FOTO DI GRUPPO PREGANTE IN CONVENTO
GAETANO
ORTISI TENORE GELESE DI FAMA
INTERNAZIONALE
LA STATUA BRONZEA DELLA DONNA NUDA DI PIAZZA UMBERTO I
FOTO DI
GRUPPO PREGANTE IN CONVENTO
La cartolina con la
foto di gruppo di seminaristi e di frati
cappuccini preganti, circondati da vasi di fiori
con al centro un complesso statuario in gesso di
Sant’Antonio di Padova, fu scattata all’interno
del chiostro del convento dei PP. Cappuccini di
Gela intorno al 1930. Il chiostro e l’antico
convento, che risalivano al XIII sec., con
annessi e connessi furono diroccati impunemente
negli anni Cinquanta. Così con il diroccamento
dell’antico chiostro si perse pure una statua
della Madonna di Lourdes con tutto lo scenario
della grotta attorno e il pozzo con lavabo oltre
alle cancellate in ferro battuto del portico.
Inoltre, nel progetto di ristrutturazione
dell’Arch. Enrico Borra del 1943 della facciata
della chiesa in pietra bianca comisana,
probabilmente andarono perduti il portale e il
rosone trecenteschi; scriviamo probabilmente
perché ci riferiamo ad una ipotesi del compianto
padre guardiano Fra’ Giacomo Calì, per il quale
si sarebbe dovuto fare un saggio sul muro
dell’ingresso centrale per esserne sicuri della
presenza o meno.
In chiusura si
riporta il testo di una lettera del superiore
dei Cappuccini Fra’ Benigno Occhipinti, inviata
nel 1944 al Sindaco del Comune di Gela:
“Seminario Serafico dei
Minori Cappuccini (Prov. di Caltanissetta), Gela
2 febbraio 1944, Ill. Sig. Sindaco Cav. Rag.
Luigi Liardi - Gela”, “…La Chiesa è sorta nel
secolo XIII e precisamente ancor vivente S.
Francesco. Piccola, ma linda ed elegante nelle
sue linee semplici e nei suoi archi a sesto
acuto è un perfetto modello di Chiesa
Francescana. Nel secolo XVI venne barbaramente
deturpata. I finestrini a sesto acuto furono
murati, il rosone che adornava la facciata,
chiuso per dar luogo ad una finestra di nessun
gusto artistico. L'incuria e l`ala edace del
tempo ha corroso e lesionato il prospetto,
specialmente per gli scuotimenti subiti a causa
della guerra attuale distruggitrice dell'arte e
della civiltà rendendola indecente e
contrastante con l'interno ormai definitivamente
sistemato. Volendo riportarla all'antico stile,
sulla scorta di tracce ancora visibili, ho
incaricato il Dott. Arch. Enrico Borra perché
sulle linee preesistenti ricavasse il progetto
già presentato all'ufficio tecnico e da Lei
approvato, arricchito da due guglie oltre la
torre campanaria. Il preventivo è forte ed il
sottoscritto chiede a codesto Comune un aiuto
finanziario, sperando che, rendendosi conto del
gioiello d'arte che verrà ad adornare Gela,
questo contributo sia generoso perché la Chiesa
è frequentatissima di fedeli, sia perché i
Cappuccini con zelo, ardore ed abnegazione si
prodigano in tutte le forme per l’assistenza
morale e spirituale del popolo gelese. Chiedo
questo atto di elargizione generosa a nome della
religione e dell’arte a nome di questo popolo
che vivamente desidera abbellita la facciata
nella Chiesa della sua celeste Patrona Maria
S.S. DELLE GRAZIE”.
“Con ogni
osservanza. Tanto spera e chiede”.
F. Benigno Occhipinti
Superiore dei Cappuccini”.
ORTISI, IL TENORE TERRANOVESE
OSANNATO NEI TEATRI ITALIANI ED
ESTERI Chi è Gaetano Ortisi? La prima volta che lo scrivente incontrò questo nominativo fu alla fine degli anni Ottanta durante una ricerca nell’Archivio storico del Comune di Gela; in una lettera di un carteggio del 1884, infatti, a firma del sindaco Panebianco, si leggeva: “...valoroso artista nostro concittadino Gaetano Ortisi cavaliere dell'ordine di Cristo di Portogallo, conosciutissimo in Europa e fuori, l'eminente tenore nello scorso mese ci allietava due sere nel Casino di compagnia, ed in casa Sarzana col suo canto ora delicato, ora robusto tanto da riscuotere dall'imponente numero di ogni classe della cittadinanza nostra le più cordiali ovazioni”. Da quel momento in poi la ricerca di notizie sull'”eminente tenore” diventò un chiodo fisso, anche se, in verità, si aveva il dubbio che quel “conosciutissimo in Europa e fuori”, fosse una frase di circostanza, dubbio che in seguito si dimostrò infondato perché Gaetano Ortisi fu realmente un grande tenore di fama internazionale.
