QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Dicembre 2023
ARGOMENTI
A
partire dal mese di gennaio si è iniziato a
scrivere sulla storia di Gela, dalla sua
fondazione del 688 a.C. fino al dopoguerra. E
ciò con il contributo iconografico del pittore
Antonio Occhipinti e con le schede realizzate da
Nuccio Mulè, oltre alla traduzione in inglese
della Prof.ssa Tiziana Finocchiaro. Oggi si
scrive l'undicesima puntata dal titolo
"Fondazione medievale di Heraclea-Terranova". |
11 - Fondazione medievale di Hraclea-Terranova
Scarabeo 1
Mario Aldisio Sammito
11 -
FONDAZIONE MEDIEVALE DI HERACLEA-TERRANOVA
Fu durante la dominazione
sveva della dinastia tedesca degli Hohenstaufen
che Federico II, perseguendo una politica di
potenziamento economico dell’agricoltura e di
realizzazione di opere militari in zone
economiche scoperte, fece edificare nel 1233,
nella zona orientale di Gela, un castello, un “castrum
federicianum”, che chiamò Heraclea,
denominazione derivante forse dalla leggenda che
attribuì al mitico Ercole l’edificazione di una
città sulla collina. La denominazione, nei
secoli successivi, fu abbandonata a favore di
quella di Terranova. La fondazione di
Heraclea-Terranova fu sicuramente un fatto
epocale, un avvenimento di portata eccezionale
per l’area geografica su cui sorse la città,
interessata da una ripresa di nuovi
raggruppamenti latino-cristiani dopo lo
spopolamento dei precedenti insediamenti
musulmani. Terranova, presidiata e difesa da
fortificazioni e dotata di lì a poco di un
approdo, il “Reale Caricatoio”, per il commercio
di derrate e di merci, dopo pochi decenni
divenne uno dei centri più popolosi di tutta la
Sicilia. Heraclea-Terranova faceva parte del Val
di Noto, uno dei tre compartimenti (Val di Noto,
Val di Mazara e Val Demone) in cui l’Isola fu
divisa in epoca normanna e che durò sino al
1812. Il maestro Occhipinti vuole rappresentare
sinteticamente la storia di Heraclea-Terranova
in epoca medievale con la raffigurazione di due
importanti personaggi e di un gruppo di
monumenti, ancora oggi in parte visibili.
Infatti, disegna come vista dal mare la città
con le mura di cinta, provviste di torri e
bastioni, e con il “castrum” sul lato orientale.
Continua con la raffigurazione in grigio chiaro
del quartiere S. Agostino con la piazza omonima,
i suoi edifici e le chiese di cui si riconoscono
quelle di S. Agostino con l’attiguo convento, di
S. Nicola di Bari e di Santa Lucia, queste
ultime due da tempo inesistenti. Infine, nella
porzione superiore della scena, sono raffigurati
il “Castelluccio”, che si erge maestoso su uno
sperone di roccia, e la cittadina di Butera, un
tempo roccaforte normanna della Piana di Gela
contro i musulmani. I due personaggi raffigurati, con colori a tinta calda, si riferiscono all’Imperatore e al Duca di Terranova. Il primo, Federico II di Svevia, è posto al centro su un trono, con la corona d’oro imperiale, lo scettro in una mano e il mondo con la croce nell’altra, simboli del potere da antico imperatore romano. Il secondo personaggio Don Diego Pignatelli Cortes d’Aragona, è posto all’interno di un ovale soprastante un complesso decorativo, in cui è raffigurato lo stemma della città-ducato di Terranova con la scritta riferita a Heraclea come città antichissima.
