QUOTIDIANO La Sicilia DISTRETTO GELESE Febbraio 2021 ARGOMENTI Ricordo di quella piazza con cinque chiese Facebook anche per la storia dimenticata di Gela VINCENZO MAUGERI ZANGARA LETTERATO, SCRITTORE E ROMANZIERE DI GELA LA CARTOLINA DI OGGI |
Ricordo di quella piazza con cinque chiese
Piazza Sant’Agostino, ritornata qualche lustro
fa alla primigenia denominazione dopo che nel
1915 era stata dedicata allo statista Antonio
Salandra, risale probabilmente alla fondazione
di Terranova. Sulla piazza fino allo scorso
secolo si affacciavano ben cinque chiese: quelle
di Sant’Agostino con annesso convento (XIII sec.
?), San Francesco di Paola (1738) con annesso
orfanotrofio, Santa Lucia (XVI sec.), San Nicola
di Bari (XVI sec.) e San Giovanni di Dio (del
XIV sec. con annesso ospedale); di esse oggi
sono rimaste solamente le prime due,
Sant’Agostino e San Francesco di Paola.
Nella piazza esiste un edificio di
proprietà comunale, il Teatro Eschilo (già
Teatro
Garibaldi, costruito nel 1832 sullo stesso
sito della chiesa di San Giovanni di Dio e
dedicato alla regina Maria Teresa d’Austria)
chiuso nel 1975 e riaperto dopo ben 38 anni, il
27 febbraio 2013. Fino agli inizi degli anni
Sessanta tutta la superficie della piazza era
provvista di basolatura in pietra bianca
ragusana con al centro una caratteristica
fontanina d’acqua potabile (‘u
cannolu).
Per diversi decenni lo spazio su cui
sorgeva la chiesa di San Nicola fu utilizzato
come deposito di automezzi dell’allora vicina
caserma dei Vigili del Fuoco prima del loro
trasferimento in Contrada Margi. Nel 2010 tale
spazio fu interessato dallo scavo archeologico
con il ritrovamento di una circoscritta
necropoli greca, delle sepolture di epoca
cinquecentesca e di resti scheletrici.
A lato del convento dei PP. Agostiniani
esisteva fino agli anni Sessanta un largo in cui
erano ubicati dei gabinetti pubblici di tale
inteso Campanaro e la chiesa cinquecentesca di
Santa Lucia; dalla superficie del largo e dalla
chiesa, impunemente demolita, è stata ricavata
l’attuale via De Sanctis che fa accedere
direttamente alla confinante via Porta Vittoria.
Piazza sant’Agostino spesso fino agli
inizi degli anni Sessanta ospitava dei piccoli “circhequestri”
(circhi equestri) come il Bisbini (Ginetto
Bisbini, artista eclettico di Trapani, uno dei
primi a portare un circo in Sicilia), il
Pierantoni, ecc. con la presenza estemporanea
del cantante gelese Pino Cammilleri.
Molte sono state a Gela le
penalizzazioni che ha subito il suo centro
storico, a dismisura dagli anni Sessanta in
poi; Piazza Sant’Agostino sicuramente è stata
una di quelle che ha subito il maggior
deturpamento e l'attenta osservazione di antiche
cartoline d’epoca ci fa cogliere le più
significative differenze di allora rispetto ad
oggi.
Piazza Sant’Agostino, ieri bella e
vivibile dalla gente, oggi posteggio d'auto e
fino a qualche decennio fa mercato
ortofrutticolo abusivo. Piazza Sant’Agostino
deturpata da uno progetto che peraltro ne ha
ridotto sensibilmente la superficie con la posa
di parallelepipedi litici, definiti popolarmente
come “tabuti”
(casse da morto), e aperta al traffico
veicolare.
Che cosa rimane oggi oltre alle due
chiese, al teatro e al settecentesco palazzo Di
Fede se non una lapide dedicata dagli studenti
delle Medie superiori all’innocente Grazia Scimè,
uccisa in una sparatoria durante la funesta
guerra di mafia degli anni Ottanta, che
ricorderà ai posteri
“.... la
virulenza delle barbarie criminale”.
