IL CASTELLO DI FALCONARA
LA MADONNA DELLE GRAZIE NELLA CHIESA DEI PP. CAPPUCCINI
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IL
CASTELLO DI FALCONARA
A circa 15
chilometri da Gela, in territorio di Butera, nei
pressi della statale 115 per Licata, si erge su
uno sperone roccioso, bagnato dal mare e
circondato da una folta vegetazione, il Castello
di Falconara.
Costruito intorno
al 1400, probabilmente sui resti di una
struttura fortilizia normanna, e ampliato in
epoche successive, rappresenta un tipico esempio
di fortezza medievale con più ordini di mura
merlate, bastioni, torrioni angolari e avanzate,
spalti sporgenti ed al centro il maschio
principale che i signori dell’epoca adibivano
all’allevamento dei falconi, da cui deriva
appunto il nome del castello.
Il territorio di
Falconara, prima della costruzione del maniero,
unitamente alla contea di Butera, fu dato in
dono a Ugo Santapao da Re Martino I d’Aragona
per l’appoggio datogli nelle lotte contro le
fazioni avverse; la tenuta e il castello
passarono poi ai Branciforte, succeduti ai
Santapao nel dominio di Butera, i quali nel 1540
acquisirono il titolo di principi. Dopo svariate
vicissitudini, il castello nei primi
dell’Ottocento pervenne al Conte Wilding,
ufficiale tedesco, quale dote della consorte
Caterina Branciforte, figlia dell’ultimo
principe di Butera. Nel 1848 fu acquistato dal
barone Antonio Chiaramonte Bordonaro che lo
trasmise in linea diretta all’attuale
proprietario.
Nel suo interno
riccamente arredato e decorato, oltre a numerosi
trofei di caccia, suppellettili e addobbi
d’epoca, si conservavano pure una ricca raccolta
di ceramica e una collezione di dipinti di
autori fiamminghi. Nelle immediate vicinanze del castello esisteva fino a diverse decine di anni fa uno stabilimento balneare realizzato negli anni Cinquanta, il “Lido Sorriso” che serviva un’ampia e frequentatissima spiaggia.
LA MADONNA DELLE GRAZIE NELLA
CHIESA DEI PP. CAPPUCCINI
Quel che sempre fa piacere
trovare nei conventi dei PP.
Cappuccini, oltre alla
silenziosità e alla
tranquillità, è il carattere
ospitale dei frati; inoltre, con
la loro funzionale
organizzazione, legata anche
all'esistenza di una “gerarchia
ruotante”, accudiscono le
chiese e i conventi con una
oculata gestione delle offerte
dei fedeli.
La Chiesa dei PP. Cappuccini
ieri
La
chiesa dei PP. Cappuccini,
confinante con la villa
comunale, dedicata
originariamente a Santa Maria
degli Angeli o
della Porziuncola, fu edificata
ad una sola navata, assieme al
confinante convento, nella metà
del XIII secolo dai Frati Minori
Conventuali di San Francesco
d’Assisi.
Gli
stessi Frati
per evitare le incursioni
barbaresche che
imperversavano allora si
trasferirono dentro le mura
della città, nella nuova
ubicazione dell’attuale chiesa
di San Francesco d’Assisi,
probabilmente allora una
chiesuola dedicata a San Michele
Arcangelo.
I
frati Cappuccini fecero la loro
comparsa a Terranova nel 1575
dopo che un anno prima ebbero
la concessione dai Frati Minimi
Conventuali del loro antico
sito, abbandonato fin dal 1481.
I Frati Cappuccini ripararono
l'antica chiesa e l’annesso
convento e nel 1585 innalzarono
una torre di segnalazione a
schermo delle barbaresche
incursioni che poi fu demolita
nel 1895.
Dal
1730 al 1733, ad opera del
predicatore P. Bonaventura La
Rosa, al di sotto della chiesa
furono ricavate delle cripte,
con una centrale più grande
(tuttora esistente anche se
modificata) per la sepoltura dei
frati. Nel 1867, dopo la
confisca dei beni religiosi, il
convento, divenuto proprietà del
Comune di Terranova di Sicilia,
fu riattato e trasformato prima
in lazzaretto; poi, a partire
dal 1870, ospitò l’ospedale
civico, un sifilicomio, un
ricovero per trovatelli e una
Scuola Agraria, mentre
dall’orto-giardino nel 1878 fu
ricavata l’attuale Villa
Comunale. Nel 1935 fu
costruita la navata sinistra e
il 30 giugno dello stesso anno
la chiesa fu consacrata a San
Francesco e alla Madonna delle
Grazie dal vescovo di Lipari
Fra’ Bernardino Re Cappuccino.
