QUOTIDIANO La Sicilia DISTRETTO GELESE Giugno 2020
C’ERA
UNA VOLTA LA CHIESA DI SAN ROCCO
Alcuni lustri fa si
parlò con insistenza dell’acquisto di diversi
antichi immobili che il Comune di Gela intendeva
effettuare; si parlava del Palazzo Mallia
(proprietaria la Sig.a Marisella Aldisio) con i
suoi splendidi saloni, del palazzo del Gran
Croce Antonino Nocera (proprietari gli eredi del
prof. Mucio Tedeschi) dove esistevano
interessanti affreschi ottocenteschi, dell’ex
chiesuola di San Rocco, o meglio ciò che
rimaneva di essa (proprietari la curia e gli
eredi del Barone Emanuele Vella), eccetera.
Purtroppo, fino ad oggi di tali acquisti
non si è fatto nulla. Incuria e disinteresse
hanno sempre prevalso.
La nostra attenzione oggi è riservata solamente
a uno di tali edifici: la chiesetta di San
Rocco. Essa fu edificata nei primi decenni del
1700, a opera della Fratellanza di San Filippo
Neri, in uno stile semplice e lineare. La
facciata possedeva diverse modanature, un
piccolo ingresso servito da cinque gradini, e
due finestre di cui una bifora con arco a sesto
acuto. Sulla sommità dell'edificio si trovava
una torretta con un orologio (il nostro Comune
ne aveva in concessione l'uso perpetuo),
provvisto di tre quadranti e due piccole
campane; questo impianto e quello del convitto
Pignatelli erano fino agli anni Quaranta gli
unici orologi pubblici di Gela.
Nel 1789 si ha notizia che la chiesuola ottenne
il diritto di patronato a titolo di erezione;
come finì poi nel novero delle proprietà del
suddetto Barone Vella non è dato sapere. Dal
settembre del 1945 al maggio del 1950,
l'edificio, già da diversi anni sconsacrato ed
in parte pericolante, fu affittato al Comune e
utilizzato come magazzino di deposito.
L'ultimo orologio impiantato nella torretta
della chiesa di San Rocco fu fornito nel 1923
dall’
Officina Meccanica Poli & Bellotti,
Fabbrica
di grossi orologi da torre di Milano.
L'orologio, i cui quadranti misuravano
quasi due metri di diametro e con un peso
ciascuno di 150 Kg., possedeva un meccanismo che
tramite dei martelletti faceva suonare per
percussione due piccole campane con “...
le ore da
una a dodici,
i quarti da uno a tre, meridiana,
scuola,
mezzogiorno, ritirata serale,
eccetera,
con la durata minima in carica
trenta ore ... “. L'ultimo orologiaio che
ebbe il compito di caricare e regolare
quotidianamente l’orologio fu Giuseppe Mangione.
Più di mezzo secolo fa la chiesuola, resasi
pericolante per la vetustà, fu in un primo tempo
privata della torretta e dell’orologio e poi
demolita quasi completamente perchè fatiscente.
Di essa sono rimasti i muri perimetrali e
le nicchie degli altari, oltre ad una statua
raffigurante San Rocco, recuperata alcuni
decenni fa dal compianto Mons. Grazio Alabiso.
La parte prospiciente il corso fu
chiusa, come già riferito, da un alto muro di
tufo, un obbrobrio,
che fino ad oggi non si è pensato nemmeno di
intonacare.
È un peccato oggi lasciare in
pieno centro storico questo
spazio inutilizzato che
potrebbe, se
opportunamenteutilizzato,
soddisfare diverse esigenze
della città. Nuccio Mulè.
LA DOMINAZIONE ARABA IN SICILIA
Tra il 535 e il 878 d.C., anni
d'inizio e fine della
dominazione dell'Impero Romano
d'Oriente in Sicilia, nel
territorio di Gela vissero
popolazioni bizantine e la
chiesetta di San Biagio,
all'interno del Cimitero
Monumentale, probabilmente ne è
una dimostrazione. Alla
dominazione di Bisanzio
seguirono poi quella Araba e, a
partire dal 1061, quella
Normanna per poi passare a
quella Sveva.
