QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Maggio 2024
ARGOMENTI
A
partire dal mese di gennaio del 2023 si è iniziato a
scrivere sulla storia di Gela, dalla sua
fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E
ciò con il contributo iconografico del pittore
Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da
Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese
della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si
scrive la quindicesima puntata dal titolo "Agricoltura
e Marineria". |
15 - AGRICOLTURAE MARINERIA
QUARTIERE MACCHITELLA, UNA VOLTA “ISOLA FELICE” DELL’ENI
MAGGIO, IL MESE DELLA MADONNA
15 -
AGRICOLTURA E MARINERIA
In questo
acquerello, il maestro
Occhipinti, con un‘efficacia
notevole di sintesi storica e
iconografica, ci propone un
gruppo di scene che vogliono
attestare alcuni principali
aspetti dell’economia di Gela
prima che, nella seconda metà
degli anni Cinquanta, fosse
stato scoperto il petrolio e
quindi prima del successivo
insediamento del petrolchimico.
E sceglie l’agricoltura,
riferendosi al cotone, e la
marineria.
In
ambito agricolo, si ripercorre
il processo produttivo legato al
cotone, importato e coltivato
qui originariamente dagli arabi,
evidenziando prima un gruppo di
contadini nell’atto della
faticosa raccolta delle capsule
dalle piante e poi della
relativa lavorazione di
sgranatura negli stabilimenti a
vapore, di cui si vedono le
ciminiere, per separarne la
bambagia. La scena del processo
produttivo si chiude con le
immagini di alcune donne intente
alla filatura. Dopo la
sgranatura, con la separazione
del cotone dalle piante, i
fiocchi ottenuti erano stipati
in sacchi di iuta, le cosiddette
“balle”, che erano esportate in
Italia e all’estero. In
particolare, per mezzo di
carretti, le balle di “malauggiu
“, termine in vernacolo del
cotone, erano trasferite nelle
navi da carico attraccate al
pontile sbarcatoio e, ancor
prima della sua costruzione
(avvenuta nel 1915), nel
“Caricatore”, un riparo di
scogli risalente al 1279 e
funzionante fino ai primi
decenni del Novecento
nell’omonima contrada, nei
pressi dell’attuale porto
rifugio.
Nella seconda parte della scena,
l’autore, con la sua esperienza
nella figurazione di diversi
aspetti di tradizionali locali,
raffigura un tratto del
lungomare in cui s’intravvedono
un ammasso di “scupazzu”, un
derivato dalla palma nana,
accatastato nei pressi di un
magazzino e, in primo piano, due
donne intente alla sua
lavorazione. Infine, si propone l’argomento della marineria con le figure del pontile sbarcatoio, del palazzo della vecchia Dogana e dei bastimenti sulla spiaggia e ciò in relazione al fatto che Gela, fino al 1950, per la sua ubicazione costiera, rappresentava un importante centro commerciale della Sicilia sud-occidentale, infatti, per un raggio di quaranta chilometri, la sua rada era il naturale sbocco della produzione di tutto il circondario.
15 - Agriculture and Seamanship
Antonio
Occhipinti depicts a series of
scenes describing economy in
Gela before the discovery of oil
and the consequent installation
of a refinery in the second half
of the fifties. He privileges
agriculture with particular
attention to cotton growing, and
the navy.
As
for agriculture, Occhipinti
traces the cotton production
process, whose plant had been
imported by Arabs; he highlights
a group of farmers in the act of
collecting capsules from the
plants, and processing them in
steam factories, whose chimneys
are visible. The scene also
shows the images of some women
working on the the spinning
process. Cotton was then packed
in jute bags, the so-called
balle, which were exported to
Italy and abroad. Balle of “malauggiu”,
a vernacular term for cotton,
were transferred to the cargo
ships docked at the pier
Sbarcatoio built in 1915, and to
the Caricatore before, a shelter
of rocks dating back to 1279 and
running until the early decades
of the twentieth century in the
homonymous district.
In
the second part of the scene,
the artist depicts a section of
the seafront where two women are
working a pile of “scupazzu”,
derived from the dwarf palm,
which is piled near a warehouse.
Finally, Occhipinti proposes the
topic of the navy with the
images of the pier, the palace
of the old Customs and the ships
on the beach, thus conveying the
message that until 1950 Gela was
an important trade center for
the south-western Sicily because
of its location.
