PICCIONE VIAGGIATORE
LA REGIA AERONAUTICA A GELA E IL
PILOTA FRANCESCO CAPONETTI
C’ERA UNA VOLTA
LA SOTTOPREFETTURA
C
PICCIONE VIAGGIATORE
La cartolina degli
anni dieci (dimensioni 14 X 9 cm.) appartiene
alla serie “Piccione
e Telegrafo” e
si riferisce ad un gruppo di circa mezza dozzina
con una quasi identica illustrazione di base su
uno sfondo color marrone sfumato; ognuna di
queste cartoline presenta una vedutina che
ritrae di volta in volta luoghi diversi di Gela
in un periodo antecedente al 1908.
L’illustrazione di base della cartolina è
costituita da un piccione viaggiatore in volo
che porta nel becco una vedutina e un cartiglio
con la scritta “Un
Saluto da Terranova”
attaccato a un filo del palo telegrafico.
L’immagine del piccione viaggiatore è probabile
che si riferisca ai due modi in uso allora per
far viaggiare i messaggi postali e cioè la
cartolina e il telegrafo.
La vedutina di
questa cartolina ritrae un tratto della
Traversa Nazionale Marina
(oggi via C. Colombo) e il quartiere Toselli che
si stagliano sullo sfondo del mare. Questo
quartiere, conosciuto meglio in vernacolo come “Chianu
de’ surfareddra”
(cioè
Piano dei solfarelli,
in quanto probabilmente era utilizzato per i
fuochi d’artificio quando ancora non era
abitato) fu intitolato dall’Amministrazione
comunale dell’epoca a Pietro Toselli, maggiore
del Regio Esercito Italiano, che perse la vita
nel conflitto italo-etiopico, durante la difesa
di una postazione italiana sull'altipiano dell'Amba
Alagi. Osservando la cartolina si riescono a vedere una serie di particolari che contribuiscono a dare ulteriori notizie sulla città di primo Novecento; come il piroscafo postale, due barche a vela (forse di pescatori), un lido balneare e la via Marina ancora sterrata con dei carretti che vi transitano; a sinistra della vedutina si osserva una scalinata, la stessa che oggi fa parte della via Panormo, e uno spiazzo erboso oggi piazza Padre Pio. Un altro particolare interessante è quello della presenza di un mezzo trainato da un cavallo con delle persone sopra, sicuramente un “omnibus” di cui si hanno notizie del suo funzionamento qui dalla fine dell’Ottocento fino agli inizi degli anni Venti del Novecento.
LA REGIA
AERONAUTICA A GELA E IL PILOTA FRANCESCO
CAPONETTI
A Gela la presenza
di una sede di comando periferico della Regia
Aeronautica Militare, presente qui per la
gestione dell’aeroporto locale di Ponte Olivo,
risaliva a ben prima della Seconda Guerra
Mondiale in quanto esisteva già un Osservatorio
Meteorologico Nazionale ospitato nell’edificio
del Convitto Pignatelli; infatti, a ricordo di
tale istituzione, ancora oggi è possibile
osservare lo stemma della regia aeronautica
nell’insegna ovale, posta sopra l’ingresso
principale dell’edificio, assieme a quello della
famiglia dei principi Pignatelli.
La Regia
Aeronautica, attraverso una sapiente opera dei
mass media di allora, fu chiaramente indicata
come “arma fascista” o come “l’arma che più si
identifica nelle caratteristiche della razza che
risorge dal lungo sonno”. L’aeronautica, quindi,
“fascistissima”, “prediletta”, “privilegiata” e
“allineata con il regime” (rappresentativa della
figura di Benito Mussolini presentato come
ardito pilota), fu poi identificata con il suo
personaggio più noto quello di Italo Balbo. E
per rimanere in argomento ci piace qui ricordare
il Ten. pilota pluridecorato Francesco Caponetti,
conterraneo acquisito.