Nuccio Mulè
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Facebook
anche per la storia dimenticata di Gela
Da diversi anni lo
scrivente utilizza il social facebook per
divulgare avvenimenti, immagini e notizie varie
del recente passato e dell’attualità di Gela con
un numero sempre crescente di “amici”, che oggi
si attestano intorno ai 4.500, e con una media
annua di 40.000 “mi piace”. Spesse volte, grazie
al contributo collettivo dei commenti, è
capitato di apprendere notizie inedite, frutto
di testimonianze personali, che si sono
dimostrate preziose per ampliare brani di storia
dimenticati del recente passato della nostra
comunità. E per fare un esempio prendiamo il
caso più recente che ha riguardato la
ricostruzione da zero, anche se ancora
incompleta, della storia e delle vicissitudini
di una piccola industria di artigianato locale,
quella dell’ex “Molino-Pastificio Maione” di via
Porta Vittoria, oggi un fabbricato fatiscente
abbandonato da più di un cinquantennio dai
proprietari. E non si tratta solamente di
ripercorrere la storia di questo opificio,
sarebbe stato riduttivo, ma anche di
rispolverare una tipologia tradizionale
importante di artigianato locale sulla
lavorazione del grano e dei relativi prodotti da
esso derivati, dalla farina alla pasta,
artigianato questo denominato “Arte bianca”.
Quanti molini e
pastifici esistevano a Gela fino agli anni
Cinquanta, anni in cui furono dismessi?
Difficile dare una risposta, una cosa certa è
che la loro distribuzione interessava tutto il
centro storico murato e la sua periferia, senza
escludere forse la loro ubicazione anche
nell’agro gelese; comunque in un prospetto di
fine Ottocento, dal titolo “Industria
Manifattrice”, reperibile presso il locale
Archivio storico, sono riportati i numeri di
venti fabbriche di pasta e ventisette di
“Molini
a grano”, mentre in un altro del 1927 si
leggono:
Stabilimento Industriale “Gela” Molitura grani e
sgranellatura cotone di Bresmes e C. con 12
operai, ubicato
in contrada Settefarini; “Stabilimento
La Sicilia di La Rosa Cav. Calogero, molitura
grani cilindri e palmenti” con 8 operai
ubicato in via Apollo; “Stabilimento
Maria SS. delle Grazie macinazione grano e
sgranello cotone dei Fratelli Maganuco e C.”
con 30 operai tra uomini e donne ubicato in via
XX Settembre (oggi via S. Aldisio);
“Stabilimento S. Francesco di Paola sfarinati di
Cannilla Alessandro e C.” con 7 operari
ubicato in contrada
Orto
Bugè, un quartiere a sud di piazza Calvario.
A questi opifici aggiungiamo quelli che gli
amici di FB ci hanno indicato e cioè: in via
Tevere a lato dell’ex passaggio a livello, oggi
via Recanati, denominato “SpA
Molino Pastificio Gela” (nato dalla
conversione di un preesistente cotonificio
denominato “Molino
a Cilindri Gela” con annesso sgranellatoio
di cotone di tale Arrostuto Antonio fu Antonio);
ex Molino di proprietà di Luigi Liardi in via
Gen. Cascino; due molini di denominazione
sconosciuta in via Dinomane, demolito qualche
lustro fa, e in via Fratelli Bandiera di
proprietà di tale Bosco; ed ancora i molini
D’Argenio e Domicoli.
La dismissione dei
molini di Gela a partire dagli anni Cinquanta
probabilmente accadde in quanto gli stessi non
furono più capaci di sostenere la concorrenza
dei prezzi delle grandi industrie della pasta
che capillarmente distribuirono nel dopoguerra i
loro prodotti in tutta la nazione.
Lasciamo per un
momento gli amici di facebook e iniziamo a
scrivere una brevissima storia di antichi molini
dell’agro locale risalenti addirittura al XVI
secolo; infatti, dalla cinquecentesca Diga
Grotticelle sulla Piana del Gela che sbarrava le
acque del fiume omonimo, si partivano due
canali, detti in vernacolo “saie”,
di cui una era demominata
“saia dei mulini” appunto perché la sua
acqua oltre a irrigare diversi terreni
alimentava dei molini di cui non ci è dato
sapere il loro numero. Inoltre, dai primi
decenni del 1500 esisteva un molino nei pressi
dell’attuale Museo Archeologico in cui il
funzionamento della molitura del grano avveniva
grazie all’energia eolica; infatti, tale
definizione spiega la denominazione di
Molino a
Vento data al quartiere in prossimità
dell’ex Parco delle Rimembranze; dunque, un
classico mulino a vento, simile probabilmente a
quelli olandesi o a quelli delle saline
trapanesi. Peraltro, di tale mulino locale se ne
ha attestazione in una planimetria del 1825,
ritrovata da chi scrive nella sede dell’Archivio
Gentilizio Pignatelli dell’Archivio di Stato di
Napoli nel 1990, con la denominazione di “Molino
di Vento antico”; si ha notizia che tale
mulino a vento fu demolito nel 1894. Inoltre, in
due carteggi del 1881 e del 1889 presenti sempre
nel locale Archivio storico comunale, dal titolo
“Industrie
e Nomi degli industriali”, sono riportati
tra l’altro i nominativi dei proprietari delle “Fabbriche
di Paste da minestra” (non si nasconde il
fatto che l’esistenza di tale pasta per lo
scrivente sia stata una novità) che producevano
pasta
venduta spesso al ceto popolare di cui ne faceva
largo uso al punto tale che nel tempo divenne
oggetto di metafora tipo “O
ti mangi ‘sta minestra o ti butti dalla finestra”,
“La
solita minestra riscaldata”, ecc.