QUARTIERE MACCHITELLA,
UNA VOLTA “ISOLA FELICE”
DELL’ENI
La
cartolina di oggi, risalente
agli anni Sessanta, raffigura il
primo nucleo di case del
quartiere Macchitella con un
complesso floreale in primo
piano forse appositamente
foto-montato; case create allo
scopo di accogliere i dipendenti
del Petrolchimico insediatosi a
Gela all’inizio degli anni
Sessanta. Iniziato nel 1962 e
costruito su 200 ettari di
terreno acquistati dall’ENI, il
progetto del quartiere prevedeva
734 unità abitative con 11 torri
a otto piani per un complessivo
di circa 15 mila abitanti. Il
progetto fu redatto in un primo
momento dall’Arch. Edoardo
Gellner per poi passare allo
studio milanese di architettura
di Marcello Nizzoli e G. Mario
Olivieri.
L’Arch. Edoardo Gellner,
italiano di origine austriaca,
oltre a realizzare il Villaggio
Residenziale Eni di Borca di
Cadore, contribuì quindi nel
1960 al progetto della nascita
del quartiere Macchitella a
ovest del centro abitato di
Gela. Gellner, in un prima fase
progettuale, divise i 200 ettari
di terreno in due zone separate:
quella del Gattano, dal nome del
fiumiciattolo che scorre nella
zona, con un complesso abitativo
sottano e l’altra di Montelungo,
ubicata sull’altura ad ovest
della prima, con un altro
complesso abitativo soprano,
una specie di moderna acropoli,
con l’accesso tramite una lunga
e ampia scalinata delimitata da
basse costruzioni, che la
collegava con la zona
sottostante del Gattano.
Il
progetto per la “città
residenziale” Anic-Gela, che nel
complesso si sarebbe
differenziato sostanzialmente
dall’immagine dei quartieri
residenziali realizzati
dall’ENI, primariamente
prevedeva un insediamento per
8660 abitanti su un’area di 148
ettari (con una densità media di
60 abitanti per ettaro) con un
progetto esecutivo di un primo
lotto di 400 alloggi con edifici
residenziali su tre piani per
persone e singole e case isolate
per i dirigenti.
Nel 1961, però, il progetto come
detto sopra passò allo studio
degli architetti Marcello
Nizzoli e Mario
Oliveri
con una
radicale semplificazione e un
notevole aumento della densità
abitativa
e ciò fu dovuto all'ostilità
della Snam Progetti, l'ufficio
tecnico dell’Eni; così il
confronto/scontro tra i due
progetti, quello
“umanistico/paesaggistico” di
Gellner, ed il “regime
ingegnieristico” della Snam
Progetti, condusse ad una
esacerbazione irrimediabile tale
da far revocare l’incarico a
Gellner.
Il nuovo progetto, che escluse
l’insediamento abitativo soprano
sull’altura di Montelungo,
previde nella zona ad est del
Gattano la costruzione di 503
unità abitative, una scuola
elementare e una scuola materna
(dedicate all’educatrice
salesiana
Suor
Teresa Valsè Pantellini),
negozi e un albergo che fu in
parte trasformato in ospedale.
Così, a partire dal 1962, l’Anic-Gela
iniziò a costruire le prime
case. Nel 1964 fu deciso di
aggiungere altri 231 nuovi
appartamenti (portando così a
734 le unità abitative) e a
completamento vari negozi,
un
sala polifunzionale adibita a
cinema-teatro e spazio per
manifestazioni di vario genere
con vari cortili e campetti
sportivi, un Centro sportivo (il
Dopolavoro Anic-Gela) dotato di
campo da calcetto e campo da
tennis, il campo sportivo
"Enrico Mattei", a sud-ovest del
quartiere, ed infine
una spiaggia attrezzata a
beneficio degli abitanti dello
stesso quartiere. Tutti gli
alloggi
furono dotati di elettricità,
acqua potabile, linea
telefonica, gas naturale,
fognature e illuminazione
pubblica; una serie di servizi
che alla fine degli anni
Settanta contribuirono
a creare
“un’isola felice” completamente
separata dal contesto sociale di
Gela dove peraltro quasi tutti
tali servizi spesso risultavano
carenti.