Il Ten.
pilota Francesco Caponetti e la concessione
delle Medaglie al Valore
Caponetti
Francesco di Angelo. Nato a Piazza Armerina il
21 settembre 1919 e residente a Terranova di
Sicilia. Ten. Pilota di Complemento della Regia
Aeronautica Italiana, per aver partecipato a
diverse missioni gli furono conferite una
medaglia d’argento ed una in bronzo al Valor
Militare; Capo equipaggio di un velivolo
plurimotore, infatti, partecipò a diverse
operazioni difficili e pericolose sul fronte
balcanico e nel cielo del Mediterraneo
Centro-Occidentale nel 1943.
Qui di seguito le
motivazioni del conferimento delle due medaglie.
Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Capo
equipaggio di velivolo plurimotore, ha
partecipato a diversi cicli di operazione,
dimostrando in ogni occasione belle doti di
combattente valoroso e di pilota calmo e sicuro.
Sul fronte balcanico, con rinnovato spirito,
riconfermava le sue qualità brillanti di
combattente, sempre volontario per le missioni
più difficili e pericolose. Bellissimo esempio
di pure idealità e di eroismo. Cielo del
Mediterraneo Centro-Occidentale 1.7.1943 -
8.9.1943. Cielo del Balcani 3.4.1944 - 11.4.1945”.
Medaglia di Bronzo al
Valor Militare: “Con
decreto del Capo Provvisorio dello Stato in data
24 aprile 1947, registrato alla Corte dei conti,
il 15 maggio 1947, registro n.10 Aeronautica,
foglio n.212 è concessa la seguente ricompensa
al Valor Militare: Medaglia di Bronzo al V. M.
Capo equipaggio di velivolo plurimotore, già
distintosi in precedenti cicli operativi
partecipava, con rinnovato spirito, alla guerra
di liberazione del territorio nazionale e
balcanico effettuando diverse missioni belliche.
Dava costante prova di perizia, generosità e
ardimento. Cielo del Mediterraneo e Balcani, 21
luglio 1943 - 11 aprile 1945”.
Caponetti nella Guerra di Liberazione
Francesco Caponetti
partecipò anche alla Guerra di Liberazione del
territorio nazionale e balcanico effettuando
diverse missioni belliche tra il 1943 e il 1945
e per queste ultime missioni contro i
nazifascisti il 30 settembre del 1945, a firma
del Gen. Alexander, ricevette dal comando
americano il “Certificate of Merit”, un
riconoscimento rilasciato ai militari italiani
in servizio effettivo che collaborarono con le
forze armate Alleate: “Attestato
di Merito, rilasciato ad un membro delle forze
armate italiane che ha combattuto con le forze
Alleate per la liberazione dell'italia e che è
lodato per il suo servizio sotto il comando
Alleato e per il suo contributo alla causa della
libertà”. Nel dopoguerra Caponetti lasciò la divisa e scelse di lavorare nella Scuola come maestro delle Elementari.
Certificato di Merito delle Forze Alleate rilasciato al Ten. Pilota Francesco Caponetti
C’ERA UNA VOLTA LA SOTTOPREFETTURA
Durante il Regno
delle Due Sicilie nella provincia di
Caltanissetta furono istituiti tre circondari
amministrativi, Caltanissetta, Piazza Armerina e
Gela (allora denominata Terranova di Sicilia)
passati così a capoluogo di circondario di cui
ognuno comprendeva un certo numero di comuni;
Terranova di Sicilia, ad esempio, comprendeva
quattro comuni mandamentali, quelli di Butera,
Mazzarino, Riesi e Niscemi.
Il circondario, sede
di sottoprefettura, rappresentava un ente
territoriale intermedio tra Provincia e Comune,
e fu disciplinato dall’ordinamento degli enti
locali dal 1861 al 1927, anno quest’ultimo della
sua soppressione. Al Prefetto, carica di
rappresentanza del potere esecutivo del Governo
nazionale, era demandato l’importante compito di
controllo degli Enti Locali e non solo, ma anche
la tutela dell'ordine e della sicurezza
pubblica. E tutto ciò avveniva tramite il
Sottoprefetto con gli uffici di sottoprefettura.
