QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Maggio 2023
ARGOMENTI
A
partire dal mese di gennaio si è iniziato a
scrivere sulla storia di Gela, dalla sua
fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E
ciò con il contributo iconografico del pittore
Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da
Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese
della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si
scrive la quinta puntata dal titolo "Eschilo".
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5 - Eschilo
Villa comunale, luogo dell'inramontabile memoria
I viceconsoli a Terranova di Sicilia
5 - Eschilo
Antonio Occhipinti
dedica questo tondo all’eleusino Eschilo, padre
della tragedia greca, il quale, contrariato
dagli sviluppi politici determinati in Grecia
dopo le vittorie contro i Persiani, si trasferì
a Gela dove morì nel 456 a.C.
Le opere tragiche di
Eschilo si fanno interpreti del mondo spirituale
dei suoi contemporanei le cui problematiche
s’intrecciano in un rapporto tra uomo, cosciente
e responsabile, e divinità, intesa come fato e
intervento decisivo degli dei; a volte l’uomo
sembra essere libero nelle sue azioni, a volte
sembra essere una pedina nelle mani degli dei
cui Eschilo, nella sua religiosità, assegna il
compito di far trionfare la giustizia del mondo.
Le opere di Eschilo spingono l’uomo a meditare
sul proprio destino oltre a fargli maturare un
alto senso del divino. Delle novanta tragedie di
Eschilo solo sette, non tutte complete, sono
arrivate ai giorni nostri.
L’autore,
utilizzando tratti incisivi e colori tenui, crea
efficacemente un quadro che raccoglie in un
tutt’uno sia la figura del trageda con chitone e
mantello, seduto su un muretto fuori le mura di
Gela, sia le scene di contorno riferite a tre
delle sue opere più conosciute: a destra “I
Sette contro Tebe” e il “Prometeo incatenato”, a
sinistra l’”Orestea” (Agamennone, Coefore e
Eumenidi), l’unica trilogia di Eschilo che
permette di seguire il pensiero eschileo e dove
il trageda greco raggiunse il più alto livello
artistico.
Infine, rifacendosi
alla leggenda alquanto singolare sulla morte di
Eschilo, l’autore accenna alla scena del
volatile che gli lascia cadere una tartaruga,
ingannata dalla luce riflessa dalla sua testa
calva scambiata per una pietra.
5 - Aeschylus
The artist, using
incisive strokes and soft colors, represents, in
the same painting, boththetragedian, sitting on
a low wall outside the walls of Gela, and the
scenes related to three of his best-known works:
on the right-hand "Seven against Thebes" and
"Prometheus Bound",on the left-hand “Oresteia"
(Agamemnon, Coefore and Eumenides), the
only trilogy in Greek drama which survives from
antiquity and which best translates Aeschylus’s
philosophy.
Finally, with regards to the legend about the death of Aeschylus, the artist refers to the episode of the bird that, mistaking his bald head for a stone, drops a turtle on it. Tiziana Finocchiaro
Villa comunale, luogo dell'intramontabile memoria
Sicuramente in tutt’Italia non
esiste una città che non abbia
dedicato all'eroe “Dei due
Mondi” una via o una villa o
magari un'associazione oppure un
teatro.
Qui
a Gela, che nei tempi passati
“non è stata mai seconda a
nessuna” per spirito
patriottico, a Giuseppe
Garibaldi sono stati intitolati
un teatro (denominato oggi
Eschilo), un'associazione
(all’angolo del palazzo Insinga
prospiciente piazza Umberto I),
una via e la Villa comunale.
Dopo la soppressione e la
confisca dei beni religiosi in
tutto il territorio nazionale,
con legge 7 luglio 1866, il
nostro Comune entrò in possesso
di molti beni immobili prima
appartenuti ai vari ordini
religiosi e tra essi
l'orto-giardino dei PP.
Cappuccini; nella riunione n.790
del 6 giugno 1882, avente per
oggetto le “Onoranze
funebri all’Ill.mo Generale
Garibaldi”,
Nel 1957 fu aperto sul Corso
Salvatore Aldisio (allora C.so
Vittorio Emanuele II, già Viale
XX Settembre e ancor prima Corso
Borgo) un altro ingresso, oltre
a quello ubicato in via
Cappuccini, adornato da un
moderno complesso architettonico
su progetto dell’Arch. Salvatore
Cardella; nel 2001 nella parete
ovest dello stesso ingresso fu
apposta una lapide a ricordo dei
carabinieri della caserma di
c.da Feudo Nobile che nel 1946
immolarono la loro vita per
contrastare il banditismo nel
nostro territorio.
