QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE

Dicembre 2024

ARGOMENTI

    A partire dal mese di gennaio si è iniziato a scrivere sulla storia di Gela, dalla sua fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E ciò con il contributo iconografico del pittore Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si scrive della ventiduesima e ultima puntatala  dal titolo "Personaggi della storia di Gela".


22 - Personaggi della storia di Gela

Cartolina di oggi

Piazza Umberto I

La disastrata ferrovia di Gela

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22 - Personaggi della storia di Gela

 

    Con questo ovale, il compianto maestro Occhipinti terminò il percorso storico-figurativo di Gela e del suo territorio; percorso che vide i maggiori personaggi e gli eventi più rappresentativi della storia millenaria di Gela.

    Utilizzando sempre la sua sensibilità coloristica, a volte stemperata da una dettagliata modulazione delle velature e delle trasparenze, il pittore acquarellista raffigurò, in alto al centro, il busto di Salvatore Aldisio che sovrasta due opere edilizie del suo tempo: la Chiesa di San Giacomo e il Municipio, dietro il quale, fece trasparire alcuni impianti e la torcia del petrolchimico come a voler coinvolgere l’autorevole politico gelese alla svolta economica industriale della città negli anni Sessanta.

    Si passa alla raffigurazione di Federico II, della chiesetta di San Biagio, preesistente all’imperatore, del “castrum”, del “Castelluccio” (ambedue di epoca federiciana) e della Torre di Manfria, edificata in epoca successiva.

    Si va poi indietro nel tempo, arrivando fino all’epoca greca con la raffigurazione di Eschilo, di Gelone e degli ecisti Antìfemo e Entìmo, fondatori di Gela nel 688 a.C. A essi seguono le figure delle fortificazioni di Capo Soprano, dei templi greci dell’acropoli, di alcuni prodotti della coroplastica geloa e di due monete, una di Gela e l’altra di Siracusa.

    L’esterno dell’ovale è completato con la raffigurazione di un grappolo d’uva da una parte e un mazzo di spighe dall’altra, due classici prodotti dell’economia agricola di Gela. Infine, due putti sostengono un elemento decorativo con l’emblema della città con la scritta HERACLEA CIVITAS ANTIQUISSIMA, l’antica e primigenia denominazione medievale di Gela.

 

    Lo scrivente, con questo articolo su Distretto Gelese, chiude il percorso artistico dei 22 acquerelli sulla storia di Gela del compianto Antonio Occhipinti con un doveroso tributo iniziato nel dicembre del 2023 con la presentazione al lettore degli acquerelli che si trovano esposti nella pinacoteca comunale. Come si osserva nella foto, scattata durante l’inaugurazione della pinacoteca con i 22 acquerelli del maestro il 16 aprile del 2015, a partire da sinistra compaiono il Sindaco Avv. Angelo Fasulo, l’assessore Avv. Giovanna Cassarà, lo scrivente, la Prof.ssa Angela Rinzivillo, Antonio Granvillano, la Prof.ssa Salvina Fiorilla e l’Ing. Angelo Castronovo.

 

 

 

La scomparsa del Maestro Antonio Occhipinti

 

    E così il 17 luglio del 2024 il “Viaggio nel Sole” (titolo di un depliant del 1988 di una mostra a Fregene) del caro amico pittore acquerellista Antonio Occhipinti si è concluso; senza il minimo dubbio e senza nessuna enfasi il gelese Occhipinti è stato uno degli acquerellisti più raffinati d’Italia in quanto ha saputo sublimare la difficile tecnica dell’acquerello.