11 - Medieval resettlement of Heraclea-Terranova
In 1233 the Swabian
Hohenstaufen Frederick II built a
federicianum castrum
east of Gela. The place wascalled Heraclea, a
name perhaps derived from the legend that
attributed to the mythical Hercules the building
of the city on a hill. The name was later
changed into Terranova. The city was defended by
fortifications and provided by a pier, the Reale
Caricatoio, and became one of the most populous
of Sicily. Heraclea-Terranova was part of the
Val di Noto, one of the three compartments (Val
di Noto, Val Demone and Val di Mazara) in which
the island was divided during the Norman period
until 1812.
The artist represents
synthetically the history of Heraclea-Terranova
in medieval times. The city, with its walls,
towers and bastions, is seen as looking at it
from the sea. The
castrum
lays on the eastern side of the city. He uses
light gray to reproduce the area of
Sant’Agostino, with its square, buildings and
the churches of Sant’Agostino, with its convent,
and San Nicola di Bari and Santa Lucia which
don’t exist anymore. In the upper section of the
scene Occhipinti represents the Castelluccio,
standing on a rock, and the town of Butera,
settled as a Norman fortification to defend the
Plain of Gela from the Muslim attacks.
The two characters
represented here are the Emperor and the Duke of
Terranova. The first, Frederick II of Swabia, is
sitting on a throne at the center of the scene;
he is wearing a golden crown and is holding the
imperial scepter with one hand and the world
with the cross with the other, all symbols of
power of the ancient Roman emperors. The second
character, Don Diego Pignatelli Cortes of
Aragon, isplaced inside an oval above a
decorative complex, which depicts the coat of
arms of Terranova with the inscription referred
to Heraclea as “a very ancient city”.
64 anni
fa l’offshore “Scarabeo 1” nel mare di Gela
La Saipem
S.p.A. (acronimo di “Società Anonima Italiana
Perforazioni E Montaggi”) è una società per
azioni, fondata nel 1956 da Enrico Mattei, che
ha operato e opera nei settori dell'energia e
delle infrastrutture, in particolare il gas, le
rinnovabili e la transizione energetica; in tali
settori è responsabile anche delle trivellazioni
per la ricerca di gas e petrolio. E proprio
nella ricerca di quest’ultimo prodotto, sulla
base di una serie di rilevamenti di riflessioni
sismiche del terreno in c.da Piana del Signore,
la prima perforazione “Gela 1” iniziò il 14
febbraio del 1956 per terminare alla fine di
ottobre dello stesso anno con la scoperta, a
3.405 m. di profondità, del petrolio.
Negli anni a seguire
la ricerca fu estesa anche nel mare di
Gela,
tant’è che
il 4 marzo 1959 fu
effettuata una trivellazione offshore sul suo
fondale, la prima in Europa effettuata con lo
“Scarabeo 1”, una piattaforma costruita in
Louisiana negli Stati Uniti e battezzata col
nome dell'animale sacro dell'antico Egitto, in
quanto doveva essere inizialmente utilizzata
nell'offshore del Sinai; alla piattaforma si
affiancava la motonave d’appoggio Saipem di
4.100 tonnellate di dislocamento allestita con
tutta una serie di servizi. Lo “Scarabeo 1” era
una piattaforma galleggiante di forma
triangolare, con la torre di perforazione in
posizione baricentrica che possedeva una sonda
di perforazione “ideco-pignone Super 7/11”; la
piattaforma poggiava su 3 gambe, ovvero dei
tralicci metallici a struttura reticolare
spaziale, le cui estremità erano provviste di
cassoni che poggiavano direttamente sul fondale.
La piattaforma, distante 11 Km. dalla costa di
Gela, era auto-sollevabile mediante delle ruote
dentate e poteva scorrere in alto e in basso
rispetto al livello del mare.
Sul ponte principale
della attigua motonave “SAIPEM” di collegamento
alla piattaforma vi erano gli spazi per lo
stoccaggio delle aste di perforazione, gli
alloggi del personale, gli uffici, la sala di
controllo, l’eliporto, gli argani delle ancore,
le varie cabine di servizio e le gru di cui la
principale era una “Marlon 111 M” girevole a
360° di 30 tonnellate. Il ponte inferiore della
motonave conteneva i motori, le vasche e le
pompe per il fango, la pompa cementatrice, i
magazzini per i prodotti di consumo ed i
ricambi.