Funzionario di
carriera del Ministero dell'interno, il
sottoprefetto era scelto tra i consiglieri di
prefettura ed era nominato con decreto
governativo su proposta del Ministero
dell'Interno. Oltre che ai normali emolumenti,
il sottoprefetto aveva diritto ad un alloggio
gratuito e ad una modesta indennità di
rappresentanza. Oltre che adempiere a svariate
attività di carattere amministrativo, in ambito
circondariale il sottoprefetto per legge era
anche un'autorità politica e annoverato tra
quelle di Pubblica Sicurezza e Sanitaria.
Il 2 gennaio 1927
veniva terminata la soppressione di tutte le
sottoprefetture del Regno d'Italia; sorgevano,
in tal modo, ben diciassette nuove province, di
cui due in Sicilia, quelle di Castrogiovanni
(denominata Enna dal 28 ottobre 1927 con gli ex
circondari di Piazza Armerina e di Nicosia), e
di Ragusa (il 12 gennaio 1927 con i comuni del
circondario omonimo e di quello di Modica) che
furono scelte dal governo fascista a discapito
di Caltagirone e Modica, anch’esse in lista per
diventare province.
Nei 66 anni di vita
della sottoprefettura in Italia si presume che
in quella di Terranova di Sicilia si siano
avvicendati non meno di 22 Sottoprefetti. Alcune
ricerche (da approfondire) nell’archivio storico
del Comune di Gela e in quello dell’Archivio di
Stato di Caltanissetta, in quest’ultimo tramite
l’amico Prof. Antonio Vitellaro, hanno
consentito allo scrivente di rilevare alcuni
nominativi di sottoprefetti e di alcune loro
comunicazioni riservate.
Fino ad oggi a Gela
non è conosciuta la sede della Sottoprefettura
all’atto della sua nascita nel 1861, però, si sa
che verso il 1880 sulla superficie della
demolita chiesa di San Sebastiano e di alcune
case attigue, nei pressi di Porta Marina, fu
realizzato un elegante edificio che ne ospitò
gli uffici e ciò fino al 1927, anno della sua
soppressione. L’edificio dell’ex
Sottoprefettura, che oggi è diviso in diverse
proprietà, nella sua parte centrale ospita
(probabilmente a partire della prima metà degli
anni Trenta) gli uffici del Consorzio di
Bonifica 5 della Piana del Gela, consorzio
costituito su base nazionale con regio decreto
n. 215 del 13 febbraio 1933.
In chiusura si
riportano sinteticamente alcune riservate
dell’allora locale Ufficio di Sottoprefettura.
“Comunicazione della
Sottoprefettura di Terranova di Sicilia riferita
a Giuseppe Garibaldi” (Archivio di Stato di
Caltanissetta):
“Il sottoprefetto di
Terranova, il 12 agosto 1862, con una riservata
al Prefetto, manifestava che non c’era in atto
nessun arruolamento e che due garibaldini della
prima ora, Felice Paino e Domenico Costa, erano
stati mandati dal Comune in commissione per
felicitare Garibaldi e per invitarlo a
Terranova. Tre giorni dopo, a proposito dei
volontari garibaldini, la sottoprefettura
riceveva dal Delegato di Sicurezza Pubblica del
Mandamento di Mazzarino L. Casabona una nota con
cui si rassicurava che in quel centro non c’era
stato nessun arruolamento dal momento che “il
sedicente ceto pensante nella maggioranza, ed il
clericume tutto di questo Comune è avverso
all’attuale ordine di cose; il popolo d’indole
accona e dedita agli affari suoi, può
assicurarsi di non avere nessun colore meno le
donne che sono ultraclericali per essere bigotte”.
“Se
invece si fosse trattato di arruolamento
borbonico
…allora sì che
bisognerebbe stare all’erta, infatti ieri presso
i ragazzi delle Scuole è corsa la voce che
dovrassi fare una crociata di tutti i preti ed i
frati per correre in aiuto del Papa Re; tali
sono le idee prevalenti di questo suolo”.
