UOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Luglio
2023
ARGOMENTI
A
partire dal mese di gennaio si è iniziato a
scrivere sulla storia di Gela, dalla sua
fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E
ciò con il contributo iconografico del pittore
Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da
Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese
della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si
scrive la sesta puntata dal titolo "Eschilo".
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6 - Congresso della Pace
La nipote del generale
Cartolina di oggi - Illuminazione a Terranova di Sicilia
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Congresso della Pace
Tra la primavera e
l’estate del 424 a.C. Gela, per la sua posizione
cruciale nel Mar
Mediterraneo e
per la sua importanza politica, militare,
economica e culturale, ospitò un’adunanza, il
“Congresso della Pace”, che vide la
partecipazione dei rappresentanti di tutte le
città greche dell’Isola e che sancì
l'indipendenza delle colonie dalla madrepatria.
Al congresso partecipò il politico e generale
siracusano Ermocrate il quale, grazie alla sua
eloquenza e alle sue doti di negoziatore,
convinse le città siceliote a non continuare una
guerra fratricida che faceva solamente
l’interesse dello straniero ateniese.
Il maestro
Occhipinti immagina il luogo del congresso in un
teatro greco e raffigura in primo piano, in
un’interlocuzione animata, diversi
rappresentanti delle città siceliote su cui
predomina la figura di Ermocrate, con chitone e
himation, che in piedi sopra il podio rivolge il
suo discorso all’uditorio.
Sulla parte
superiore del tondo, una serie di figurazioni
vogliono dare (e danno) più forza, ma anche
completezza mitologica e storica, alla scena del
congresso. Infatti, al centro vi è la figura di
Atena con peplo lungo, simile a quella scolpita
dal grande scultore greco Fidia nella cella del
Partenone di Atene, con l’elmo attico aulopide
adorno sul davanti da una sfinge e sui lati da
due grifoni in altorilievo, e con la mano
sinistra che tiene una Nike alata; la
raffigurazione di Atena, tra l’altro dea della
ragione e dell’intelligenza, diventa così motivo
ispiratore del discorso di Ermocrate. Si
aggiungono alla scena diverse figure di monete,
quelle delle città partecipanti al congresso, e
il simbolo antico della Sicilia rappresentato
dalla figura della triscele, la stessa che
compare su una coppetta del VII sec. a. C.,
ritrovata a Gela negli anni Sessanta, tuttora
esposta nelle vetrine del museo di Agrigento,
sordo alle reiterate richieste di restituzione.
Peace congress
In 424 B.C. Gela,
which had increased its political, military,
economic and cultural importance, and kept a
crucial position in the Mediterranean sea,
hosted the Peace congress. This meeting saw the
participation of the representatives of all the
Greek cities of the Island and fostered the
independence of the colonies from the
motherland. Hermocrates took part to the
congress and delivered a speech which persuaded
the Siceliot cities to stop a war which served
the interests of the Athenians.
Occhipinti imagines
the congress site as a Greek theater and shows
several representatives of the Siceliot cities
involved in an debate: among them, Hermocrates
stands out on a podium while he delivers his
famous speech.
On top, a series of
figures complete the scene: Athena in a long
tunic, similar to the one carved by the Greek
sculptor Phidias in the cell of the Parthenon in
Athens, wearing her Attic helmet adorned with a
sphinx on the front and two griffins on the
sides, holding a winged Nike with her left hand.
Athena is goddess of reason and intelligence and
stands for the source of inspiration for
Hermocrates. The scene is decorated with the
image of the coins belonging to those cities who
were represented in the conference, as well as
the ancient symbol of Sicily, the Triskelion,
the same image represented on a cup dating back
to the seventh century B.C., found in Gela but
kept in the Museum of Agrigento.
Dopo ottant’anni
si vede a Gela di nuovo Patton, ovviamente non
il comandante della settima armata americana nel
Golfo di Gela per l’invasione della Sicilia del
1943, ma la nipote Helen, figlia di George
Patton IV uno dei tre figli del generale.
E’ venuta
dall’America, dallo Stato del Connecticut, a
Gela con lo scopo di partecipare alle
manifestazioni programmate dall’Amministrazione
comunale in c.da Feudo Nobile e a Gela per l’80°
anniversario dell’invasione Alleata della
Sicilia. Qui, dopo avere contattato lo
scrivente, ha voluto conoscere e visitare i
luoghi fisici dello sbarco del nonno e quindi è
stata accompagnata proprio a ridosso
dell’attuale relitto dello stabilimento balneare
de “La Conchiglia”, nei punti in cui il gen.
Patton con un binocolo osservava la città dalla
spiaggia e mentre si trovava con altri militari
subito dopo essere sbarcato.
