UOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE

Luglio 2024

Il Maestro Antonio Occhipinti, all'età di 87 anni,

da mercoledì 17 luglio non è più tra noi.

 

ARGOMENTI

    A partire dal mese di gennaio si è iniziato a scrivere sulla storia di Gela, dalla sua fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E ciò con il contributo iconografico del pittore Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si scrive della diciassettesima puntatala  dal titolo "Seconda Guerra Mondiale - La Battaglia di Gela".

17 - Seconda Guerra Mondiale - La Battaglia di Gela

Demografia di Gela

Cartolina di oggi - UNA ROTONDA SULA MARE, LA CONCHIGLIA

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Seconda Guerra Mondiale - La Battaglia di Gela

    Nell’acquerello il maestro Occhipinti ci propone l’evento dello sbarco americano a Gela del 10 luglio 1943 con una serie di riquadri su cui predomina la scena della “Battaglia di Gela” con soldati italiani e tedeschi da una parte e quelli americani dall’altra.

    Nella parte superiore del tondo sono raffigurati il “Castelluccio” e alcuni fortini, disposti a caposaldo, nella Piana di Gela; subito sotto compaiono due fanti italiani, con una mitragliatrice “Breda” nel mezzo di una battaglia, e il busto del Gen. Alfredo Guzzoni comandante della VI Armata italiana in Sicilia. Il riquadro è completato dalla figurazione di un carro armato “Tigre” della divisione tedesca “H. Goering”.

    Nella parte sinistra della scena, vicino il riquadro della facciata principale della Chiesa Madre, compare la figura del Gen. George Patton, comandante della VII Armata americana sbarcata nel Golfo di Gela; seguono, immediatamente sotto, la rappresentazione dello sbarco di soldati da una nave americana e le immagini di una battaglia aerea tra forze contrapposte. Al centro della scena si osserva il pontile sbarcatoio con l’immagine di un’esplosione che ne distrugge la parte centrale.

    Infine, un particolare, posto vicino la raffigurazione della Chiesa Madre, che merita risalto è quello del piccolo triangolo che racchiude un occhio; l’autore, condividendo una recente opinione di alcuni studiosi, ha raffigurato volutamente questo simbolo come emblema dell’iconografia massonica e ciò in relazione ad una probabile partecipazione della massoneria di Gela, qui di antica tradizione, al favorimento dello sbarco alleato in Sicilia in concorso coll’”intelligence” anglo-americana.

 

    17 - World War II - The Battle of Gela

 

    Occhipinti represents the American landing in Gela, occurred on July 10, 1943, with a series of panels; among them, the most outstanding depicts the Battle of Gela where Italian and German soldiers are facing the American troops.

    On top, the Castelluccio and some forts, organized in stronghold, on the Plain of Gela; just below, two Italian soldiers in a battle with a Breda machine gun, the bust of General Alfredo Guzzoni, commander of the Sixth Army in Sicily, and the tank Tiger  belonging to the German division “H. Goering”.

    On the left, near the image of the Cathedral Church main facade, Occhipinti depicts General George Patton, commander of the U.S. Seventh Army which landed in the Gulf of Gela; below, the landing of the American troops and an aerial battle between conflicting forces. In the centre, the pier sbarcatoio being partly destroyed by an explosion.

    Finally, attention goes on a small triangle enclosing an eye; the artist, sharing the recent opinion of some scholars, means this symbol as an emblem of the Masonic iconography which is used to suggest the possible support given by the local Freemasonry to the Allied forces who were able to beach their invasion forces at Gela.

 

Da terranova a Gela

Una curva demografica di 800 anni

     Grazie alla consultazione di documentazioni di archivio, conservate nella Biblioteca Comunale, di alcune pubblicazioni di storia patria nonché di diversi riveli, si è arrivati a realizzare un grafico completo sul numero degli abitanti di Gela e sulla sua variazione a partire dalla sua fondazione medievale, cioè da Heraclea, quindi, dal 1233 in poi.

    Analizzando il valore delle variazioni dei dati proposti dal grafico nascono una serie di domande a cui non sempre è possibile dare una risposta certa. La prima vistosissima fluttuazione demografica si riferisce all’anno 1277, circa quarant’anni dopo la fondazione, dove il numero di abitanti arriva a circa novemila (secondo alcuni autori il numero è di circa ventimila); il perché di questo significativo numero probabilmente si spiega con la costruzione della città e forse delle sue mura ma anche al massiccio sfruttamento della fertile pianura. Comunque, qualunque possa essere la spiegazione, Terranova era il secondo comune più popoloso dell’Isola (che allora contava circa 300.000 abitanti con Palermo che contava 22.000 abitanti) e nel suo territorio esistevano ben 23 chiese.