Qui di seguito scriviamo i
nomi dei proprietari di queste “fabbriche”
di pasta da minestra: Cattuti Emanuela, De Maria
Angelo, Paolo Di Paola, Paolo Di Pietro (forse
titolare del Molino omonimo nel quartiere
Molino a
Vento), Gioffrè Santi & C., Grasso Isidoro e
frat., F.lli Guccione Francesco e Gaetano,
Guccione Francesco e figli, Guerreri Vincenzo e
Carmela, Rosario Lo bello, La Russa Salvatore,
Maganuco Melchiorre, Melilli Caterina, Pisano
Filippo, Rimando Nunzio e Calogero, La Rosa
Michele (titolare dello “Stabilimento
industriale LA SICILIA Molino a cilindri”),
Salpietro Paolo,
Stimolo Rocco, Vacca Saveria, Zafarana
Luigi e Angelo, Zuppardo Nicolò e Salvatore.
E per
finire ritorniamo ai nostri amici di facebook e
quindi al nostro opificio di cui ci eravamo
promessi di realizzare una minima storia. L’ex
opificio Maione (dal nome del proprietario
Angelo Maione, uomo probo e generoso, nominato
Cavaliere dell’Ordine al Merito del Lavoro della
Repubblica), con un caseggiato di 75 X 23 metri,
era un classico Molino a cilindri con
semolatrice,
una delle principali componenti di un impianto
molitorio completo, dove veniva macinato il
grano (duro o tenero non si sa, forse tutt’e
due). La farina ottenuta passava in un altro
impianto per produrre la pasta, particolare
ricavato grazie alle informazioni fornite dagli
amici che si sono sempre riferite ad un
pastificio. Quindi si doveva trattare di un
Molino-Pastificio. D’altro canto, oltre a
questo, lo scrivente ne ricorda altri due,
quello di Luigi Liardi in via Generale Cascino e
l’altro in via Tevere (di quest’ultimo l’amico
Giovanni Di Vita ha regalato allo scrivente un
coppo di carta che serviva a contenere 5 Kg. di
pasta di cui si riporta la foto). Un brutto
giorno, però, nell’estate del 1945 lo
stabilimento del Maione andò a fuoco con la sua
totale distruzione tant’è che lo stesso mai più
riprese a funzionare. L'incendio dello
stabilimento non fu causato da un corto
circuito, come si pensò a suo tempo, ma fu
appiccato dolosamente da un operaio che vi
lavorava (la confessione fu fatta dallo stesso
in punto di morte), stranamente convinto di
perdere il posto di lavoro per le migliorie
tecniche che si stavano introducendo nel molino.
Sfumati così “…tutti
i sogni della famiglia e un po’ anche dei
gelesi, perché questa attività portava lavoro a
tanti...”,
“…in
un attimo, tutto è andato in fumo...pure i sogni
di una vita!”
(parole della Sig.a Vella, nipote del Maione).
Si ringraziano ancora gli amici di FB e in
particolare le Sigg.e Manuelita Vella, Daniela
Ravalli e Angela Bruccoleri nonchè i Sigg.
Ciccio Di Benedetto e Roberto Fasciana.
