QUOTIDIANO La Sicilia DISTRETTO GELESE Luglio 2020
LA
CARTOLINA DI OGGI
L'inaugurazione del
tronco ferroviario Gela-Licata avvenne il 28
marzo del 1891. Nella nostra città e a Licata
quel giorno fu grande festa. Qui, all'entrata di
Porta Caltagirone, fu allestito una specie di
arco di trionfo con fiori, palme e luminarie per
accogliere con tutti gli onori personaggi
importanti, quali il principe Pietro di Scalea,
presidente della Società Ferroviaria Sicula, il
Prefetto di Caltanissetta, il concittadino
Giuseppe Di Menza, presidente della Corte di
Appello di Palermo, deputati e senatori del
collegio e notabili. A ricordo di
quell'avvenimento furono anche stampati opuscoli
riportanti poesie dedicate alla locomotiva
definita come «fumante
ordegno». Il ricordo gioioso di quella
festa, però, durò per breve tempo. Infatti, già
dopo pochi anni dall'entrata in esercizio di
tale tronco ferroviario nacquero lamentele e
critiche feroci, di cui diamo un brevissimo
resoconto: “...Gli
orari, lo scarso numero di treni, la limitata
potenzialità delle locomotive, la deficienza di
macchine e di carri, la mancanza di piani
scaricatori e di binari destinati alla manovra
dei carri, fanno a gara per inceppare e
danneggiare le sorti del nostro traffico”. “...Lo
stato delle vetture o meglio carcasse destinate
alla nostra regione è semplicemente indecente:
sono esse lo scarto di vagoni già consumati che
si mandarono quaggiù, per noi barbari, e che
specialmente nella linea Caltanissetta-Terranova
sembrano altrettante latrine.”. Viene
spontaneo chiedersi: cos'è cambiato oggi
rispetto ad allora? Quasi niente, anche se si è
costruita una nuova stazione più grande con
diversi binari, sottopassaggi ed altre
strutture, ma, per chi e per che cosa, quando
domani forse non passeranno nemmeno i pochi già
treni di oggi.
In chiusura
tracciamo una breve storia della nostra linea
ferrata.
I primi studi sul tracciato ferroviario
della linea Siracusa-Canicattì, che comprendeva
anche Gela, risalgono al 1863 e furono
realizzati dall'ing. Enrico Guerra per conto del
governo sabaudo. Per la loro completa messa in
opera, passarono quasi cinquant'anni. La
ferrovia in oggetto fu realizzata in diversi
tronconi. Il primo fu quello che collegava
Siracusa-Noto, seguì poi questo di Gela-Licata,
ed infine gli altri, in diversi periodi di
tempo. Il progetto per la ferrovia
Caltagirone-Niscemi-Terranova risale al 1895; fu
realizzato dall'ing. arch. Cavallari Salvatore,
su uno studio di massima realizzato prima, nel
1883, dal direttore generale delle Ferrovie
Sicule, comm. ing. Adolfo Billia. Nuccio Mulè
L’EDUCATORIO D’ORFANE “REGINA MARGHERITA"
Nel cuore del centro storico di Gela, nel quartiere di Sant’Agostino, prospiciente il Corso, si erge il settecentesco palazzo del Conservatorio delle Orfane (denominato anche Orfanotrofio o Educatorio) “Regina Margherita”, intitolato alla sovrana di Savoia regina d’Italia; l’edificio, in origine sede del convento dei Padri Minimi di San Francesco di Paola, in vari periodi subì diverse trasformazioni, una di esse, probabilmente nella prima metà del Novecento, fu responsabile dell’eliminazione dell’antico chiostro del cortile. La costruzione del convento e della confinante chiesa di San Francesco di Paola furono realizzati intorno al 1738. Dopo la confisca postunitaria dei beni religiosi del 1866, il convento passò al Comune il quale continuò ad adibirlo, così come avveniva fin dal 1815, a ricovero per ragazze povere e orfane. L’orfanotrofio nella seconda metà dell’Ottocento fu affidato alla Congregazione di Carità e si resse grazie a diverse rendite ed elargizioni; ad esempio il Duca di Terranova e Monteleone don Diego Aragona Cortes Pignatelli contribuiva con 726,75 lire annue. Altri contributi provenivano dal Comune e da facoltosi cittadini (nel vestibolo del palazzo esistono diverse lapidi che ne ricordano i nomi), ma anche dalle rette delle orfane ricoverate a pagamento e dalla metà del lavoro (di ricamo e cucito) prodotto dalle stesse. Un altro introito per il funzionamento dell’orfanotrofio proveniva dalla partecipazione delle orfanelle alle processioni di funerali o per le preghiere corali al cimitero durante la commemorazione dei defunti.
L’ammissione delle fanciulle “...d’illibati
costumi e nello stato di pura innocenza”,
avveniva dietro precise regole quali, ad
esempio, quelle di essere orfane almeno di
padre, di essere nate in Terranova o nate
altrove da genitori terranovesi, di avere un’età
compresa tra i sei e i dodici anni e di
“...aver
ricevuto con buon successo l’inoculazione
vaccinica”. Compiuti i diciotto anni le
orfane concludevano la loro permanenza nel
conservatorio. In origine il personale del pio
istituto era composto da una maestra direttrice
o superiora, da una maestra elementare, da una
maestra tessitrice e da una serva, quest’ultima
anche con funzione di “guardaporta” e di
controllo del parlatorio. Nei primi decenni del
Novecento, però, a governare l’istituto
subentrarono cinque suore appartenenti
all’ordine delle
Figlie di
Sant’Anna. L’orfanotrofio, oltre ad ospitare
le orfane nei due piani superiori era pure
adibito, nei locali del pianoterra, a scuola
materna ed elementare.
