.



ORTISI, IL TENORE TERRANOVESE OSANNATO NEI TEATRI ITALIANI ED ESTERI

       Chi è Gaetano Ortisi? La prima volta che lo scrivente incontrò questo nominativo fu alla fine degli anni Ottanta durante una ricerca nell’Archivio storico del Comune di Gela; in una lettera di un carteggio del 1884, infatti, a firma del sindaco Panebianco, si leggeva: “...valoroso artista nostro concittadino Gaetano Ortisi cavaliere dell'ordine di Cristo di Portogallo, conosciutissimo in Europa e fuori, l'eminente tenore nello scorso mese ci allietava due sere nel Casino di compagnia, ed in casa Sarzana col suo canto ora delicato, ora robusto tanto da riscuotere dall'imponente numero di ogni classe della cittadinanza nostra le più cordiali ovazioni”. Da quel momento in poi la ricerca di notizie sull'”eminente tenore” diventò un chiodo fisso, anche se, in verità, si aveva il dubbio che quel “conosciutissimo in Europa e fuori”, fosse una frase di circostanza, dubbio che in seguito si dimostrò infondato perché Gaetano Ortisi fu realmente un grande tenore di fama internazionale.

     Strano a dirsi, le prime significative notizie biografiche (compresa una fotografia) dell'Ortisi furono reperite dallo scrivente nell'Emeroteca Municipale di Madrid, su una pagina della rivista “La ilustracion betica”, “revista de Ciencias, Arte y Literatura, su director el scrittor sevillano Benito Mas y Prat” del 1881, dove esiste un servizio sull'Ortisi.

     Gaetano Ortisi nacque a Terranova il 29 novembre del 1844 da distinta e agiata famiglia; nel suo certificato di nascita (messoci a disposizione dal responsabile dell’Anagrafe del Comune di Gela il compianto Sig. Pino Scimè) leggiamo i nomi dei genitori: Luigi e Raniolo Concetta. Della sua fanciullezza non si sa quasi nulla, tranne che portò a compimento qui gli studi delle scuole superiori. Da Terranova si trasferì a Napoli per iscriversi nella facoltà di Giurisprudenza che abbandonò subito dopo per potere intraprendere gli studi di canto.

     In seguito, da Napoli passò a Milano, dove frequentò una delle più importanti scuole di canto e dove sposò Emilia Luraschi. Dopo aver raggiunto una notevole perfezione come tenore, nel 1873 iniziò il suo debutto nella lirica interpretando, nel teatro Dal Verme di Milano, il personaggio principale dell'opera “Giuditta” del musicista Jacopo Peri, a fianco del celebre baritono Gottardo Aldighieri. Fu un vero trionfo per l'Ortisi che riuscì mirabilmente ad evidenziare la sua bella e robusta voce maestrevolmente educata, tant'è che la direzione di quel teatro lo scritturò per altre tre opere.

ORTISI SCRITTURATO SU CONSIGLIO DI GIUSEPPINA STREPPONI,

MOGLIE DI GIUSEPPE VERDI

    A Lodi nel 1874 interpretò “Fernando” ne La Favorita (o L’Ange de Nisida o Leonora di Guzman), un dramma serio in 4 atti con la musica di Gaetano Donizzetti; “…si trattò di un’edizione con interpreti “di cartello” variamente esibitisi a Palermo, Piacenza, Napoli, dove il tenore Ortisi venne scritturato su consiglio ed intervento personale della consorte di Giuseppe Verdi, Giuseppina Strepponi, la quale l’aveva sentito esibirsi in un concerto in provincia. Si trattò di un’occasione benaugurale per Ortisi che a Piacenza cantò successivamente in un lavoro del M.o Bolzoni, e quindi, a seguire, in numerosi ruoli repertoriali italiani e francesi. Il pubblico iniziò ad affluire in sala sin dalle prime ore del pomeriggio portando sedie aggiuntive dalle vicine abitazioni ed osterie. La recita riscosse un successo incontrastato” (dal libretto relativo allo spettacolo, Codogno, Biblioteca Comunale “L. Ricca”).