Nel 1962, su una parte di
superficie ricavata dalla
demolizione del vecchio
convento, fu edificata la navata
sud. Fino alla fine degli anni
Sessanta il Convento di Gela
ospitava una quarantina di
giovani seminaristi, aspiranti
frati cappuccini.
La Chiesa dei PP. Cappuccini
oggi
La
chiesa presenta una facciata con
lastre di pietra bianca delle
cave di Comiso con portali in
stile neo-gotico dei tre
ingressi con strombature e
colonnine, rosone a ruota con
vetrata e due piccole torri
(senza campane) con cuspidi; il
tutto realizzato nel 1944 su
progetto dell’Arch. Enrico
Borra. Sempre sulla stessa
facciata sono presenti due
nicchie, disposte ai lati
dell’ingresso principale, con i
simulacri della Madonna delle
Grazie e di San Francesco
d’Assisi realizzati dai fratelli
Pulichino di Comiso.
Verso la fine degli anni
Cinquanta il confinante
convento, assieme all’antico
chiostro, fu demolito e
successivamente ricostruito. Ed
ancora, oltre al trasferimento
del campanile a vela con
relativa campana del 1864 (dalla
facciata principale al terrazzo
dietro la cuspide della chiesa),
le nicchie dell’antica cripta
centrale, dopo il trasferimento
degli scheletri dei frati
nell’ossario comunale, furono
tamponate per essere poi
eliminate. La chiesa fu
decretata parrocchia nel 1966.
Nella chiesa dei PP. Cappuccini,
oltre a quattro lapidi e diverse
statue (di cui alcune lignee di
pregio), si evidenzia
un altare con stemma mariano sul
cui ciborio si trova il
dipinto
della Graziosa Vergine degli
Ammalati, attribuito
al pittore palermitano Luigi
Borremans (1715/1720-1749),
figlio del più noto pittore
fiammingo Guglielmo; nell’altare
centrale esiste un
pregiato e grande polittico del
1722 con quattro dipinti del
terranovese Calogero Avvocato
con cornici in legno intarsiate
raffiguranti Santa Apollonia,
Santa Cecilia, San Venanzio e
San Vito; al centro del
polittico esiste
un’intercapedine con la statua
del 1813 raffigurante la Madonna
delle Grazie col Bambino,
commissionata dal Cappuccino P.
Benevenuto Battaglia allo
scultore palermitano Vincenzo
Genovese; davanti a
questa statua scorre un dipinto
su tavola del 1700 raffigurante
Santa Maria della Porziuncola
attribuito a Filippo Paladini;
sempre nell’altare centrale,
inoltre, è presente un’artistica
custodia del 1691
in legno
scuro a due ripiani del SS.
Sacramento, opera di Girolamo e
Innocenzo da Malta. Nella chiesa
è presente un tetto a capriata,
coperto una volta da un soffitto
a cassettoni, e una cantoria
lignea con intarsi.
Nel
transetto, infine, vi sono
quattro dipinti: quelli di San
Serafino di Montegranaro, di San
Fedele di Sigmaringa, della
Sacra Famiglia con San Bernardo
di Corleone,
di epoca
secentesca attribuito ad
un pittore della scuola di Guido
Reni, e di San Lorenzo di
Brindisi, probabilmente anche
questo di epoca secentesca.
Lungo il corridoio della
canonica fino a diversi decenni
fa esisteva una serie di
tele
ottocentesche raffiguranti dei
PP. Cappuccini.
La
chiesa dei Cappuccini è dedicata
al culto della Madonna delle
Grazie la cui festa ricorre il 2
di luglio.
Maria Lactans
o Madonna del Latte
La
Madonna del Latte nella chiesa
dei PP. Cappuccini è un dipinto
su tavola del Settecento
raffigurante la “Graziosa
Vergine degli Ammalati”,
attribuito al pittore Luigi
Borremans; tale dipinto in
epoche passate, prima del suo
trasferimento a Gela, si trovava
nella chiesa dei PP. Cappuccini
di S. Filippo di Agira in
provincia di Enna.
Quello della Madonna è il tema
iconografico più ricco di tutta
l’arte cristiana. L’iconografia
è risalente all’Antico Egitto,
epoca in cui erano diffusissime
le immagini della dea Iside che
allattava il figlio Horus e il
cui culto durerà ancora a lungo
intrecciandosi con il
Cristianesimo. Tra i vari tipi
di icona che i crociati
portarono dall’Oriente,
particolare fortuna ebbe in
Occidente il tipo della
Galaktotrophousa, cioè della
Madonna che allatta il Bambino,
un tema diffuso dal XII a tutto
il XVIII secolo.