Nel vestibolo dell’Orfanotrofio, a
sinistra sul muro, vi era una apertura con la
ruota degli esposti con una bussola girevole
divisa in due parti che permetteva di deporre
senza essere visti il neonato abbandonato il
quale, una volta immesso all’interno dopo aver
fatto girare la bussola, aveva a possibilità da
parte delle suore di ricevere le prime cure.
Intorno al 1960 l’educatorio cessò la sua
funzione di ricovero delle orfane mentre
continuò ad ospitare una scuola materna,
un’elementare e, in tempi più recenti, anche
qualche scuola superiore. Nell’ultimo decennio,
però, dopo aver ospitato alcune manifestazioni
culturali, fu di nuovo chiuso alla fruizione in
attesa di ulteriori lavori di riattamento.
Successivamente l’immobile, dopo essere stato
affittato ad una scuola privata, diventò sede
della Scuola musicale comunale “Giuseppe
Navarra” che chiuse i battenti dopo pochi
anni. Oggi l’ex orfanotrofio è sede della
Casa della
Divina Misericordia ai piani superiori
ed è
retta da Don Lino Di Dio, mentre a
pianoterra è sede dell’Università Telematica
Pegaso.
Oltre
all’orfanotrofio esisteva a Terranova fino ai
primi del Novecento anche un Conservatorio
maschile, ubicato dietro la chiesa di S.
Corrado, all’angolo tra il Corso e via Marconi,
via, infatti, che era denominata appunto
Strada Conservatorio.
Nuccio Mulè
DIGA DI
GROTTICELLI
A circa 7
chilometri da Gela, nelle immediate vicinanze
della statale 117 bis per Catania, esistono i
resti quasi intatti di un’antica diga in
muratura, la prima in assoluto realizzata in
Sicilia. Fu costruita nel 1563, a scopo irriguo,
sul corso del Fiume Gela dal Duca di Terranova,
Giovanni d’Aragona, su progetto dell’arch.
milanese Carlo Cadorna. Questo sbarramento a due
piani inclinati, denominato in origine
Presa
o Diga di
Grotticelli, è lungo circa 120 metri e largo
alla base circa 8 metri; alto in origine quasi
10 metri e mezzo è costituito da grossi conci
squadrati e poggia sopra una consistente platea
larga 50 x 42 metri, anch’essa di grossi conci,
che copre a valle l’alveo del fiume. La spesa
impiegata per la costruzione della diga fu
allora di £. 204.803. Da questo sbarramento, in
origine, partivano in senso opposto due
collettori principali, uno a est denominato
Saia
della Corte, lungo circa 10 chilometri, e
l’altro a ovest, lungo quasi 9 chilometri,
denominato
Saia dei
Mulini. Lungo il loro percorso s’innestavano
una serie di canali secondari e a questi altri
ancora, e tutti a guisa di un sistema arterioso.
La distribuzione
delle acque della diga, relativa a circa 8.000
ettari di terreno, era dettata da un regolamento
risalente al 15 agosto del 1794 che disciplinava
pure le 41 tenute che godevano il diritto di
concessione all’irrigazione che avveniva dietro
compenso dei proprietari al Duca. La
Saia
della Corte (Braccio d’Oriente) provvedeva
ad incanalare l’acqua nelle tenute di
Rinazzi
con vigneti e pochi piccoli giardini; a
Grotticelli,
Marabusca,
Pezza di
Panni e
Mingra
tutte a terreno seminativo; a
Casa del
Mastro con una piccola parte a vigne e
giardino e la maggior parte a terreno
seminativo. Inoltre, il canale suddetto, grazie
ad una poderosa travatura in legno alta 10
metri, denominata Ponte-Canale, lungo 94 metri,
attraversava il fiume Maroglio, un affluente del
Gela, portando l’acqua d’irrigazione alle tenute
Tenna,
Nobile, Chiancata, Piana Signore, Tenutazza,
Calluso, Cannizzoli, Triona, Casa Incristo,
tutte a terreno seminativo, e
Pampinella, quest’ultima a vigneto. La
Saia dei
Mulini (Braccio d’Occidente) portava le
acque alle tenute
Medica,
Zappellazzo, Cricopo, Inchiusa, tutte
coperte a vigneti e pochi giardini; e ancora
alle tenute di
Spadaro,
Colurella, Albanazzo, Tenutelle, Pezza Giardini,
Fiaccavento, Trigona, Giardinelli, Balata,
Casaleni, Albani, Pezza Iuncio, S. Antonio,
Pezza Inferno, e parte di Salerà, Margi, Poggi e
Pozzilli, tutti a terreno seminativo di
prima classe con piccoli vigneti frastagliati. La Diga di Grotticelli il 17 febbraio 1936 fu consegnata da Onofrio Pesti fu Nicola, rappresentante del Duca di Terranova, per la somma di £ 250.000 al Senatore Ernesto
Vassallo, allora Presidente del “Grande
Consorzio di bonifica della Piana del Gela”.
Così questa struttura, dopo quattro secoli,
passava da proprietà privata a pubblica. La Diga
di
Grottìcelli perse la sua importanza nel 1948
con l’entrata in esercizio della Diga di
Disueri. Nuccio Mulè |