La dominazione araba del
territorio di Gela si può
collocare a cavallo dei secoli
IX e XI, in particolare, gli
Arabi sbarcarono in Sicilia il
17 giugno dell'827 essendo stati
richiamati da Eufemio, un
rinnegato bizantino in
disaccordo con Costantinopoli;
il perno della loro presenza nel
territorio di Gela divenne
Butera perché da questa città
fortificata si assicurava il
controllo e il dominio della
piana; nel 1099 i Normanni,
però, la espugnarono partendo
proprio da Gela, loro caposaldo.
Cadeva così uno degli ultimi
baluardi della dominazione araba
nell'Isola anche se essa non fu
subito soppiantata perché era di
livello superiore ed anche
perché era capillarmente
diffusa.
Gli Arabi introdussero nella
pianura di Gela la coltivazione
del cotone, l'allevamento del
baco da seta e diverse
progredite tecniche di
coltivazione ed irrigazione; in
particolare, le vestigia del
sistema di irrigazione musulmano
si conservano tuttora sia nel
lessico, vedi i termini
gebbia,
saja, ecc., sia in alcune
zone del territorio come ad
esempio nei pressi del lago
Biviere dove esistono ancora i
resti di un sistema di prelievo
di acqua a scopo irrigativo con
vasi o secchi mobili. Inoltre,
fu introdotta la produzione di
ceramiche vetrificate la cui
industria ebbe un notevole
sviluppo nei secoli. Sotto gli
Arabi l'intera Sicilia, parte
attiva del ricco impero
musulmano, risorse a splendida
vita culturale, economica e
civile; la cultura araba eccelse
soprattutto negli studi
letterari e linguistici, in
quelli della scienza e del
diritto. I Musulmani costruirono
grandi palazzi con parchi e
moschee, di cui però, ben poco
rimane; ma il loro stile
architettonico e decorativo
continuerà in quello normanno.
Gli storici hanno dato e danno
giudizi positivi sulla
dominazione araba in Sicilia,
anche se i Siciliani furono
spesso discriminati, infatti,
dovevano pagare una tassa per
continuare a professare la loro
religione, non potevano suonare
le campane delle chiese, era
proibito loro portare armi anche
per legittima difesa, dovevano
cedere il passo agli arabi ed
alzarsi quando gli stessi
entravano in un locale e,
inoltre, portare un distintivo.
Gli ultimi decenni della
dominazione araba in Sicilia
furono insanguinati da guerre
intestine di stessi musulmani
che si erano divisi in tre
fazioni, una capeggiata da
Ibn ath Thumma nella Sicilia
Orientale, quella dei siciliani
convertiti all'Islam nella
Sicilia Occidentale e quella
di Ibn al Awas nell'Ennese;
il che favorì, nell'arco di
trent'anni (1060-1091), la presa
dei Normanni dell'Isola con
Ruggero chiamati da
Thumma per meglio difendersi
dai suoi avversari. Con la
conquista normanna si avviò un
processo di trasformazione
dell'assetto territoriale e di
ridistribuzione della
popolazione sul territorio che
continuò per tutto il XII secolo
e su cui Federico II intervenne,
dandogli connotati che poi si
manterranno nei loro aspetti
essenziali fino all'avvio del
processo di colonizzazione
tardo-cinquecentesca e
secentesca.
Non c'è dubbio che l'età sveva
concluda, dal punto di vista
politico-costituzionale, quel
periodo normanno della storia
siciliana. Tale periodo riveste
una tale importanza che alcuni
storici fanno iniziare la storia
della Sicilia, come storia del
popolo siciliano, appunto dalla
conquista normanna.
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