    Dal 1277 in poi e fino al 1443 si assiste ad un rapido decremento della popolazione che addirittura arriva a meno di cinquecento. Quali furono le cause? Probabilmente sono da ricercare in tre fatti fondamentali: la pirateria dei corsari barbareschi, l’instabilità politica avvenuta dopo la scomparsa di Federico III e la peste bubbonica del 1347-48, quest’ultima più significativa nella diminuzione delle persone.

    Dopo un significativo aumento della popolazione avvenuto nell’arco di un secolo, dal 1443 al 1548, il numero degli abitanti, salito a circa cinquemila, rimane quasi costante per più di centocinquant’anni; a partire dal 1748 la popolazione s’incrementa arrivando, nell’arco di un trentennio, a quasi novemila abitanti, probabilmente a causa delle trasformazioni irrigue della piana che consentirono, diremmo oggi, un certo “sbocco occupazionale”.

    Il miglioramento delle condizioni economico-sociali, grazie all’ulteriore sviluppo dell’agricoltura e della marineria, fu causa dell’incremento della popolazione che nell’arco di quasi due secoli quadruplica il numero degli abitanti portandolo nel 1940 a 30.547.

    L’incremento demografico già consistente, però, subisce un ulteriore aumento, quasi un raddoppio, in concomitanza della scoperta del petrolio e della costruzione del petrolchimico; la popolazione residente così nell’arco di un trentennio arriva nel 1988 a ben quasi ottantamila abitanti. A quanto pare Gela diventò un caso primario in tutta Europa come città a forte aumento demografico e quindi allora oggetto di studio.

    Nell’arco degli ultimi decenni, contrariamente a quelli precedenti, il numero degli abitanti di Gela mostra però un sensibile decremento di unità; le cause, sicuramente anche di natura economica, probabilmente sono da ricercare nel peggioramento delle condizioni di vivibilità e nella chiusura a Gela del petrolchimico che hanno fatto diminuire sensibilmente il numero degli occupati, in particolare di quelli dell’indotto. Così dal 1988 al 2022 c’è stato un decremento significativo di quasi 8.000 abitanti.

    Quale sarà il numero degli abitanti nel prossimo censimento del 2031 è difficile dirlo, ma se dovesse continuare ancora la crisi occupazionale e se non dovessero arrivare grossi finanziamenti per il recupero del territorio, oggi fortemente devastato dall’azione inquinante dell’industria locale, ci sembra scontato un ulteriore decremento della popolazione gelese. E tutto ciò comunque si potrebbe evitare sol che si riuscisse a comprendere seriamente come sfruttare i beni culturali dal punto di vista archeologico e quindi la creazione di un turismo portatore di occupazione e di incremento economico. Turismo in particolare archeologico che potrebbe nascere se ci si rendesse conto di quello che esiste nel nostro territorio di cui sinteticamente qui di seguito descriviamo le potenzialità; archeologia protostorica, archeologia greca, archeologia romana e medievale, archeologia bellica e ci si metterebbe dentro pure l’archeologia industriale sol che i dirigenti dell’ENI si convincessero di tale potenzialità.

CARTOLINA DI OGGI

UNA ROTONDA SULA MARE, LA CONCHIGLIA

    Per circa vent’anni, dal 1958 al 1975, “La Conchiglia” (originariamente con l’aggiunta dell’appellativo di “Perla del Mediterraneo”), anche se impropriamente, ha rappresentato il simbolo della città di Gela; inoltre, è stato lo stabilimento balneare che tutti i forestieri venuti qui si sono portati appresso nella loro memoria, tant’è che tra l’altro ha costituito pure il soggetto più rappresentato in cartolina con una cinquantina di vedute.

    La Conchiglia era uno stabilimento balneare in cemento armato con un corpo principale e dei bracci laterali con andamento sinuoso che ospitavano dei doppi filari di cabine con oblò, 22+22 per ogni braccio; da un capo all’altro dei bracci la lunghezza era di 103 metri, mentre dalla battigia al mare si estendeva per 47 metri con un diametro della copertura di 36 metri; il tutto edificato su palafitte in mezzo al mare con pali tronco-conici in cemento armato della lunghezza media di metri 8 nella parte rivolta a nord e di metri 11 in quelle rivolte a mare, tutti infissi nella battigia e sul fondale sino a raggiungere le sottostanti argille. Il progetto risalente al 1954, allora considerato molto ardito e raro nel suo genere, fu realizzato su disegno del geometra Filippo Trobia e degli Ingg. Salvatore Trobia e Vittorio Dalla Noce. Il progetto della Conchiglia, così denominato perché il corpo centrale aveva la forma di una valva di mollusco, fu realizzato dai F.lli Ventura con una spesa di 160 milioni di lire; l’inaugurazione avvenne il 24 giugno del 1958. Lo stabilimento balneare fu costruito sulla stessa ubicazione dei precedenti di fattura lignea che erano montati annualmente ad inizio stagione balneare e smontati alla fine della stessa.