    Pietro Annigoni, artista tra i maggiori dell’Italia di metà Novecento, appartenente al gruppo dei “pittori moderni della realtà” e una delle figure più prestigiose e qualificate dell’Arte contemporanea, così scriveva: “…Serbo un gradito ricordo dell’incontro con il pittore Antonio Occhipinti, un ricordo che d’altronde si materializza nel bel ritratto che mi ha fatto e del quale generosamente ha voluto farmi omaggio, aggiungendoci il bellissimo acquerello di Gela. Guardando queste sue opere, a mio agio, noto che alle trasparenze atmosferiche vibranti di luce sa unire una rara solidità e, specie nel ritratto una corposità tanto difficilmente ottenibile in questa tecnica. Credo di poter dire con tutta tranquillità che Occhipinti è uno dei migliori acquerellisti d’Italia”.

    Non solo acquerellista, il Maestro Antonio Occhipinti ha diversificato il suo impegno artistico con personalità e grande capacità offrendosi con una vena creativa e con felici intuizioni alle realizzazioni di armoniosa bellezza di oli, pastelli, disegni e china a cui ha alternato con successo scultura e incisioni.

    Prese parte a diverse mostre a carattere nazionale ed internazionale; sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private. Ha ottenuto numerosi premi e segnalazioni; critica e stampa si sono sempre interessati di lui. Organizzò con il Comune di Gela ed altri enti mostre collettive ed estemporanee, ospitando a Gela artisti affermati in campo nazionale ed internazionale. Raffinato ed elegante, l’acquerello di Occhipinti raccoglie la sensibilità coloristica del Sud stemperata da un’accorta modulazione delle velature e delle trasparenze. La sua problematica stilistica si è avvalsa di un nuovo slancio estetico: raccogliere il timbro intransigente della luminosità mediterranea per addolcirla in contenuti di toni dall’accento espressivo ed altamente suggestivo e piacevole. Di lui hanno scritto Pietro Annigoni, Ignazio Buttitta, Mario Gori, Aldo Riso, Aldo Raimondi, Antonino De Bono, Albano Rossi, Giorgio Falossi, Luigi Tallarico e tanti altri.

    Luca Zingaretti scriveva: “Poche parole perché scrivere di arte non è il mio mestiere. Poche parole per descrivere lo stupore di un profano nello scoprire l’universo che il maestro Occhipinti nasconde e rivela dietro i suoi acquerelli. Ho conosciuto l’arte del maestro in occasione di una mostra. Quello che mi colpì immediatamente fu la luce. La luce di una Sicilia dell’immaginario e, nello stesso tempo, del reale. La luce dei ritratti che restituisce, a chi guarda, l’anima che quei volti ha abitato. Quella dei paesaggi toscani e delle marine. Nei suoi acquerelli vive qualcosa di estremamente vitale. Amo i suoi nudi di donna che fanno venire in mente un’idea di sensualità placida, leggera. I suoi vicoli deserti e assolati dietro cui si intuisce un brulicare di vita. E amo i suoi ritratti di vecchi, segnati dagli anni, ma spogliati di ogni stanchezza esistenziale, volti che restituiscono alla vecchiaia una dignità dimenticata. Per me Occhipinti è il pittore della leggerezza”.

    Anche il compianto giornalista Gino Alabiso scriveva: “Antonio Occhipinti, apprezzato pittore di Gela, è diventato l’allievo prediletto del pittore Pietro Annigoni, il quale poco tempo fa posò per un suo ritratto. Occhipinti lo ritrasse mirabilmente e il “pittore delle regine” ne rimase entusiasta al punto da donargli una sua opera. Ogni commento è superfluo. Occhipinti, che riscuote vivi successi nelle varie mostre a cui partecipa (a Palermo, a Viareggio, a Pisa, a Caltanissetta, a Cannes e in altri centri) è un pittore veramente leale e non imbroglia le carte (anzi le tele) in tavola. Fare un bel quadro è difficile come fare una bella poesia, per chi ha talento e coscienza. E Occhipinti raggiunge quasi sempre nelle sue tele il livello della poesia, in una malinconia di toni e prospettiva che lasciano ammirati e pensierosi. Dei suoi innumerevoli lavori (paesaggi, nature morte, figure umane, marine ed altro) il nostro artista segue lo stimolo di una eleganza intima, adottando un linguaggio riflessivo, meditato e spontaneo.