All’interno della villa, che
dopo diversi anni di chiusura
per ristrutturazione fu aperta
nel luglio del 1998, si trovano
i busti marmorei di Garibaldi e
di Umberto I; il primo fu
scolpito da uno scultore
cefaludese di origine locale, il
Prof. Filippo Luigi Labiso
(1864-1942), lo stesso che
scolpì il monumento del
Cardinale Panebianco che si
trova dentro la chiesa Madre; il
secondo fu scolpito da Antonio
Ugo scultore palermitano;
quest’ultimo busto fino al 1952
troneggiava al centro di Piazza
Umberto I.
Fino ai primi decenni di questo
secolo all’interno della Villa
esisteva un artistico palco
musicale di ghisa, il cosiddetto
Armonium, dove si esibivano
orchestre e bande musicali; lo
stesso palco, dopo la precedente
eliminazione della sua cupola,
fu rottamato verso la fine degli
anni Cinquanta.
Negli ultimi lavori, nella
seconda metà degli anni Novanta,
della villa si è cercato di
rendere fruibile l’area
sottostante abbandonata ad est
della stessa, in vernacolo l’Ortu
Pasqualeddu, con la
realizzazione tra l’altro
di un anfiteatro. Proposito di
fruibilità resosi miseramente
ineseguito e peraltro
abbandonato all’oblio e alla
vegetazione spontanea che si è
…ripreso il “maltolto”. La villa comunale, che si sviluppa su una superficie di poco superiore a un ettaro, offre una discreta diversità floristica con piante esotiche, principalmente subtropicali, ed altre tipiche della flora mediterranea. Nuccio Mulè
I Viceconsoli a Terranova di Sicilia
C’era
una volta a Terranova di Sicilia
un nutrito numero di
viceconsolati e tale consistente
presenza era dovuta a una serie
di rapporti commerciali,
soprattutto di esportazione,
della nostra marineria di allora
con diversi stati esteri di cui
qui di seguito riportiamo un
elenco con i nomi dei relativi
viceconsoli e agenti consolari,
allora tutti appartenenti
all’aristocrazia terranovese:
Austria-Ungheria, vice console
Santi Gioffrè; Danimarca, v.c.
Giovanni Di Fede Mallia;
Francia, agente consolare
Giovanni Di Fede Mallia e ancor
prima Litterio Giusto; Germania,
v.c. Jacona Domenico; Gran
Bretagna, v.c. Giuseppe Bresmes;
Grecia, a.c. Andrea Ruggieri
Labiso; Paesi Bassi, v.c.
Francesco Bresmes e Giuseppe
Navarra a.c.; Portogallo, v.c.
Giuseppe Carvana; Prussia, v.c.
Giuseppe Di fede Mallia e
Giuseppe Campolo a.c.; Spagna,
v.c. Andrea Ruggieri; Stati
Uniti, a.c. Antonino Nocera;
Svezia e Norvegia, v.c. Vincenzo
Bresmes; Turchia, v.c. Vincenzo
Bresmes; per quanto riguarda le
rappresentanze dell’America
Latina si conosce solo il nome
del Comm. Antonino Nocera, lo
stesso che nel 1926 ebbe
conferito il massimo titolo
onorifico di Cavaliere del Regno
d’Italia, quello di Gran Croce
della Corona d’Italia decorato
di Gran Cordone.
A
pag. 70 di “Gela risorta in
Terranova” del 1896 di Salvatore
Damaggio Navarra, cultore di
patrie memorie locale, si legge:
“…Ha Sotto Prefettura,
delegazione di Sicurezza
Pubblica, tenenza di Reali
Carabinieri, Pretura, Carcere
Giudiziario. Più Ufficio Postale
Telegrafico, Agenzia delle
Imposte, Ricevitoria di
Registro, Ispettorato Demaniale,
Circolo di Finanza, Dogana, Tiro
a Segno Nazionale, Banchi di
Lotto, magazzino di Tabacchi. Vi
stanno altresì uffici di Porto,
con fanale di approdo, di
Sanità, ecc., ecc., e vi
risiedono diverse rappresentanze
di nazioni estere, cioè i
viceconsoli di Gran Bretagna,
Danimarca, Austro-Ungheria,
Olanda, Portogallo, Spagna,
Turchìa..., e gli agenti
consolari di Francia e Grecia…”.
A
partire dai primi decenni del
Novecento, l’entrata in
esercizio di diverse tratte
ferroviarie nell’entroterra
gelese e l’efficientamento dei
porti costieri prospicienti il
Canale di Sicilia furono
significativi per il declino
commerciale della città in
quanto molti prodotti dei comuni
limitrofi cominciarono a
prendere altre vie. Di
conseguenza, piano piano le sedi
dei viceconsolati esteri
cominciarono a diminuire fino a
sparire completamente; finì
anche l’esportazione del cotone
gelese, resistita fino agli anni
Cinquanta, soppiantata da quello
egiziano. Come ricordo dei
viceconsolati rimane ancora, in
qualche balcone dei palazzi di
Gela, l’asta che serviva di
supporto alla bandiera consolare
dello Stato estero ospitato.
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