    La Conchiglia, una rotonda sul mare, oltre a rappresentare subito il centro dell’attività balneare di Gela e dintorni fu anche il locale più frequentato e più conosciuto dai forestieri in tutta l’Isola, anche perché con una certa frequenza ospitava serate canore e danzanti con i presentatori e i cantanti più in voga in Italia in quei momenti. E non solo cantanti e presentatori di fama anche serate culturali come “II Sileno d'oro”, organizzato in onore di due ospiti d'eccezione: il poeta Salvatore Quasimodo, premio Nobel 1959 per la Letteratura, e il docente universitario di Scienze delle Finanze e Diritto Finanziario Emanuele Morselli, nativo di Gela; oltre ai suddetti furono anche ospitati Renato Guttuso, l'editore Mursia ed altre personalità importanti.

 

    Il Lido “La Conchiglia” oltre a diverse mostre, sfilate di moda e spettacoli anche di lotta libera, fu sede di convegni di studio di uomini politici di primo piano come Saragat, Nenni, Medici, Mattei, Scelba, Piersanti Mattarella, ecc.; ospitò anche re Gustavo di Svezia che a Gela era solito venire ogni anno in estate. Così quei due decenni di grande ed importante frequentazione diedero al locale una enorme fama e un grande prestigio.

    Non si è voluto mai riconoscere che il Lido “La Conchiglia” era diventato nell’immaginario collettivo, non solo dei gelesi, un simbolo e quindi di conseguenza un vero e proprio bene culturale da salvaguardare. Cosa che non fu fatta per niente, anzi dopo il massiccio inquinamento delle sostanze sversate a iosa dal vicino petrolchimico nel mare (causa dell’abbandono dei fruitori della spiaggia e quindi della stessa struttura balneare) avvenne un arretramento della linea di costa, dovuto a che cosa, ufficialmente non si è mai saputo; così per evitare che il mare arrivasse sulla strada del lungomare furono posati dei frangiflutti  che nel giro di pochi anni arrestarono l’avanzamento del mare, addirittura al punto di farlo regredire di diverse decine di metri rispetto la linea originale di costa con il risultato che lo stabilimento balneare “La Conchiglia”, già abbandonato dai fruitori ma anche dai proprietari, rimase sull’asciutto della sabbia. A completamento del degrado il 25 giugno 2007 ci si mise pure il crollo del braccio di ponente a cui poi seguì, per scelta del proprietario, l’abbattimento dell’altro di levante rendendo così la struttura letteralmente “sbracciata”.

    Nel 2009 un’ordinanza, arrivata con molto ritardo, dalla Regione Siciliana dichiarò “La Conchiglia” bene culturale, e di conseguenza fu messa sotto vincolo che, però, poi nel 2019 fu rimosso; addirittura l’assessorato al Territorio e Ambiente della stessa Regione improvvidamente e senza contezza di com’era ridotta la struttura la inserì in un bando di concessione a privati che ovviamente andò deserto.

    La Capitaneria di Porto nel maggio del 2020 pose sotto sequestro la struttura dell'ex lido "La Conchiglia" su ordine del GIP del Tribunale gelese al quale la Procura aveva rivolto apposita richiesta dopo avere accertato "la mancata realizzazione dei lavori necessari per evitare la rovina della struttura, ormai fatiscente ed abbandonata da anni". Nel contempo furono indagati diversi dirigenti alla Regione e al Comune di Gela, però, senza risultato in quanto gli stessi poi furono assolti.

    Oggi quel che resta del Lido “La Conchiglia” riposa nel suo sarcofago di sabbia all’aperto, aspettando che le intemperie e l’usura del tempo ne cancellino anche le tracce. Il Lido “La Conchiglia”: un relitto di cemento armato pieno di ricordi del tempo che fu “…dov’è silenzio e tenebre la gloria che passò”.

    La cartolina odierna di fine anni ’50 raffigura l’Interno de “La Conchiglia”; sul retro si legge “Gela - Lido “La Conchiglia”; ed ancora “Ediz. Cartolibreria G.B. Randazzo - Gela Rip.  vietata”, “Vera fotografia 62216”, “Fotocelere - Torino” e “Bromocolor Procedè brevetè”. Affrancata con due francobolli di 5 e 10 lire la cartolina, indirizzata a “Concetto e Rosetta Zammataro, Via L. da Vinci 31, Palermo”, riportava “Cari saluti, Turi, Iole, Concettina, Sara, Maria, Papà e Puccio …”.



 

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