Successivamente sul
pozzo “Gela 21” produttivo ad olio, sempre per
il campo di Gela, nel 1987 fu installata la
“Prezioso”, prima piattaforma europea, a otto
gambe a struttura reticolare fissa, di
estrazione di petrolio da 9 pozzi, utilizzata
anche come centro di raccolta di petrolio
proveniente dalla piattaforma “Perla”,
realizzata nel 1983, posizionata su 4 gambe a
struttura reticolare e distante 13 Km. dalla
costa licatese; alla “Gela 21” nel 1988 seguì la
“Gela 1” con 11 pozzi estrattivi a 2 Km. di
distanza dalla costa di Gela con struttura
reticolare di 20 gambe unita
alla piattaforma Gela Cluster realizzata due
anni prima ma con zero pozzi estrattivi.
Successivamente allo
“Scarabeo 1” seguirono la piattaforma di
perforazione semi-sommergibile “Scarabeo 2”,
consegnata nel 1968, e lo “Scarabeo 3” nel 1975,
seguita nel dicembre dello stesso anno dalla
gemella “Scarabeo 4”. Da allora e fino ad oggi
alla prima costruzione del 1959 della
piattaforma offshore ne seguirono altre otto,
dislocate in varie parti dei mari del mondo
(Mare Adriatico, Mare del Nord, Mar di Marmara,
acque egiziane, ecc.) compresa l’ultima lo
“Scarabeo 9”, la più evoluta di tutte.
Oltre ai 100 e passa
pozzi di petrolio nell’entroterra gelese, nel
suo mare sono stati individuati dall’ENI, tra il
2006 e il 2008, due grandi giacimenti di gas
naturale, denominati “Argo” e “Cassiopea”,
che secondo alcune stime ne contengono circa 10
miliardi di metri cubi,
che rappresentano quasi il 10% del gas
disponibile nel sottosuolo italiano. A quanto è
stato detto recentemente l’estrazione dai campi
offshore al
largo nel mare di Gela avverrà tramite uno
sviluppo interamente sottomarino e privo di
impatto visivo a mare e non più tramite la
piattaforma “Prezioso K” come da previsione ma
direttamente all’interno della bio-raffineria di
Gela. In merito alle royaltes che dovrebbero derivare dall’estrazione del gas e di cui dovrebbero beneficiare i Comuni prospicienti il mare dove si trovano gli stessi campi di gas, si starà a vedere come finirà prossimamente.
MARIO
ALDISIO SAMMITO, SCRITTORE E POETA DEL
PATRIOTTISMO
Fra i
gelesi di spicco di fine ottocento, uno dei
personaggi è stato senza dubbio, Mario Aldisio
Sammito. Nacque a Gela il 30 gennaio del 1835.
In pieno periodo risorgimentale, pur ancora
giovane, manifestò pubblicamente idee di libertà
e di eguaglianze che gli valsero l’amicizia di
personaggi importanti come Giuseppe Mazzini,
Giuseppe Garibaldi e il figlio Menotti. Le
precarie condizioni di vita dei contadini della
sua città, il loro servile comportamento al
potere locale e la loro religiosità fortemente
pregnata da un’atavica superstizione, spinsero
Aldisio Sammito a desiderare, e dare un
contributo, al miglioramento della situazione,
andando anche contro al potere clericale.