    In chiusura in ricordo del maestro Occhipinti si riporta quanto scritto dal compianto Preside Prof. Virgilio Argento: “Agosto 1982: Pietro Annigoni nel suo studio-atelier di borgo Albizi, a Firenze, posa per tre giorni per essere ritratto dal pennello di un pittore venuto dalla provincia, che a lui, come maestro, si è presentato con l’umiltà del discepolo e l’ammirazione trepida dell’ammiratore: Antonio Occhipinti. Posa pazientemente, il maestro, dinanzi al pittore gelese, così come avevano posato dinanzi a lui, in anni che ormai si fanno lontani, i grandi personaggi della storia, regine e capi si stato: Elisabetta d’Inghilterra, Farah Tiba, Kennedy, Johnson, Reza Palevi, Giovanni XXIII. Posa egli, e nella sua inattività di soggetto che viene ritratto, osserva e giudica quel pittore che venuto da lontano, mentre questi osserva la sua effigie sul bianco cartoncino del suo telaietto: è l’osservatore e il giudizio del grande artista, ormai al culmine della sua straordinaria carriera. Il pittore gelese sente il peso dello sguardo - che segue la sua mano - dell’eccezionale soggetto, ma è incoraggiato nel suo lavoro dallo squisito senso di umanità che gli illumina il volto e che a lui si apre generosamente: quel senso di umanità che è proprio dei grandi artisti, che la burbanza, l’alterigia è dei mediocri. E Annigoni è un grande spirito. Quando Occhipinti termina la sua fatica e gli offre in rispettoso omaggio il quadro che ne è nato, allora egli esprime su tale quadro il suo giudizio: una felice sintesi “di trasparenze atmosferiche, vibranti di luce, e di una corposità difficilmente ottenibile nella tecnica usata dell’acquerello. E’ un giudizio che è espressione della cortesia dell’uomo, ma anche - e soprattutto - dell’apprezzamento dell’artista. Evidentemente nel realismo che impronta quelle linee e quei colori, nella naturalezza della figurazione che rende limpidamente, insieme ai suoi tratti fisionomici, la verità sua interiore, egli vede una consonanza con quello che è stato sempre il suo credo artistico: “La pittura devota al vero”, al manzoniano “vero” in arte, oltre che nella vita.”.

Cartolina di oggi

IL BUSTO MARMOREO DI RE UMBERTO I NELLA PIAZZA OMONIMA

    La cartolina, del 1904, ritrae al centro della piazza il busto marmoreo del re Umberto I costituito da un piedistallo, corretto ed armonico nelle sue linee architettoniche, in marmo di Carrara su zoccolatura bugnata in breccia di Billiemi, poggiante su un robusto basamento di forma quadrata con scalini e pilastri angolari provvisti di scuri è circondato da un giardinetto con una ringhiera in ferro battuto.

    Sul piedistallo si eleva il mezzo busto del sovrano, realizzato da Antonio Ugo, scultore palermitano di importanti opere tra le quali primeggia la scultura del cardinale Celesia nella  Galleria d`Arte Moderna di Roma; su dei riquadri delle quattro facce dello stesso piedistallo sono riportate le città dove avvennero gli episodi più importanti della vita del re: Busca, Casamicciola, Napoli e Villafranca; inoltre, al di sopra di quest’ultima città, in un altro riquadro si legge “A Umberto I, I Terranovesi 1902”; tale anno si riferisce al compimento del monumento al re, e non quindi alla sua inaugurazione che avvenne il 20 settembre del 1903.