In questo dipinto
viene rappresentata la Madonna
allattante con il Bambino tenuto
col braccio destro (a differenza
della statua della Madonna delle
Grazie dell’altare maggiore che
lo tiene sul braccio sinistro),
il quale è ritratto in modo del
tutto naturalistico mentre è
rivolto verso lo spettatore
sulle ginocchia della Madre che
ha il seno scoperto. L’iconografia della Madonna del Latte decadde con il Concilio di Trento i cui dettami imposero ai vescovi di eliminare o ritoccare tutte quelle immagini ritenute sconvenienti e fuorvianti.
Le statue bronzee
Il
4 ottobre 1983 sul piazzale del
belvedere antistante al
convento, nella ricorrenza
dell’8° centenario della nascita
di San Francesco d’Assisi fu
inaugurata una statua bronzea
del Santo; nel dicembre del 2008
sulla parte più alta del
terrazzo del convento fu
istallata una statua in lega
bronzea, dotata di un meccanismo
ruotante, alta 6 metri del peso
di 18 quintali.
Le canderole e la svestizione
durante la processione
La
seguente giaculatoria, risalente
alla notte dei tempi, compendia
una immutata tradizione locale
di devozione alla Madonna delle
Grazie:
O Maria di li Razzi
‘nni Vui
vegnu ppe’ razzi
ppi’ ssi tririci scaluna chi
cchianastivu a ddunucchiuna
ppo’ Bamminu c’aviti ‘mbrazza
cunciritimi ‘sta razzia
L’incoronazione della statua
della Madonna il 1° luglio del
1958 Preceduta il 28 giugno del 1958 da un solenne pontificale in rito armeno, celebrato da S.E. il Vescovo Mons. Cirillo Zohrabian Padre Cappuccino di Costantinopoli, tre giorni dopo, il 1° di luglio, la statua della Madonna e del Bambino furono incoronate sul sagrato della Chiesa Madre dal Cardinale Clemente Micara alla presenza di Salvatore Aldisio, del Sindaco Vitali, di altre autorità e di uno strabocchevole concorso di popolo. Le corone auree furono realizzate nel 1958 dalla Ditta romana di Arte Sacra dell’Ing. Arnaldo Brandizzi; le foto di tutta la cerimonia furono scattate dal fotografo Com. Attilio Gugliemini e donate per devozione dallo stesso al Convento dei PP. Cappuccini dove tuttora si trovano.
Incoronazione della statua
DA GELA, NEL LUGLIO DEL 1943,
PARTI’ LA LIBERAZIONE
DELL’ITALIA
Il
10 luglio 1943 Gela e la sua
costa furono l’epicentro di
vicende mondiali. La storia di
Gela divenne storia nazionale e
mondiale e la storia nazionale e
mondiale si fece storia gelese.
Il 10 luglio non fu allora
solamente l’inizio della
liberazione della Sicilia ma
anche l’inizio del crollo del
regime fascista. Qui è avvenuta
la “Battaglia di Gela”, il primo
e più importante tragico e
cruento conflitto tra americani
della VII armata USA e soldati
della Divisione “Livorno”
dell’allora Regio Esercito
Italiano. Divisione Livorno che
allora, nonostante il
soverchiante numero di mezzi e
di soldati americani, tenne alto
e salvò l’onore militare di una
intera Sicilia a differenza di
altre parti dell’Isola dove
prevalsero la resa, la fuga e il
tradimento. Qui si trovano
ancora i luoghi della memoria
che nel silenzio assordante
della pianura ci evocano ancora
con forza il sacrificio umano.
La Regione dovrebbe incentrare a
Gela l’anniversario dello sbarco
Alleato
Quindi è a Gela, come sostiene
con forza lo scrivente, che si
dovrebbe imperniare l’interesse
di tutta la comunità, non solo
siciliana e italiana, ma
anche
europea nel ricordo di questo
importante avvenimento.
Pertanto, sarebbe giusto e
opportuno che la Regione, a
partire da questo prossimo 78°
anniversario dello sbarco
Alleato, incentrasse e
valorizzasse qui a Gela l’etica
della storia dell’olocausto di
migliaia di soldati e civili.
Proprio qui a Gela dove è
partita la rinascita della
democrazia.