Strano a dirsi, le prime
significative notizie
biografiche (compresa una
fotografia) dell'Ortisi furono
reperite dallo scrivente
nell'Emeroteca Municipale di
Madrid, su una pagina della
rivista “La ilustracion betica”,
“revista de Ciencias, Arte y
Literatura, su director el
scrittor sevillano Benito Mas y
Prat” del 1881, dove esiste un
servizio sull'Ortisi.
Gaetano Ortisi nacque a
Terranova il 29 novembre del
1844 da distinta e agiata
famiglia; nel suo certificato di
nascita (messoci a disposizione
dal responsabile dell’Anagrafe
del Comune di Gela il compianto
Sig. Pino Scimè) leggiamo i nomi
dei genitori: Luigi e Raniolo
Concetta. Della sua fanciullezza
non si sa quasi nulla, tranne
che portò a compimento qui gli
studi delle scuole superiori. Da
Terranova si trasferì a Napoli
per iscriversi nella facoltà di
Giurisprudenza che abbandonò
subito dopo per potere
intraprendere gli studi di
canto.
In seguito, da
Napoli passò a Milano, dove
frequentò una delle più
importanti scuole di canto e
dove sposò Emilia Luraschi. Dopo
aver raggiunto una notevole
perfezione come tenore, nel 1873
iniziò il suo debutto nella
lirica interpretando, nel teatro
Dal Verme di Milano, il
personaggio principale
dell'opera “Giuditta” del
musicista Jacopo Peri, a fianco
del celebre baritono Gottardo
Aldighieri. Fu un vero trionfo
per l'Ortisi che riuscì
mirabilmente ad evidenziare la
sua bella e robusta voce
maestrevolmente educata, tant'è
che la direzione di quel teatro
lo scritturò per altre tre
opere.
ORTISI SCRITTURATO SU CONSIGLIO
DI GIUSEPPINA STREPPONI,
MOGLIE DI GIUSEPPE VERDI
A Lodi nel 1874
interpretò “Fernando” ne La
Favorita (o L’Ange de Nisida o
Leonora di Guzman), un dramma
serio in 4 atti con la musica di
Gaetano Donizzetti; “…si trattò
di un’edizione con interpreti
“di cartello” variamente
esibitisi a Palermo, Piacenza,
Napoli, dove il tenore Ortisi
venne scritturato su consiglio
ed intervento personale della
consorte di Giuseppe Verdi,
Giuseppina Strepponi, la quale
l’aveva sentito esibirsi in un
concerto in provincia. Si trattò
di un’occasione benaugurale per
Ortisi che a Piacenza cantò
successivamente in un lavoro del
M.o Bolzoni, e quindi, a
seguire, in numerosi ruoli
repertoriali italiani e
francesi. Il pubblico iniziò ad
affluire in sala sin dalle prime
ore del pomeriggio portando
sedie aggiuntive dalle vicine
abitazioni ed osterie. La recita
riscosse un successo
incontrastato” (dal libretto
relativo allo spettacolo,
Codogno, Biblioteca Comunale “L.
Ricca”).
DI TEATRO IN TEATRO IN ITALIA E
ALL’ESTERO
Il nostro Ortisi, dopo solo tre anni dall'inizio della sua carriera di cantante lirico, diventò famoso e ricercato. Dal Dal Verme di Milano fu chiamato a cantare al Carlo Felice di Genova e subito dopo ottenne un contratto per una prima tournée in Spagna nelle città di Saragozza e Barcellona. Tornato in Italia tra il 1879 e il 1880, calcò i più importanti teatri delle maggiori città; Verona fu la sua prima tappa, seguirono Livorno, Firenze (teatro Pergola), Aquila, Trento, Asti, Mantova, Roma (teatri Apollo e Costanzi), Reggio Emilia, Ravenna, Trieste, Venezia (teatro Fenice), Perugia, Treviso, Napoli (teatro San Carlo) e Piacenza (teatro Municipale). Dal prestigioso periodico mensile milanese la Gazzetta Musicale (fondato nel 1842 da uno dei più grandi editori musicali italiani, Giovanni Ricordi, e stampato fino al 1902), n. 23, anno XXXV, del 6 giugno 1880, a pagina 187 e a firma di tale G.D., si legge tra l'altro: “...Immenso, efficace, commovente è il giovane e valentissimo Ortisi (tenore dalla voce straordinariamente bella ed estesa), che ha fatto e fa delirare il pubblico, tanta è la grazia e l'efficacia del suo canto e la maestria e la perfezione del suo fraseggiare. E non solo è ottimo come virtuoso, ma lo è eziandio come attore; che in lui l'evidenza del carattere rappresentato non fa velo e non si stacca da quel giusto mezzo che forma appunto il vero artista”.