 

DI TEATRO IN TEATRO IN ITALIA E ALL’ESTERO

 

     Il nostro Ortisi, dopo solo tre anni dall'inizio della sua carriera di cantante lirico, diventò famoso e ricercato. Dal Dal Verme di Milano fu chiamato a cantare al Carlo Felice di Genova e subito dopo ottenne un contratto per una prima tournée in Spagna nelle città di Saragozza e Barcellona. Tornato in Italia tra il 1879 e il 1880, calcò i più importanti teatri delle maggiori città; Verona fu la sua prima tappa, seguirono Livorno, Firenze (teatro Pergola), Aquila, Trento, Asti, Mantova, Roma (teatri Apollo e Costanzi), Reggio Emilia, Ravenna, Trieste, Venezia (teatro Fenice), Perugia, Treviso, Napoli (teatro San Carlo) e Piacenza (teatro Municipale). Dal prestigioso periodico mensile milanese la Gazzetta Musicale (fondato nel 1842 da uno dei più grandi editori musicali italiani, Giovanni Ricordi, e stampato fino al 1902), n. 23, anno XXXV, del 6 giugno 1880, a pagina 187 e a firma di tale G.D., si legge tra l'altro: “...Immenso, efficace, commovente è il giovane e valentissimo Ortisi (tenore dalla voce straordinariamente bella ed estesa), che ha fatto e fa delirare il pubblico, tanta è la grazia e l'efficacia del suo canto e la maestria e la perfezione del suo fraseggiare. E non solo è ottimo come virtuoso, ma lo è eziandio come attore; che in lui l'evidenza del carattere rappresentato non fa velo e non si stacca da quel giusto mezzo che forma appunto il vero artista”.

    La fama del tenore Ortisi, che passava da ovazione in ovazione in molti teatri, arrivò inevitabilmente anche all'estero. Infatti, nella prima metà del 1881, il nostro cantante lirico firmò due importanti contratti per alcune tournée nei principali teatri d'America e di Spagna. In quest'ultima nazione, in particolare a Madrid (Teatro Reale) e a Siviglia, furoreggiò nell'Aida, nel Trovatore e nel Rigoletto di Verdi, oltre che nel Faust di Gounod e nel Capuleti e Montecchi di Bellini. La sopra citata rivista sevillana “La Ilustracion Betica” chiuse l'articolo dedicato all'Ortisi con le seguenti parole: “...Las envidiables condiciones artisticas del Sr. Ortisi, su voz, de agradibilisimo timbre y gran potencia, y su reconocido amor al bellisimo arte, le han dado mucha y buena notoriedad entre los amantes de la musica”.

    Nel 1882 ritornò in Italia e, nel maggio dello stesso anno, cantò al Costanzi di Roma alcune opere (come Faust, Robert le Diable e Les Huguenots) del musicista tedesco Giacomo Meyerbeer, in cui Ortisi era un ineguagliabile interprete. Molti critici della capitale lo lodarono altamente ed espressero considerevoli giudizi a favore del nostro concittadino, in innumerevoli articoli, apparsi in tutti i migliori periodici romani come L'Opinione, II Capitan Fracassa, II Popolo Romano, La Libertà, II Bersagliere, L'Omnibus, La Lega, La Capitale, La Rassegna, L'Italia, La Riforma, La Rivista Indipendente, II Diritto, La Gazzetta d'Italia, La Palestra Musicale, Le Journal de Rome, LaVoce della Verità, L'Osservatore Romano, II Fanfulla e Don Pirloncino.

    Nel novembre del 1883 fu chiamato a Lisbona, dove lavorò in parte fino al 1890, al Teatro Nacional Sao Carlos per interpretare una serie di personaggi, tra i quali Radames nell’Aida di Verdi, Vasco de Gama nell’Africaine di Meyerbeer, Faust nel Mefistofele di Boito, Edgardo nella Lucia di Lamermoor di Donizetti, Raoul nel Les Huguenots di Meyerbeer e Don Carlo nel Don Carlos di Verdi. Nel giugno del 1885 ritornò in Italia per altre tournee al Teatro Verdi di Padova, al Teatro alla Scala di Milano, ancora al Teatro Costanzi di Roma, al Teatro Grande di Brescia e al Teatro San Carlo di Napoli. Il Maestro Gaetano Ortisi durante la sua permanenza in Italia aprì una frequentatissima “Scuola di Canto”, in Viale Monforte 27, a Milano.

    Tra il 1887 e il 1890 tornò di nuovo all’estero, arrivando persino a cantare al teatro Colón di Buenos Aires in Argentina e al teatro di Odessa in Ucraina. Tra il 1891 e il 1892, ritornato in Italia, fece una tournee in Sicilia con 27 recite al Real Teatro Vittorio Emanuele di Messina.