Notizie dell’Intelligence
alleata
in un opuscolo dato alle truppe
prima dello sbarco
La preparazione dello sbarco
alleato in Sicilia si basò anche
sull’azione dei servizi segreti
anglo-americani i quali nella
preparazione dello sbarco
contribuirono a far conoscere a
priori la situazione sociale,
economica e politica della
realtà siciliana;
Sicily Zone Handbook 1943 e
Soldier’s Guide to Sicily,
due pubblicazioni distribuite
prima dell’invasione alle truppe
da sbarco, riportavano infatti
notizie sulla Sicilia di allora
riferite alla topografia, al
clima, alla mafia, alle
tradizioni religiose, agli usi e
costumi, al dialetto, alla
salute e alle malattie
(dissenteria, tifo, malattie
veneree, malattie trasmesse
dall’acqua, ecc.), alle monete,
a pesi e misure, alle antichità,
ai notabili ed agli
amministratori di tutti i
comuni, alle organizzazioni
ecclesiastiche, alla pubblica
istruzione e persino alle
superstizioni.
Su uno dei due opuscoli si legge
“…il siciliano medio vive di
pasta (la famiglia degli
spaghetti-maccheroni) con salsa
di pomodoro e un po' di carne,
sarde, tonno, formaggio o olio
d'oliva per aggiungere una
varietà di sapori”, mentre
in quella parte riferita alle
province e ai comuni, alla voce
Gela tra l’altro si legge:
“Popolazione di 32.885 abitanti
(1939);
Podestà (Mayor): Comm. Vincenzo
Gueli (1939);
Segretario Capo del Comune:
Michele Colucci (1942);
Segretario politico Casa del
Fascio: Francesco Battaglia
(1939);
Conciliatore (arbitrator) Deputy:
Cav. Angelo Bevilacqua (1941);
Parroco (parish priest): Don
Emanuele Martorana;
Banfi: Rural Bank in
liquidazione con il Cav. Giacomo
del Guercio in qualità di
commissario (1943); Esattore (collector
of taxes): Banco di Sicilia
(1939)”.
Mafia e
massoneria a servizio degli
Alleati
Oltre all’azione dei servizi
segreti, importante in diverse
zone della Sicilia fu anche
l’appoggio di
Cosa Nostra all’intervento
anglo-americano che poi, a
operazione Husky conclusa, fu
contraccambiata dalla
condiscendenza del governo
militare provvisorio, l’AMGOT (Allied
Military Government Occupied
Territory) nel favorire
esponenti mafiosi che spesso
oltre ad assumere cariche di
prefetto e di sindaco ebbero
mano libera sul mercato nero ed
altre illegali attività. Una
cosa rimane certa, nel 1943 la
mafia isolana, rinvigorita dalla
benevolenza degli americani,
pose le basi per il controllo
totale di diverse attività
lucrose, attività che nei
decenni a seguire, grazie
soprattutto alla collusione con
politici felloni, le fecero
assumere un notevole potere
economico e di anti-stato. I
mafiosi Genco Russo, Calogero
Vizzini e Lucio Tasca Bordonaro,
tanto per fare un esempio,
allora per il loro “contributo”
agli americani, furono
“premiati” con la carica di
primo cittadino rispettivamente
a Mussomeli, a Villalba e,
addirittura, a Palermo.
A
quanto sembra, infine, anche
diverse logge massoniche
collaborarono con l’intelligence
anglo-americana in particolare
quella operante a Gela che
vantava allora una tradizione
abbastanza consolidata senza
escludere i suoi precedenti
probabili rapporti con le logge
massoniche americane.
La
difesa della Sicilia fu
un’impresa quasi impossibile,
non come più volte affermato per
la sproporzione tra le truppe
alleate e quelle italo-tedesche
(181.000 uomini nelle prime e
260.000 nelle seconde), ma per
la superiorità degli Alleati nel
dominio del cielo e del mare;
peraltro, vincente fu il fatto
che la gittata dei cannoni delle
navi Alleate poteva arrivare
fino a 30-40 Km. di distanza e
ciò permetteva alle stesse navi
di essere lontani dalla costa e
quindi di non incappare nelle
acque minate; e i tiri di
interdizione indisturbati delle
navi statunitensi, tra il 10 e
il 12 luglio contro le Divisioni
“Livorno” e “H. Goering”, nella
piana di Gela ne furono la
dimostrazione.
10 luglio 1943 sbarco americano, foto dal ponte di una nave con a sinistra resti del pontile sbarcatoio
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