    Sulla cartolina, all’angolo della ringhiera del busto del re, sono ritratti due ragazzi e sullo sfondo si osserva il Palazzo Rosso con un fregio settecentesco sul balcone del secondo piano, mentre a pianoterra si vede l’insegna con la scritta “SALONE”. Sul lato opposto, oltre alla presenza di un artistico lampione a petrolio con quattro punti luce, si osserva il palazzo all’angolo via Matrice-via Porta Caltagirone (quest’ultima poi nel 1911 denominata via Giacomo Navarra Bresmes) con un numero di aperture inferiori, dal pianoterra fino al terzo piano (escluso il primo), rispetto a quelle di oggi.

    La Cartolina formato 14X9 cm. di colore vintage beige, porta  sullo spazio inferiore del fronte delle scritte a penna quali, “La piazza centrale”, la data del 27 - 9 -1904 e la firma “Bianca”; ed ancora con le didascalie “Terranova di Sicilia”, “Monumento a S.M. Umberto I” e sul margine inferiore “Fotog. ed Edizione F.lli Lauricella, Terranova”. Sul retro si leggono il numero della cartolina “10248” e le scritte a stampatello al centro “CARTOLINA POSTALE ITALIA (CARTE POSTALE D’ITALIE)” e “N.B. Sul lato anteriore della presente si scrive soltanto l’indirizzo” sul margine sinistro; il francobollo vidimato è quello del Regno d’Italia di 2 centesimi rosso bruno (altezza mm. 23 e largo mm. 19) della serie detta Floreale con la legenda: “Poste italiane - cent. 2” e un sottile ornamento a guisa di tronco inquadra il francobollo, ove, dentro porta una corona di lauro e l'aquila araldica di Savoia che reca lo scudo con la Croce Sabauda. L’emissione del francobollo avvenne con R. Decreto 6 giugno 1901, n. 255.

    Nel 1952 il busto marmoreo del re, nonostante che avesse dato la denominazione alla piazza, fu espiantato per essere trasferito all’interno della Villa comunale. L’anno dopo al suo posto fu impiantata inopinatamente una donna nuda bronzea, peraltro definita arbitrariamente “Cerere” e quindi al fuori da qualsiasi contesto storico cittadino, d’altro canto era stata commissionata all’artista Silvestre Cuffaro di Bagheria dalla Regione Siciliana per destinarla chissà dove.

LA DISASTRATA FERROVIA DI GELA

 

 

    La rete ferroviaria in Sicilia con i suoi 1400 Km. fino a qualche lustro fa, prima di diversi incrementi, rappresentava il 9% di quella nazionale. La costruzione e l’esercizio delle prime linee ferrate nell’Isola risale al 1861 quando il Regno, facendo propria una proposta di Garibaldi del 1860, decise con decreto reale del 1863 di varare un piano per realizzare un sistema ferroviario da dare in concessione a società private. Le prime linee previste furono quelle di Messina-Catania-Siracusa e Palermo-Roccapalumba-Catania. Negli anni successivi seguirono le linee Siracusa-Licata e Canicattì-Licata, quest’ultima (come tratto terminale della linea proveniente da Catania via Caltanissetta) fu completata in due momenti: il primo tratto Canicattì-Favarotta fu inaugurato il 23 maggio del 1880 mentre il secondo Favarotta-Licata fu inaugurato il 24 febbraio dell’anno successivo.

    Più laboriosa risultò la realizzazione della linea Siracusa-Licata in quanto il suo sviluppo in una prima stesura, quella dell’Ing. G. Arnaldi, non prevedeva di passare per Noto e per altre principali città del Ragusano; infatti, il Ministero dei Lavori Pubblici, per le numerose lamentele, si vide costretto nel 1864 a dare l’incarico all’Ing. Enrico Guerra affinché ideasse un nuovo tragitto che, se pur più lungo e più costoso, comprendesse pure le città di Noto, Modica, Ragusa, Comiso e Vittoria prima escluse.

    Il progetto Guerra, che prevedeva una linea lunga 177 Km. con 16 stazioni, fu approvato nel 1866 con una spesa di previsione di trenta milioni di lire da ricavare per 1/3 in azioni e 2/3 in obbligazioni.