Ed ancora, il Sottoprefetto di Terranova di
Sicilia C. Gallotti, il 14 agosto del 1862,
inviava ai sindaci del Circondario una riservata
avente per oggetto “Divieto
ai comuni di fare somministranze a Garibaldi”,
in riferimento ad un telegramma ricevuto dal
Ministero dell’Interno con cui si raccomandava
di mettere sull’avviso l’Arma locale e la
popolazione nei riguardi di Garibaldi che con “la
sua condotta si è posto fuori dalla legge, e non
può essere lecito ai comuni di fargli qualunque
somministranza”.
“Comunicazione
riservata del Delegato di P.S. alla
Sottoprefetto di Terranova di Sicilia riferita
al parroco della Madrice Mons. Gioacchino
Gurrisi” (Archivio di Stato di Caltanissetta):
“Terranova
4 gennaio 1865, il Delegato di P.S. al Sotto
Prefetto di Terranova.
Oggetto: rapporto
riserbato. Generalità: il Sig. Gurrisi Sacerdote
Gioacchino figlio del fu Giuseppe d’anni 38 nato
a Terranova, di professione Parroco della città”.
“Cenni
biografici ed informazioni sulla condotta morale
e politica: figlio di un industre agricolo, ebbe
povera e meschina educazione civile. Portato nel
seminario della Diocesi per intraprendere la
carriera del Sacerdozio, si ebbe colà la falsa e
pregiudicata istruzione che si dava e si dà
tuttora sotto il dominio sull’ispirazione
Borbonica. Tornato in patria sacerdote per
ristrette condizioni finanziarie della propria
famiglia, si vide obbligato occuparsi a
speculazioni agricole, per le quali operò degli
scandali per malinteso interesse, non
ricordandosi affatto, in quell’epoca dei doveri
del suo santo ministero. Sin d’allora la sua
condotta fu di un nuovo attaccato al dispotismo,
e cominciò sin d’allora a piagiar la mala
signoria che non è più, nell’interesse di voler
acquistar posti, e miglioramenti materiali alla
sua posizione. Sin d’allora comincia la storia
dei rapporti e delle interne relazioni col
Reggente dei Minori Conventuali Panebianco ora
Cardinale col quale e per opera del quale il
Gurrisi nel 1848 ebbe a mostrar tutta l’ira sua
contro le manifestazioni liberali di quell’epoca
memoranda, e sin d’allora egli sempre più si è
mostrato fiero propugnatore del vizio e del
dispotismo. Creatura del Cardinale Panebianco
mantiene con Roma clandestine relazioni. Da quel
centro di reazione riceve istruzioni per la via
di Malta e concerti. Sta in strettissimo
rapporto con il suo Vescovo il già troppo noto
Agostino Saeva… Capacità e posizione sociale:
pochissima intelligenza, scarsissima istruzione,
educato e convinto nei pregiudizi e negli
errori, si ebbe per intrighi, raggiri e basse
macchinazioni la distinta posizione sociale di
Parroco di questa città. Mezzi di fortuna: era
il Gurrisi di strettissima fortuna, ora egli è
divenuto agiato se non si voglia dire ricco.
Abitudini: ostenta contegno nobile ed
aristocratico, si vuole infingere pietoso, umano
mentre è superbo, ipocrita, si mostra zelante
sacerdote, mentre è un uomo egoista, superbo,
sprezzante e pretenzioso”. Nella sacrestia della chiesa Madre esiste un ritratto del parroco Gioacchino Gurrisi sulla cui parte inferiore si legge: “MONSIGNOR ARCIDIACONO PARROCO DOTT DON GIOACCHINO GURRISI NATO A MAGGIO 1823, MORTO LA SERA DEL 24 DICEMBRE 1904, NOMINATO VESCOVO DI NICOSIA NEL 1881, PER PROFONDA UMILTA’ ED AFFETTO AL PAESE RINUNZIO’, PRUDENTE E PIO, GOVERNO‘ CON ZELO LA PARROCCHIA SIN DAL 1854”.
Canonica Chiesa Madre, dipinto di Mons. Gioacchino Gurrisi (1823-1904)
Via G. Marconi, palazzo dell'ex Sottoprefettura
|