Nuccio Mulè |
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VINCENZO MAUGERI ZANGARA LETTERATO, SCRITTORE E ROMANZIERE DI GELA |
Lo scrivente si è sempre chiesto quanti personaggi della recente storia gelese sono finiti nel più totale oblio anche se da diversi decenni i cultori di patrie memorie locali ne hanno recuperati molti e comunque sempre pochi rispetto al loro reale numero. E non vogliamo addentrarci nella sfera degli avvenimenti del Risorgimento, dell’Unità d’Italia e delle due ultime guerre mondiali per citare nomi di gelesi sconosciuti ai più che attraverso le loro valorose azioni hanno contribuito a difendere la Patria a costo anche dello sprezzo della vita. Come già detto prima, si precisa che il riferimento di oggi è rivolto a personaggi della storia recente della nostra comunità e non a quelli che sicuramente sono esistiti in epoca medievale e greca; addirittura quelli di quest’ultima epoca sono paradossalmente più conosciuti. Nel peregrinare tra archivi, emeroteche, pubblicazioni antiche e ricerche sul web, lo scrivente sin dagli anni Ottanta è riuscito a far emergere dal dimenticatoio diversi personaggi dandogli una collocazione temporale e descrivendone, dove è stato possibile, anche una biografia. E iniziando dal periodo risorgimentale non è superfluo qui citarne alcuni come Giuseppe Navarra (membro del Parlamento Siciliano nel periodo 1848-49, esiliato dal governo borbonico a Malta assieme ad altri conterranei), il barone Aliotta Gaetano (incarcerato dai Borboni e morto in esilio a Lipari), i garibaldini Felice Paino, De Leito e Calogero Barone, il cardinale di Santa Madre Chiesa Antonio Maria Panebianco, lo scrittore e patriota presidente del Fascio dei Lavoratori di Terranova Mario Aldisio Sammito, il poeta prof. Giovanni Sisto, lo scrittore Carmelo ventura, il tenore di fama mondiale Gaetano Ortisi, il presidente di Corte di Appello Giuseppe Di Menza, il Comm. Antonino Nocera (Sindaco della città e Gran Croce della Corona d’Italia, massima onorificenza del Regno d’Italia), la scrittrice Giulia Caterina Donegani e altri ancora. Nel tematica di quanto scritto sopra, oggi si ha il piacere di presentare un altro personaggio, oggi conosciuto più niente che poco, vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Si tratta di Vincenzo Maugeri Zangara, proprio il padre del Contrammiraglio Francesco, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare italiana, quest’ultimo molto noto tra le nostre persone anziane ma anche a livello nazionale per i trascorsi nella Seconda Guerra Mondiale e nello sbarco Alleato a Gela del 1943 (di cui lo scrivente propose una minima biografia in una sua pubblicazione del 2008). Chi scrive, a proposito del personaggio scrittore in oggetto, ieri l’altro ha creato sul social facebook un post con un’immagine chiedendone agli utenti chi fosse. Sorprendentemente la risposta non si è fatta molto attendere e così Adriana Vella, una utente di FB, oltre a indovinarne il nome ha pure messo a disposizione una serie di foto e qualche notizia biografica dal momento che casualmente li aveva ritrovati in un vecchio e casale abbandonato della famiglia Nocera a Mautana, una contrada dell’agro gelese. Vincenzo Maugeri Zangara nacque nella vicina Niscemi il 23 giugno 1866. A quindici anni si trasferì con la famiglia a Terranova, oggi Gela, dove frequentò il Ginnasio, completando poi il liceo al “Nicola Spedalieri” di Catania; successivamente si laureo in Legge nel 1888. Rientrato in patria, si interesso di politica e oltre ad essere consigliere del sindaco fece parte della Congregazione di Carità e della Commissione permanente di vigilanza per la Banda civica; inoltre, ebbe l’incarico di docente di Lettere al Ginnasio e, per breve tempo, fu anche preside incaricato. Nel n. 292, del 1904, della Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia leggiamo infatti che il Maugeri “…è confermato nell'incarico dell'insegnamento delle materie letterarie in una delle classi inferiori del ginnasio di Terranova, con la rimunerazione in ragione di L. 1800 annue, dal 1° ottobre 1904 al 30 settembre 1905”. Nel 1894 convolò a nozze con Caterina Morso, scrittrice di una certa notorietà nel mondo letterario italiano “…lodata anche da Matilde Serao”. Maugeri fondò e diresse, dal 1888 al 1892, “Cronaca siciliana di lettere ed arti”, stampato in un’elegante veste tipografica dalla locale stamperia di Girolamo Scrodato; era un prestigioso