    Dall’approvazione del progetto nel 1866 della linea Siracusa-Licata fino alla sua completa realizzazione del 1893, passarono ben ventisette anni. Il primo tratto Siracusa-Noto fu inaugurato il 5 aprile 1886; il tratto intermedio Terranova (Gela)-Licata di 37 Km., fu inaugurato il 28 marzo del 1891. Nella nostra città e a Licata quel giorno fu grande festa. Qui, all'entrata di Porta Caltagirone, fu allestito una specie di arco di trionfo con fiori, palme e luminarie per accogliere con tutti gli onori personaggi importanti, quali il principe Pietro di Scalea, presidente della Società Ferroviaria Sicula, il Prefetto, il concittadino Giuseppe Di Menza, presidente della Corte di Appello di Palermo, il comm. D'Anna, i sindaci di tutto il circondario, deputati e senatori del collegio e notabili.

    A ricordo di quell'avvenimento furono anche stampati opuscoli riportanti poesie dedicate al “fumante ordegno”; una di esse del conterraneo Luigi Vitali recitava: “Di vita apportator, fumante ordegno / Ove corri fulmineo al par dei venti? / Ove dirizzi il vol, senza ritegno, / Cigolando con macchine possenti? / Lo veggo: a te ne vien, che ne sei degno, / Popolo industre: il plauso di tue genti, / Che qui risuona, d’esultanza è segno: / Inneggia lieto ai sospirati eventi. / Né viene ei solo: vivido di luce, / Messaggero di fervidi desiri, / Lo guida un genio: in mistico tributo, / Ei d’amistanza caldi sensi adduce, / E auspici e voti candidi e sospiri… / E di Licata il genial saluto!”. I tempi di percorrenza del “fumante ordegno …fulmineo al par dei venti” alla fine dell’Ottocento tra Gela e Licata erano in media di un’ora e un quarto con una velocità di circa 30 Km. orari.

    Il ricordo gioioso di quella festa, però, durò per breve tempo. Infatti, già dopo pochi anni dall'entrata in esercizio di tale tronco ferroviario nacquero lamentele e critiche feroci, di cui diamo un brevissimo resoconto: “...Gli orari, lo scarso numero di treni, la limitata potenzialità delle locomotive, la deficienza di macchine e di carri, la mancanza di piani scaricatori e di binari destinati alla manovra dei carri, fanno a gara per inceppare e danneggiare le sorti del nostro traffico”. “...Lo stato delle vetture o meglio carcasse destinate alla nostra regione è semplicemente indecente: sono esse lo scarto di vagoni già consumati che si mandarono quaggiù, per noi barbari, e che specialmente nella linea Caltanissetta-Terranova sembrano altrettante latrine”. Viene spontaneo chiedersi: cos'è cambiato oggi rispetto ad allora? Quasi niente, anche se si è costruita una nuova stazione più grande con diversi binari, sotto-passaggi ed altre strutture, ma per chi e per che cosa quando domani forse non passeranno più treni.

    La linea Siracusa-Licata fu messa in esercizio il 18 giugno del 1893 con l’inaugurazione della tratta Comiso-Modica.

    Nella seconda metà degli anni Settanta (24 luglio 1977) lo scalo ferroviario di Gela, ubicato nel centro storico, fu trasferito nella sede attuale a nord di via Venezia, a ridosso del Villaggio Aldisio.

    Dopo ben ottantasei anni dall’entrata in esercizio della ferrovia Siracusa-Licata, da Gela è stata attivata, il 29 novembre del 1979, la tratta Gela-Niscemi-Caltagirone-Catania di 137 Km., il cui primo tracciato Gela-Caltagirone fu iniziato nel 1928; Il progetto per la ferrovia Caltagirone-Niscemi-Terranova risale al 1895; fu realizzato dall'Ing. Arch. Cavallari Salvatore, su uno studio di massima realizzato prima, nel 1883, dal direttore generale delle Ferrovie Sicule, Comm. Ing. Adolfo Billia.