All’interno dell’area del
quartiere residenziale tra il
1969 e il 1976, su progetto
dell’Arch. Ignazio Gardella,
furono realizzati inoltre il
complesso parrocchiale e la
chiesa di San Giovanni Apostolo
ed Evangelista. Inoltre, anni
dopo in diverse zone limitanti
il quartiere furono costruite
una serie di palazzine da parte
di cooperative di edilizia
economica e popolare. Sul retro della cartolina, con un francobollo di £. 25, si legge Gela - Panorama - Vue gènèrale General view - Rundblick ed ancora SAR e Da Fotocolor - Kodak Extrachrome. Indirizzata “Al Sig. Marletta Alfio, Via …, Catania”, inoltre si legge “Cara moglie ti mando cuesta cartolina per darti notizie che sto bene è così spero che cuesta presendi venca à trovare tutti Voi. Ciao Ciao Ciao”.
MAGGIO, IL MESE
DELLA MADONNA
Quella del mese
di maggio
dedicata alla
Madonna è una
devozione
popolare antica
che viene
ripetuta ogni
anno e celebrata
con processioni,
pellegrinaggi e
momenti di
preghiera.
A parte le
chiese, a Gela
esistono due
luoghi dove di
regola si
celebra il mese
mariano, il
primo è quello
della chiesuola
di Betlemme
vicino la foce
del Fiume Gela,
il secondo è il
Santuario di
Maria Ss.
d’Alemanna, in
particolare dopo
la sua
riapertura al
culto.
Maggio è un mese
che porta con sé
un'aria di
rinascita e di
rigogliosa
bellezza e ciò
comporta di
dedicarlo alla
Madonna,
dedicazione che
trova le sue
radici nella
storia. Infatti,
nell’antica
Grecia e
nell’antica Roma
il mese di
maggio era
dedicato
rispettivamente
ad Artemide e
Flora, dee
pagane della
fertilità e
della primavera;
ciò, combinato
con altri
rituali europei
che
commemoravano la
nuova stagione
primaverile, ha
portato molte
culture
occidentali a
considerare
maggio un mese
dedicato alla
vita e alla
maternità.
Il
mese di maggio
associato alla
Madonna è
piuttosto
recente, infatti
risale al XVIII
secolo e nella
sua forma
attuale ha preso
origine a Roma,
nel Collegio
Romano della
Compagnia di
Gesù; da lì si
diffuse agli
altri collegi
gesuiti e poi a
tutta la chiesa
cattolica.
A est del fiume
Gela quindi,
nelle immediate
vicinanze della
sua foce, esiste
una collinetta
denominata
Bitalemi (dal
nome corrotto
della vicina
chiesuola di
Betlemme che
fino al XVII
secolo era
suffraganea
della vicina
Abbazia di
Terrana) su cui
a partire dal
VII sec. a.C. e
fino al medioevo
si insediarono
diverse
popolazioni. In
epoca arcaica e
fino alla fine
del V sec. a.C.,
il luogo fu sede
di un santuario
greco dedicato
al culto delle
divinità ctonie
Demetra e kore
con piccoli
edifici dalle
fondazioni di
pietrame a
secco; a questa
fase
appartengono
migliaia d’ex
voto quali vasi
acromi e
dipinti, anfore,
coltelli e
strumenti di
ferro che in
parte erano
collocati
capovolti entro
lo strato di
sabbia in
relazione al
carattere
sotterraneo
della divinità.
Il Santuario era
meta anche di
donne che
portavano sulla
spalla degli
infanti, una
tradizione
pagana, di cui
esistono nel
locale Museo dei
reperti fittili;
tradizione
diventata poi
cristiana,
ripresa e
continuata qui
fino agli anni
Sessanta.
Nel periodo
romano d’Età
Imperiale (I-IV
sec. d.C.) il
sito fu occupato
da una fattoria
impiantata
direttamente sui
ruderi del
santuario greco
che, in
relazione a
ritrovamenti di
tegole con
timbri
"CALVI...",
faceva parte del
latifondo di
Calvisiana.
Infine, nello
strato
superficiale
della collina
sono stati
ritrovati resti
di una chiesa e
di una necropoli
risalenti
all’età di
Federico III; lo
scavo della
necropoli ha
evidenziato tra
l’altro anche
una grande fossa
comune con
numerosi
scheletri ben
conservati e con
tracce di calce
viva su di essi,
il che li
farebbe
collegare alla
disastrosa peste
del 1348.