E non solo, avendo
saputo della permanenza di qualche giorno del
nonno a Gela, ha chiesto di andare sul Corso
all’altezza di Piazza Umberto I, nel punto in
cui il generale fu ritratto da un combat camera
americano mentre fumava un sigaro, sul
marciapiede dell’ex Albergo Trinacria, allora
sede del Comando provvisorio americano. E
proprio qui si è fatta fotografare mimando il
nonno mentre fumava un sigaro. Subito dopo è
stata accompagnata prima a Palazzo Nocera,
requisito durante l’invasione dagli americani
per ospitare degli ufficiali, e dopo al vicino
Palazzo Mattina, anche questo a suo tempo
requisito dagli americani, destinato ad ospitare
per qualche notte il generale Patton.
Una contentezza
particolare oltre ad un’evidente commozione ha
pervaso Helen Patton nel visitare le stanze
occupate dal nonno nel lontano 1943, al punto
tale da fargli intonare una gioiosa canzone
mentre scendeva lo scalone del palazzo in
compagnia dell’interprete Daniela Villari, di
due amici al seguito e del proprietario dello
stesso palazzo Valentino Granvillano, rivelatosi
come un’inattesa guida.
Helen Patton, di 61
anni madre due figli, è conosciuta come
produttrice e attrice; celebre la sua
partecipazione a diversi film quali “Un padre,
una vendetta” del 1988 del regista John Herzfeld.
Inoltre, la signora Patton è la fondatrice della
“Patton Foundation” dedicata a una vasta gamma
di attività filantropiche ispirate dall'eredità
di servizio della famiglia Patton-Holbrook e
dalla convinzione che “la liberazione e la
riconciliazione per ogni generazione possano
essere raggiunte attraverso esperienze
multiculturali condivise". Una bella esperienza per la nipote del Gen. Patton che dopo ottant’anni ha “calpestato” i posti in cui il nonno è stato nell’ambito dell’Operazione Husky. Un viaggio nel passato di ottant’anni fa con la visione delle vecchie fotografie scattate a Gela, con quei carri armarti che sopraggiungevano sulla terra ferma. Anche il pontile, ora in disuso, è stato ammirato dall’americana che ha vissuto un’esperienza indimenticabile rielaborando quei caldi giorni del luglio del 1943. Poi la promessa di un ritorno a Gela, in quella città della Sicilia in cui il nonno ha dato inizio alla liberazione d’Italia dal nazifascismo. Una missione rievocata in queste calde giornate di luglio con la presenza di una folta delegazione americana. Ci starebbe adesso a completamento qualche nota biografica del nonno relativamente alla sua presenza qui durante lo sbarco. Un racconto che è stato effettuato più volte nelle colonne di questo giornale.
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CARTOLINA DI OGGI -
ILLUMINAZIONE A TERRANOVA |
La cartolina, del
1915 edita da Pasquale Mossuto, è una delle più
colorate di Gela ai tempi di quando era
denominata Terranova di Sicilia e raffigura il
Corso all’altezza della chiesa di San Rocco,
riconoscibile dalla torretta, edificata nei
primi decenni del 1700 ad opera della
Fratellanza di San Filippo Neri; sulla facciata
della chiesa vi era un piccolo ingresso, servito
da cinque gradini, e due finestre di cui una
bifora e con arco a sesto acuto.
Sulla sommità
dell'edificio svettava una torretta con due
campane e un orologio, provvisto di tre
quadranti, fornito dall’Officina
Meccanica Poli & Bellotti
di Milano;
questo orologio e quello del convitto Pignatelli
rappresentavano fino agli anni Quaranta gli
unici orologi pubblici della città. Sul Corso,
ritratto sulla cartolina, si vede una
moltitudine di persone, tutte con cappello,
quasi in posa richiamate dallo scatto della
foto, con in primo piano a sinistra due classici
“vastasi ‘i chiazza”
ovvero uomini di fatica a pagamento.
La luce delle
lampade, che illuminavano il Corso, era prodotta
da un arco voltaico all’interno di una sfera di
vetro opalino. Gli elettrodi, da cui scaturiva
l’arco voltaico luminoso, avevano una durata di
alcune decine di ore e, pertanto, erano
sostituiti dopo il loro consumo con una certa
frequenza; tale sostituzione, che suscitava
molta curiosità, prevedeva che un impiegato
comunale, grazie ad un verricello, facesse
calare la stessa lampada ad altezza d’uomo per
sostituirne gli elettrodi. Lungo il Corso, a
partire da Porta Vittoria e fino a via
Cappuccini, funzionavano 25 lampade ad arco
dislocate alla distanza media di 35 metri l’una
dall’altra.
L’energia eletrrica
di alimentazione delle lampade fu inaugurata qui
il 14 maggio del 1908, durante l’Amministrazione
di Giacomo Navarra Bresmes. Gli impianti, con
gruppi elettrogeni a corrente continua, erano
stati installati vicino l’arenile, in uno
stabile denominato per l’occasione “Officina
Elettrica”. La distribuzione della corrente
elettrica avveniva mediante due linee
indipendenti, l’utenza pubblica e quella privata
per chi se la poteva permettere. L’illuminazione
della città, prodotta da 53 lampade ad arco
voltaico e da più di mille ad incandescenza,
iniziava all’avemmaria per terminare alle prime
luci dell’alba con una durata media di 10 ore. |