    Nel 2009 era prevista l´attivazione della linea veloce ed elettrificata, sui 183 Km a binario semplice, della tratta Siracusa-Ragusa-Gela che oggi si compie in tre ore e mezza con una littorina (locomotive diesel D 343 e D443) con punte di velocità massima di 100 Km. orari. E per l’elettrificazione di tale linea? Stiamo ancora aspettando!

    Ogni commento su questa nostra disastrata ferrovia è superfluo. Ne facciamo a meno, anche perché la tratta Gela-Catania da decenni è interrotta, tant’è che qualche anno fa i tombaroli del ferro stavano iniziando a trafugarne i binari. E comunque se ancora esiste l’attuale tratta ferroviaria di Gela forse trattasi di un “miracolo” o forse una dimenticanza, nonostante i tagli dei cosiddetti rami secchi a cui hanno sottoposto la linea ferrata siciliana.

    E’ bene, però, riflettere un po’ su come si e arrivati a rendere improduttiva questa linea ferrata, che per decenni ha costituito un'importante linea di comunicazione tra decine di comuni di ben cinque province. Quando a partire dagli anni Sessanta, in coincidenza con la nascita del petrolchimico gelese, venivano realizzate importanti infrastrutture e mentre la tecnologia portava continue innovazioni nel campo degli autoveicoli, sulla linea in oggetto, le FF.SS. cosa fecero? Niente! Lasciarono la littorina, con un binario unico e con i tempi di percorrenza simili a quelli esistenti nelle ferrovie di primo Ottocento. Chi più chi meno, molte persone nei decenni passati si sono trovati nella necessità di percorrere la linea Catania-Gela via Siracusa, con un minimo di sei ore di viaggio.

    Prima che la linea Gela-Catania si fosse interrotta, la tratta si percorreva in quasi tre ore, anche se tali ore potevano essere dimezzate, eliminando (sic et simpliciter) alcune fermate intermedie inutili; non abbiamo mai saputo quali siano stati i motivi che rendevano impossibile questa operazione, ma siamo sicuri che molta gente sarebbe stata invogliata ad usare di più il treno per viaggiare.

    In conclusione, ci sembra di capire che nella nuova gestione aziendale delle FF.SS. prevalga ancora una volta la logica di far pagare pesantemente al Sud, e solo al Sud, il fio degli errori di una classe politica fellona, in continuazione di una famigerata tradizione “piemontese”, che dura dai tempi dell’Unità d’Italia.

    Intanto nei primi giorni del mese di dicembre del 2024 la stazione ferroviaria di Gela è tornata ad essere operativa dopo oltre nove mesi di fermo per la ristrutturazione di traversine e binari. Inoltre, le littorine sono state sostituite con i più moderni treni ibridi Minuetto e Blues. Diversa invece è la situazione della stazione di Gela e relativi spazi che ancora si trovano in uno stato di abbandono.

     Nel 2022, grazie ad un finanziamento di circa 150 milioni di euro dei fondi PNRR, è iniziata la progettazione del ripristino della linea ferrata Gela-Caltagirone (inaugurata il 29 novembre 1979 e interrottasi nel 2011 dopo il cedimento strutturale del ponte in c.da “Discesa del Angeli” verso Niscemi) da realizzare in due lotti per un costo di circa 150milioni di euro; il secondo lotto, di circa 25 Km., riguarda la linea ferrata Niscemi-Gela.

    Il ripristino della tratta Gela-Catania via Caltagirone a modo di vedere dello scrivente, non ha più motivo di esistere almeno per Gela date le numerose corse degli autobus di linea esistenti oggi e i cui fruitori spesso le utilizzano solamente per arrivare all’aeroporto di Catania.

 

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