     Ortisi Gaetano di professione tenore”, come si legge nel certificato di morte, morì il 1° settembre del 1929 a Milano, due mesi prima di compiere l'85mo anno di età.

 

 

 

LA STATUA BRONZEA DELLA DONNA NUDA DI PIAZZA UMBERTO I

 

    Abbiamo nutrito da sempre seri dubbi sulla denominazione di Cerere attribuita alla statua bronzea della donna nuda che si trova in piazza Umberto I a Gela, statua che soppiantò nel 1953 il busto marmoreo del re. Comunque, se ci è consentito, adesso desideriamo dimostrare tale erronea e indebita attribuzione iniziando, però, dal busto del re e da un antefatto relativo all'inaugurazione della fontana della donna nuda che avvenne nel 1953, come si legge anche in diversi saggi del compianto giornalista Gino Alabiso, fontana che già compare in un cinegiornale del 3 luglio 1953 dell’Astra Cinematografica dal titolo “Consegna di terre a Gela”.

IL BUSTO DI RE UMBERTO I

    Fino ai primi degli anni Cinquanta sulla piazza principale di Gela troneggiava un busto marmoreo di re Umberto I. Realizzato con marmo di Carrara dal valente scultore palermitano Antonio Ugo e inaugurato nel 1903, tre anni dopo l’assassinio del monarca, il busto fu voluto allora da tutta la città perché con esso si voleva rappresentare il sentimento di amor patrio e la dedizione alla casa sabauda dei gelesi, a parte il fatto che tale monumento sembra sia stato uno dei primi eretto in Sicilia. Nel 1953, al posto del busto del re, con la spesa di centomila lire e con il beneplacito della Soprintendenza ai Monumenti di Agrigento, non si sa per quale motivo, fu impiantata una statua bronzea di una florida donna nuda, dono della Cassa per il Mezzogiorno (sic).

IL GIORNALISTA GINO ALABISO E IL NUDO BRONZEO NELL’INAUGURAZIONE

    “…Il sindaco Vella disse ad alta voce: “Ma è una vergogna. E si vuole collocare questa indecenza davanti alla Chiesa Madre?”. Il vicario foraneo, Mons. Federico emise tuoni e fulmini. L'on. Aldisio era imbarazzatissimo: a lui gliela avevano regalata... La statua venne rimandata indietro all'artista, lo scultore Silvestro Cuffaro di Palermo, per renderla più “presentabile”. Dopo poco tempo, la statua ritornò a Gela in edizione riveduta e corretta: l'oscuro oggetto del desiderio era ricoperto, con furbizia, con un lembo sfuggente di velo. A guardarla bene ci si accorse subìto che l’artista aveva fatto in modo che la giovinetta nuda desse l’impressione che, invece di coprirsi col chitone, facesse l’atto di denudarsi. E francamente, una giovinetta che cerca di spogliarsi in una pubblica piazza è roba da codice penale, o addirittura da manicomio. La statua fu sistemata in piazza e, nel luglio del 1953, a Gela venne inaugurato solennemente il nuovo acquedotto…”.

    L’acquedotto delle sorgenti di Molinello di contrada Giardinello di Vittoria che portava l’acqua a Gela entrò in esercizio nel maggio del 1953 e in quel giorno di domenica vi fu festa grande in piazza Umberto I; la città era imbandierata e la popolazione assistette con gioia allo zampillo dell’acqua che uscì dalla fontana sottostante la “donna nuda”.

IL GIORNALISTA AMERICANO CURTIS BILL PEPPER

   L’antefatto di cui sopra si riferisce ad un articolo, dal titolo “It Happened in Italy (E’ accaduto in Italia), di un giornale americano, ne sconosciamo la testata, redatto in occasione di tale inaugurazione da uno scrittore e giornalista statunitense, tale Curtis Bill Pepper, autore e reporter che vagò per l'Europa e il Medio Oriente per oltre 40 anni scrivendo di politica, cinema, arte e Vaticano, innamoratosi dell'Italia dopo che qui aveva combattuto durante l'ultima guerra; nella sua attività fu uno specialista nel realizzare profili di personaggi come Madre Teresa, Re Hussein di Giordania, Willem de Kooning, Laurence Olivier, Marcello Mastroianni, David Ben-Gurion e Moshe Dayan. Inoltre, il giornalista raccontò un giorno nella vita di Papa Paolo VI, tracciò l'ascesa del gruppo terroristico italiano delle Brigate Rosse e dettagliò il restauro de "L'ultima cena" di Leonardo. Uno dei libri più apprezzati dal Pepper fu "We the Victors" (1984), che descriveva il suo studio quinquennale sui malati di cancro e sul personale ospedaliero che li cura.