Nella chiesuola, restaurata a spese di due fedeli, tali Aldo Tuberosa e Salvatore Nastasi, esisteva fino a qualche decennio fa, prima del furto, un dipinto della Madonna con Bambino realizzato dal maestro Giacomo Furneri, un pittore locale di cui si conosce tra l’altro il grande quadro di Maria Ss. d’Alemanna, che è esposto tuttora sul finestrone della Chiesa Madre durante i festeggiamenti della Patrona dell’8 settembre, e il grande quadro di Mussolini che fu esposto in via Giacomo Navarra Bresmes in occasione delle venuta dello stesso qui il 14 agosto del 1937, quadro quest’ultimo andato perduto. Prima di tale dipinto la chiesuola nel suo piccolo altare ne esponeva un altro, una tavola cinquecentesca della Madonna con Bambino che fortunatamente fu trasferita, prima nella chiesa del Rosario e poi, opportunamente restaurata, in Chiesa Madre dove tuttora si trova esposta. Oggi nell’altare della chiesuola di Betlemme vi è una tela della Madonna con Bambino dipinta nel 2005 dal maestro Antonio Occhipinti.
L’accesso alla
chiesuola da
diversi decenni
è molto limitato
anche perché
ridotto ad uno
spazio angusto
dopo la
realizzazione di
una strada di
collegamento
alla zona
industriale,
strada quasi
attaccata
all’ingresso
della stessa
chiesuola;
sarebbe il caso,
come diverse
volte proposto a
chi di dovere
dallo scrivente,
di ribaltarne
l’orientamento
così da avere
l’ingresso a
ovest come
probabilmente
era in antico
nel classico
posizionamento
liturgico
ovest-est,
orientamento
determinato da
una direzione
sacra
legata al sole,
che nasce ad
oriente (la luce
di Cristo) e
tramonta a
occidente (le
tenebre ed il
Male). Il sole
che era adorato
anche nelle
religioni pagane
diventa la
continuità
“ancestrale” nel
passaggio tra
paganesimo e
cristianesimo.
Oggi è inusuale
che i devoti
manifestino la
loro devozione e
preghino a lato
o addirittura
dietro l’altare
della Madonna
anche se
fortunatamente
esiste un ampio
spazio che
accoglie i
fedeli. Il secondo sito legato al mese mariano per la gente devota è quello del Santuario di Maria Ss. d’Alemanna al Villaggio Aldisio. La chiesa è stata edificata sullo stesso luogo dove nel 1476 fu rinvenuta l’icona bizantina della Patrona di Gela. Nel corso degli ultimi decenni notevole è stata la partecipazione del popolo devoto a far risorgere sia il santuario che la sua tradizione, soprattutto attraverso comitati e privati cittadini; il tutto come frutto di una devozione immutata nel tempo che spesso ha comportato anche donazioni e lavori di ristrutturazione generosamente gratuiti.
Una delle più
importanti
tradizioni
religiose di
Gela legata a
questo Santuario
è quella
dedicata alla
sua Patrona
Maria Ss.
d’Alemanna la
cui festa
ricorre l’8
settembre; il
culto della
Patrona risale
al XIII secolo e
trae origine
dall’Ordine
religioso
cavalleresco dei
Teutonici di
Santa Maria
d’Alemanna che
intorno alla
prima metà del
1200 fondò nel
territorio di
Gela un sito e
una cappella con
annesso
ospedale,
dipendenti dalla
magione di
Palermo, per far
alloggiare i
pellegrini che
si recavano a
Gerusalemme.
Prima di tale
antico
insediamento di
c.da Margi
esisteva nella
zona un
precedente
santuario greco
risalente al
VII-VI sec. a.C.
di cui nel
settembre del
1951, durante
uno scavo
archeologico,
furono trovate
delle vestigia
oltre a quelle
di una necropoli
bizantina nella
confinante c.da
Albani di
Ruccella;
considerata
quindi la
presenza di
terrecotte
architettoniche
trovate durante
tale scavo
archeologico, si
ipotizza in
epoca greca
l’esistenza di
un grande
santuario
extraurbano con
tre edifici di
culto dedicati a
Demetra e Kore;
inoltre, va
anche citato il
ritrovamento di
una testina
fittile, con la
testa di donna e
il corpo di
candida vacca,
un
unicum
del V sec. a.C.
nel panorama
della
coroplastica
dell’antica
Gela.
Dopo la
riapertura del
Santuario, molti
devoti in
particolare
durante il mese
di maggio sono
soliti prelevare
dalla botola
dell’altare,
dove in antico
fu rinvenuta
l’icona
bizantina della
Madonna, una
piccola manciata
di terriccio che
conservano a
titolo di
protezione e di
provvidenza
mariane nel
contesto della
sacralità del
luogo; per i
devoti, infatti,
“anche se
l’icona
originale,
contrariamente
alla tradizione,
si trova in
Chiesa Madre, la
Madonna è sempre
qui”.
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