La fama del tenore Ortisi,
che passava da ovazione in
ovazione in molti teatri, arrivò
inevitabilmente anche
all'estero. Infatti, nella prima
metà del 1881, il nostro
cantante lirico firmò due
importanti contratti per alcune
tournée nei principali teatri
d'America e di Spagna. In
quest'ultima nazione, in
particolare a Madrid (Teatro
Reale) e a Siviglia, furoreggiò
nell'Aida, nel Trovatore e nel
Rigoletto di Verdi, oltre che
nel Faust di Gounod e nel
Capuleti e Montecchi di Bellini.
La sopra citata rivista
sevillana “La Ilustracion Betica”
chiuse l'articolo dedicato all'Ortisi
con le seguenti parole: “...Las
envidiables condiciones
artisticas del Sr. Ortisi, su
voz, de agradibilisimo timbre y
gran potencia, y su reconocido
amor al bellisimo arte, le han
dado mucha y buena notoriedad
entre los amantes de la musica”.
Nel 1882 ritornò in
Italia e, nel maggio dello
stesso anno, cantò al Costanzi
di Roma alcune opere (come
Faust, Robert le Diable e Les
Huguenots) del musicista tedesco
Giacomo Meyerbeer, in cui Ortisi
era un ineguagliabile
interprete. Molti critici della
capitale lo lodarono altamente
ed espressero considerevoli
giudizi a favore del nostro
concittadino, in innumerevoli
articoli, apparsi in tutti i
migliori periodici romani come
L'Opinione, II Capitan Fracassa,
II Popolo Romano, La Libertà, II
Bersagliere, L'Omnibus, La Lega,
La Capitale, La Rassegna,
L'Italia, La Riforma, La Rivista
Indipendente, II Diritto, La
Gazzetta d'Italia, La Palestra
Musicale, Le Journal de Rome,
LaVoce della Verità,
L'Osservatore Romano, II
Fanfulla e Don Pirloncino.
Nel novembre del 1883 fu
chiamato a Lisbona, dove lavorò
in parte fino al 1890, al Teatro
Nacional Sao Carlos per
interpretare una serie di
personaggi, tra i quali Radames
nell’Aida di Verdi, Vasco de
Gama nell’Africaine di Meyerbeer,
Faust nel Mefistofele di Boito,
Edgardo nella Lucia di Lamermoor
di Donizetti, Raoul nel Les
Huguenots di Meyerbeer e Don
Carlo nel Don Carlos di Verdi.
Nel giugno del 1885 ritornò in
Italia per altre tournee al
Teatro Verdi di Padova, al
Teatro alla Scala di Milano,
ancora al Teatro Costanzi di
Roma, al Teatro Grande di
Brescia e al Teatro San Carlo di
Napoli. Il Maestro Gaetano
Ortisi durante la sua permanenza
in Italia aprì una
frequentatissima “Scuola di
Canto”, in Viale Monforte 27, a
Milano.
Tra il 1887 e il 1890
tornò di nuovo all’estero,
arrivando persino a cantare al
teatro
Colón di Buenos Aires in
Argentina e al teatro di Odessa
in Ucraina. Tra il 1891 e il
1892, ritornato in Italia, fece
una tournee in Sicilia con 27
recite al Real Teatro Vittorio
Emanuele di Messina. “Ortisi Gaetano di professione tenore”, come si legge nel certificato di morte, morì il 1° settembre del 1929 a Milano, due mesi prima di compiere l'85mo anno di età.
LA STATUA
BRONZEA DELLA DONNA NUDA DI
PIAZZA UMBERTO I
Abbiamo nutrito da sempre seri
dubbi sulla denominazione di
Cerere attribuita alla statua
bronzea della donna nuda che si
trova in piazza Umberto I a
Gela, statua che soppiantò nel
1953 il busto marmoreo del re.