e importante periodico di otto facciate nonchè uno spaccato della cultura italiana di fine Ottocento che pubblicava critica letteraria, poesie, narrativa, recensione di libri oltre ad articoli di Luigi Capuana, Mario Rapisardi, Edmondo De Amicis, Antonio Fogazzaro, Giovanni Verga, Mario Pratesi, Evelina Cattermole, meglio conosciuta con lo pseudonimo di Contessa Lara, ecc. Nel 1903 compilò “Pel re buono”, un numero unico per l’inaugurazione del monumento marmoreo al re Umberto I nella piazza principale di Terranova di Sicilia (“…Terranova negli estremi lidi d’Italia, la più meridionale città della forte Sicilia fu la prima che pensò ad erigere a S. M. Umberto I un monumento per pubblica e spontanea sottoscrizione…”), opera dello scultore palermitano Antonio Ugo. Maugeri per i suoi trascorsi, su proposta del ministro dell'Interno, ebbe conferiti i titoli di Cavaliere dell'Ordine del Merito civile di Savoia e quello di Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia. Narratore, giornalista e autore di numerosi saggi, Maugeri collaborò con alcuni maggiori periodici a diffusione nazionale dell’epoca come il “Fanfulla della Domenica” (principale settimanale politico e letterario dell'Italia post-unitaria pubblicato a Roma), la “Tribuna” (un quotidiano fondato a Roma dai politici Alfredo Baccarini e Giuseppe Zanardelli della corrente della Sinistra storica), e la “Gazzetta Letteraria” (settimanale artistico-letterario fondato a Torino con la collaborazione dei maggiori letterati d’Italia di allora). Abbastanza attivo come critico letterario, Maugeri collaborò anche con altri numerosi giornali come "Battaglia bizantina” di Bologna, “Cordelia” di Firenze, “Cornelio Tacito” di Terni, “Cronaca napoletana”, “Cronaca nova”, “Cronaca tiberina” di Roma. “Cronaca rossa” di Milano, “Domenica fiorentina”, “Flora del Mincio” di Mantova, “Flora mirabilis” di Torino, “Gazzetta musicale” di Milano, “Lente” di Firenze, "Mignon” di Napoli, “Natura ed arte” di Milano, “Rassegna femminile” di Milano, “Rassegna pugliese”, “Rivista contemporanea” di Firenze, “Saffo” di Torino, "Tribuna” di Roma; in Sicilia collaborò con “Arte” di Catania, “Giornale di Sicilia” di Palermo,”Omnibus” di Mistretta, "L’imparziale” di Giarre, ecc. Fu anche fine romanziere con “Nobiltà corrotta” (dove, con una tipica prosa colta di secondo Ottocento, a livello lessicale il Maugeri introdusse molti arcaismi non comuni) che al suo apparire nel 1887 ebbe un buon successo, attestato tra l’altro, dalla stampa di una seconda edizione, dalle recensioni positive pubblicate su una quindicina di periodici e anche dagli elogi di Edmondo De Amicis e di Augusto Lenzoni; in “Nobiltà corrotta” e in altre sue pubblicazioni Maugeri Zangara nel linguaggio della critica letteraria si mostrò palesemente proiettato verso il verismo e lo psicologismo con la tendenza a sopravvalutare l'importanza dell'elemento psicologico. Ed ancora altri romanzi come “Vittima” e “Senilia”, quest’ultima una pregiata monografia storico-letteraria sulla Sicilia, stampata nel 1890 a Catania da Niccolò Giannotta Editore, composta da tre saggi; il primo sulla presenza greca nell’isola, il secondo sul mito di Dafni secondo Diodoro Siculo e il terzo sul dialetto siciliano. Il nostro Maugeri produsse altri lavori narrativi come “Così succede” (Giarre, tip. Castorina, 1885), “Come va il mondo” (Catania, tip. del “Corriere di Catania”, 1886), “Nella vallata” (Racconto, Terranova Sicilia, Cronaca siciliana, 1888), “Maestrina” (1893), “Al rezzo”, “Novella”, “Dal tutto al nulla”. Scrisse anche “Elegie scelte di Tibullo” (Catania, Giannotta, 1892) ad uso delle scuole. Vincenzo Maugeri Zangara morì il 1° gennaio 1948. Le notizie sulla produzione letteraria di Maugeri Zangara sono state tratte da un articolo di Siculorum Gymnasium, n. 1-2 del gennaio-dicembre 2001 (pregiata e autorevole rivista della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, dipartimento di Scienze Umanistiche, fondata nel 1948) a firma di Cinzia Gallo, docente di Italiano e Latino nei Licei e cultore di Letteratura italiana contemporanea, dottore di ricerca in Scienze letterarie e linguistiche e collaboratrice con la Struttura Didattica Speciale di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Catania. Nella Biblioteca Regionale Universitaria di Catania si trova una raccolta di “Cronaca Siciliana” del Prof. Vincenzo Maugeri Zangara che va dal 1888 al 1892. Nuccio Mulè |