Inoltre, partecipò ai moti risorgimentali dopo
aver preso contatti con Garibaldi. Nel 1869 per
aver propagandato le sue idee in opposizione
all’ancora giovane regno dei Savoia, fu
arrestato e tradotto nei sotterranei del tetro
carcere borbonico di “Malaspina” di
Caltanissetta con la grave imputazione di
“...attentati contro la persona sacra del rè e
del cambiamento di governo”. Durante la sua
permanenza nel carcere compose 18 poesie,
pubblicate nel 1870 in un volumetto dal titolo
“Canti del prigioniero”. Scrittore e patriota,
Aldisio Sammito ebbe momenti di grande notorietà
non soltanto perché presidente del “Fascio dei
Lavoratori” di Terranova e dei Fasci delle
province di Caltanissetta e Siracusa, ma anche
per molte sue opere di interesse storico e
sociale.
Inoltre, Mario Aldisio, “Libero Muratore” e
“Maestro Venerabile” nella Sicilia post-unitaria
fondò diverse logge massoniche d’ispirazione
democratico-repubblicana aderenti al “Rito
Scozzese antico e accettato” del Grande Oriente
d’Italia, collaborando anche col giornale
portavoce della massoneria “La Lince” di
Palermo; a Terranova di Sicilia (oggi Gela) fu
anche fondatore nel 1871 della loggia massonica
“Liberi Figli di Gela” (con il “Destinatario
della corrispondenza massonica Avv. Vincenzo
Zangara”), che coinvolse buona parte del ceto
aristocratico di Gela, coinvolgimento che si
protrasse fino al dopoguerra. Questa loggia
massonica di “rito scozzese” operava inoltre a
Niscemi (loggia “Franklin”), a Regalbuto (loggia
“Mazzini e l’avvenire”), a Centuripe (loggia
“Federico Campanella”), ad Aidone (loggia “Erbitea”),
a Piazza Armerina (loggia “Liberi Armerini”) e a
Troina (loggia “Aspromonte”). In merito ad una serie di indizi riferibili non solo alla presenza di immagini di piramidi, sembra che a Gela ci sia una chiesa che in passato sarebbe stata frequentata da massoni. Così come in un’altra chiesa di Gela compare il simbolo di una clessidra con le ali, classico simbolo massonico che rappresenta il ciclo continuo tra la vita e la morte, il cielo e la terra, posta su un monumento funereo di un governatore di Terranova del 1748. Ma queste sono altre storie di cui lo scrivente renderà conto un’altra volta.
Gli
scritti di Mario Aldisio Sammito destarono
grande ammirazione in vari ambienti politici e
culturali non solo a livello regionale ma anche
italiano e straniero; tra le opere più
importanti ricordiamo “La Nizzarda” con la
prefazione di Giuseppe Garibaldi, “Le memorie
d’Italia dal 1820 al 1888”, “La questione
sociale”, “Il Papato al cospetto della storia” e
“Democrazia e Letteratura Italiana”. Collaborò a
diverse riviste letterarie e politiche tra cui
“La Falce” di Messina, “Don Marzio” periodico
repubblicano dissidente di Napoli, “La Voce del
Popolo” di Lentini, “Democrazia” di Catania,
“L’Esodo” di Trapani ed ancora “L’avanguardia”,
“L’Imparziale” e “II Cittadino” di Savona”.
Durante la sua attività di
scrittore e di politico ebbe un’intensa
comunicazione epistolare con i grandi uomini della
nuova Italia: Garibaldi, Mazzini, Napoleone
Colajanni, Bovio, Campanella, Rapisardi, tanto
per citarne alcuni. All’estero ebbe pure
contatti con il famoso anarchico Bakunin e con
il grande poeta e scrittore francese Victor Hugo.
Oggi
a Firenze vi è la “CASA D’ASTE PANDOLFINI” che
detiene una raccolta di “Lettere inedite di
Giuseppe Mazzini a Mario Aldisio Sammito”
curata di Gaetano Firetto (pubblicata dalla
“Nuova Antologia - Rivista di Lettere, Scienze
ed Arti” nel 1914). Altre importanti raccolte di
lettere del generale Giuseppe Garibaldi
indirizzate a Mario Aldisio Sammito si trovano
alla Biblioteca Civica di Casale Monferrato e Al
Museo Nazionale del Risorgimento di Torino. E
non solo, a Ragusa vi è tuttora un ex impiegato
di banca che possiede una serie di carteggi del
periodo risorgimentale contenenti delle lettere
indirizzate al Sammito a firma autografa di
Mazzini e Garibaldi, oltre ad una pubblicazione
che raccoglie testi di lettere di V. Hugo, E.