Comunque, se ci è consentito,
adesso desideriamo dimostrare
tale erronea e indebita
attribuzione iniziando, però,
dal busto del re e da un
antefatto relativo
all'inaugurazione della fontana
della donna nuda che avvenne nel
1953, come si legge anche in
diversi saggi del compianto
giornalista Gino Alabiso,
fontana che già compare in un
cinegiornale del 3 luglio 1953
dell’Astra Cinematografica dal
titolo “Consegna di terre a
Gela”.
IL BUSTO DI RE UMBERTO I
Fino ai primi degli anni
Cinquanta sulla piazza
principale di Gela troneggiava
un busto marmoreo di re Umberto
I. Realizzato con marmo di
Carrara dal valente scultore
palermitano Antonio Ugo e
inaugurato nel 1903, tre anni
dopo l’assassinio del monarca,
il busto fu voluto allora da
tutta la città perché con esso
si voleva rappresentare il
sentimento di amor patrio e la
dedizione alla casa sabauda dei
gelesi, a parte il fatto che
tale monumento sembra sia stato
uno dei primi eretto in Sicilia.
Nel 1953, al posto del busto del
re, con la spesa di centomila
lire e con il beneplacito della
Soprintendenza ai Monumenti di
Agrigento, non si sa per quale
motivo, fu impiantata una statua
bronzea di una florida donna
nuda, dono della Cassa per il
Mezzogiorno (sic).
IL GIORNALISTA GINO ALABISO E IL
NUDO BRONZEO NELL’INAUGURAZIONE
“…Il
sindaco Vella disse ad alta
voce: “Ma è una vergogna. E si
vuole collocare questa indecenza
davanti alla Chiesa Madre?”. Il
vicario foraneo, Mons. Federico
emise tuoni e fulmini. L'on.
Aldisio era imbarazzatissimo: a
lui gliela avevano regalata...
La statua venne rimandata
indietro all'artista, lo
scultore Silvestro Cuffaro di
Palermo, per renderla più
“presentabile”. Dopo poco tempo,
la statua ritornò a Gela in
edizione riveduta e corretta:
l'oscuro oggetto del desiderio
era ricoperto, con furbizia, con
un lembo sfuggente di velo. A
guardarla bene ci si accorse
subìto che l’artista aveva fatto
in modo che la giovinetta nuda
desse l’impressione che, invece
di coprirsi col chitone, facesse
l’atto di denudarsi. E
francamente, una giovinetta che
cerca di spogliarsi in una
pubblica piazza è roba da codice
penale, o addirittura da
manicomio. La statua fu
sistemata in piazza e, nel
luglio del 1953, a Gela venne
inaugurato solennemente il nuovo
acquedotto…”.
L’acquedotto delle sorgenti di
Molinello di contrada
Giardinello di Vittoria che
portava l’acqua a Gela entrò in
esercizio nel maggio del 1953 e
in quel giorno di domenica vi fu
festa grande in piazza Umberto
I; la città era imbandierata e
la popolazione assistette con
gioia allo zampillo dell’acqua
che uscì dalla fontana
sottostante la “donna nuda”.
IL GIORNALISTA AMERICANO CURTIS
BILL PEPPER
L’antefatto di cui sopra si
riferisce ad un articolo, dal
titolo “It
Happened in Italy”
(E’ accaduto in Italia),
di un giornale americano, ne
sconosciamo la testata, redatto
in occasione di tale
inaugurazione da uno scrittore e
giornalista statunitense, tale
Curtis Bill Pepper, autore e
reporter che vagò per l'Europa e
il Medio Oriente per oltre 40
anni scrivendo di politica,
cinema, arte e Vaticano,
innamoratosi dell'Italia dopo
che qui aveva combattuto durante
l'ultima guerra; nella sua
attività fu uno specialista nel
realizzare profili di personaggi
come Madre Teresa, Re Hussein di
Giordania, Willem de Kooning,
Laurence Olivier, Marcello
Mastroianni, David Ben-Gurion e
Moshe Dayan. Inoltre, il
giornalista raccontò un giorno
nella vita di Papa Paolo VI,
tracciò l'ascesa del gruppo
terroristico italiano delle
Brigate Rosse e dettagliò il
restauro de "L'ultima cena" di
Leonardo. Uno dei libri più
apprezzati dal Pepper fu "We the
Victors" (1984), che descriveva
il suo studio quinquennale sui
malati di cancro e sul personale
ospedaliero che li cura.