IL GIORNO DELL’INAUGURAZIONE

    Ma ritorniamo all’articolo di cui sopra; in esso si legge di una “civil war between art lovers and shocked moralists”, ovvero una guerra civile tra amanti dell'arte e moralisti scioccati, in merito alla posa del nudo statuario, un regalo che la Regione Siciliana tramite la Cassa per il Mezzogiorno fece al conterraneo On. Salvatore Aldisio (per i suoi trascorsi di Alto Commissario della Sicilia e uno dei padri dell’Autonomia regionale) il quale pensò bene di donarlo al Comune di Gela facendolo porre al posto del busto marmoreo del re che allora troneggiava nella piazza. Infatti, nel giorno dell’inaugurazione, alla presenza di autorità civili, militari e religiose e di una strabocchevole folla che riempiva completamente la piazza, la gradinata e il sagrato dell’antistante chiesa Madre, il bronzo arrivò chiuso in un contenitore, nessuno sapeva di che cosa si trattasse, a quanto sembra, compreso lo stesso Aldisio. Nel momento dello scoprimento la folla che assisteva alla pubblica cerimonia rimase incredula e ammutolita nel veder comparire una statua raffigurante una donna nuda. A Gela “nulla di simile si era mai visto”. Il giornalista, inoltre, riporta alcune frasi come quella urlata da una donna “ma è completamente nuda”, e di un'altra “non fate guardare i bambini” e poi ancora il parroco della Madrice, il compianto Mons. Gioacchino Federico: "bruciatela..., e un insulto continuo di fronte la chiesa, una tentazione diavolesca per i ragazzi giovani che vengono tentati prima del loro tempo”. Intanto, mentre gli “amanti dell'arte” e i “moralisti scioccati" dibattevano sul togliere o lasciare la donna nuda, alcuni volenterosi cercarono di porre rimedio a tale “vergogna” ricoprendo la statua con della stoffa. Ma il rimedio risultò peggiore del "male", infatti fu subito tolta perché a quanto pare la statua bronzea risultò più sexy di quanto non fosse.

    Cosi, nonostante la forte contrarietà del parroco Federico e di molta altra gente, fu deciso lo stesso di lasciare la statua in piazza, anche se, temporaneamente, nella prima decade di settembre di quell'anno, si ha notizia che fu tolta dal suo piedestallo in occasione dei festeggiamenti della Patrona in presenza del vescovo della Diocesi.

IL NUDO BRONZEO RAPPRESENTA CERERE?

    È il momento adesso di capire perché la statua nuda di piazza Umberto I, a nostro parere, non raffigura Cerere o Demetra che sia; infatti, la dea nell'iconografia classica e stata, ed è, sempre rappresentata abbastanza vestita, una matrona severa e maestosa, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro ricolmo di frutta nell'altra. E questa statua bronzea nuda di Piazza Umberto I è ben lontana dal possedere tali caratteristiche se non la presenza di una sola spiga di grano come …semplice coincidenza sempre a parere (e non solo) dello scrivente.

    Recentemente è nato un altro caso, più o meno simile alla nostro nudo bronzeo, riferito alla statua della “Spigolatrice di Sapri” installata sul lungomare della cittadina della provincia salernitana. Una spigolatrice dell’800 non si sarebbe mai sognata di andare in giro conciata come l’autore Emanuele Stifano la rappresenta, con quella parte del corpo così in evidenza e per l’abito succinto e trasparente che lascia ben vedere il fondoschiena della contadina. Una versione decisamente sessista della statua secondo i detrattori del web.  Ma così sembra che vadano le cose, sia per Sapri che per Gela. E forse con la scusa dell’interpretazione soggettiva da parte degli scultori. A modesto parere dello scrivente, la verità è forse quella che si è persa ogni prospettiva della storia e, se è così, questi sono i risultati.

    Da diversi decenni si discute se far togliere o meno questa statua bronzea della presunta Cerere e far ritornare il busto di Umberto I, a cui hanno spezzato pure le punte dei baffi a manubrio, che da tempo si trova dimenticato in un angolino della Villa Comunale, ma più tempo passa e più tali discussioni diventano inutili. E così la fasulla dea con qualche piccione che sosta sulla sua testa, continua a mostrare imperterrita le sue rotondità, una volta scandalose, tra l’indifferenza della gente che sosta in piazza.

 

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