Quinet, E Rochefort e L. Taxil indirizzate
sempre al Sammito, comprese alcune foto di
alcuni di essi con dedica e firma autografa.
Intanto, qui di seguito ci piace riportare il
testo di una lettera (tratta dal “Epistolario di
Garibaldi”
- vol.XI, aprile/dicembre 1866
- a cura di Giuseppe Monsagrati -
Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano
del
2002), la num. 214, inviata nel 1866 da
Garibaldi a Mario Aldisio Sammito che così
recita: “A Mario Aldisio Sammito, Caprera, 10
aprile 1866. Caro Sammito, Sono riconoscente
dell'affetto vostro, e dei bravi siciliani.
Voglio sperare, come Voi, della riscossa del
Popolo, e che dopo sei anni spezzi la pietra del
suo sepolcro. Credetemi Vostro sempre Sig. Mario
Aldisio Sammito Terranova - Sicilia”.
Mario Aldisio Sammito a
Terranova fu consigliere comunale per molti anni
ed, oltre a dedicarsi attivamente alle questioni
sociali della città, ebbe molto a cuore lo
studio e la salvaguardia delle memorie storiche.
Dopo la sua morte, avvenuta il 22 giugno del
1902, l’amministrazione comunale dell’epoca, a
suo ricordo, gli intitolò una via, quella di
fronte al convitto Pignatelli (già via Cubba),
probabilmente la stessa all’angolo col Corso
dove abitava. “Gela moderna”, un periodico
settimanale locale scrisse tra l’altro: “...la
storia della democrazia italiana, scriverà a
carattere d’oro il suo nome e Gela orgogliosa di
avergli dato i natali, sentirà un culto che non
verrà mai meno “.
Purtroppo, Mario
Aldisio Sammito oggi non solo risulta totalmente
sconosciuto a Gela ma è pure assente tra i nomi
che concorsero alla storia della democrazia
italiana.
Le sue spoglie mortali furono tumulate nel locale cimitero monumentale dove oggi ancora si trovano (seconda sezione muro lato est, in basso sepolto nella cella di terza classe n.38 parte orientale, n. 207 del registro degli atti di morte) . Sulla sua lapide,
artisticamente intarsiata e su cui nessuno da
più di un secolo pone un fiore, compare una foto
di Mario Aldisio Sammito (posta qualche decennio
fa dal cultore di patrie memorie Avv. Rosario
Medoro) con due scritte incise; una sull’ovale
del lato destro: LA FIGLIA ADDOLORATA A PERENNE MEMORIA QUESTO MARMO POSE. l’altra centrale con un
epitaffio dettato da Mario Rapisardi, poeta
catanese suo amico, che così recita: FINCHÉ
CONOSCENZA VIRTÙ CARATTERE GLORIOSE
MEMORIE PREENTIMENTI FORTI SARANNO FORZA
DEGLI INDIVIDUI BALUARDO DEI
POPOLI CIVILI
FINCHÉ
SULLE ROVINE SIEDERÀ DIO
SUPERSTITE L’ONORE FINCHÉ ARTE
GRECA FILOSOFÌA ITALIANA
SIGNIFICHERANNO CIVILTÀ PATRIA DEMOCRAZIA
MARIO ALDISIO SAMMITO SARÀ NOME
GENEROSAMENTE VINDICE DI PROGRESSO
DI LIBERTÀ! Non sarebbe malsana l’idea di realizzare un evento per ricordare non solo Mario Aldisio Sammito ma anche altri personaggi importanti che nel tempo hanno dato lustro alla nostra comunità. |