IL GIORNO DELL’INAUGURAZIONE Ma ritorniamo all’articolo di cui sopra; in esso si legge di una “civil war between art lovers and shocked moralists”, ovvero una guerra civile tra amanti dell'arte e moralisti scioccati, in merito alla posa del nudo statuario, un regalo che la Regione Siciliana tramite la Cassa per il Mezzogiorno fece al conterraneo On. Salvatore Aldisio (per i suoi trascorsi di Alto Commissario della Sicilia e uno dei padri dell’Autonomia regionale) il quale pensò bene di donarlo al Comune di Gela facendolo porre al posto del busto marmoreo del re che allora troneggiava nella piazza. Infatti, nel giorno dell’inaugurazione, alla presenza di autorità civili, militari e religiose e di una strabocchevole folla che riempiva completamente la piazza, la gradinata e il sagrato dell’antistante chiesa Madre, il bronzo arrivò chiuso in un contenitore, nessuno sapeva di che cosa si trattasse, a quanto sembra, compreso lo stesso Aldisio. Nel momento dello scoprimento la folla che assisteva alla pubblica cerimonia rimase incredula e ammutolita nel veder comparire una statua raffigurante una donna nuda. A Gela “nulla di simile si era mai visto”. Il giornalista, inoltre, riporta alcune frasi come quella urlata da una donna “ma è completamente nuda”, e di un'altra “non fate guardare i bambini” e poi ancora il parroco della Madrice, il compianto Mons. Gioacchino Federico: "bruciatela..., e un insulto continuo di fronte la chiesa, una tentazione diavolesca per i ragazzi giovani che vengono tentati prima del loro tempo”. Intanto, mentre gli “amanti dell'arte” e i “moralisti scioccati" dibattevano sul togliere o lasciare la donna nuda, alcuni volenterosi cercarono di porre rimedio a tale “vergogna” ricoprendo la statua con della stoffa. Ma il rimedio risultò peggiore del "male", infatti fu subito tolta perché a quanto pare la statua bronzea risultò più sexy di quanto non fosse.
Cosi, nonostante la forte
contrarietà del parroco Federico
e di molta altra gente, fu
deciso lo stesso di lasciare la
statua in piazza, anche se,
temporaneamente, nella prima
decade di settembre di
quell'anno, si ha notizia che fu
tolta dal suo piedestallo in
occasione dei festeggiamenti
della Patrona in presenza del
vescovo della Diocesi.
IL NUDO BRONZEO RAPPRESENTA
CERERE?
È
il momento adesso di capire
perché la statua nuda di piazza
Umberto I, a nostro parere, non
raffigura Cerere o Demetra che
sia; infatti, la dea
nell'iconografia classica e
stata, ed è, sempre
rappresentata abbastanza
vestita, una matrona severa e
maestosa, con una corona di
spighe sul capo, una fiaccola in
una mano e un canestro ricolmo
di frutta nell'altra. E questa
statua bronzea nuda di Piazza
Umberto I è ben lontana dal
possedere tali caratteristiche
se non la presenza di una sola
spiga di grano come …semplice
coincidenza sempre a parere (e
non solo) dello scrivente.
Recentemente è nato un altro
caso, più o meno simile alla
nostro nudo bronzeo, riferito
alla statua della “Spigolatrice
di Sapri” installata sul
lungomare della cittadina della
provincia salernitana. Una
spigolatrice dell’800 non si
sarebbe mai sognata di andare in
giro conciata come l’autore
Emanuele Stifano la rappresenta,
con quella parte del corpo così
in evidenza e per l’abito
succinto e trasparente che
lascia ben vedere il
fondoschiena della contadina.
Una versione decisamente
sessista della statua secondo i
detrattori del web.
Ma così sembra che
vadano le cose, sia per Sapri
che per Gela. E forse con la
scusa dell’interpretazione
soggettiva da parte degli
scultori. A modesto parere dello
scrivente, la verità è forse
quella che si è persa ogni
prospettiva della storia e, se è
così, questi sono i risultati.
Da
diversi decenni si discute se
far togliere o meno questa
statua bronzea della presunta
Cerere e far ritornare il busto
di Umberto I, a cui hanno
spezzato pure le punte dei baffi
a manubrio, che da tempo si
trova dimenticato in un angolino
della Villa Comunale, ma più
tempo passa e più tali
discussioni diventano inutili. E
così la fasulla dea con qualche
piccione che sosta sulla sua
testa, continua a mostrare
imperterrita le sue rotondità,
una volta scandalose, tra
l’indifferenza della gente che
sosta in piazza. |