NICOLO' DI FEDE
IL PRESIDE NICOLO’ DI FEDE
UNA VITA PER LA
SCUOLA
E LA SUA
PASSIONE PER LA LETTERATURA ITALIANA E STRANIERA
Non si nasconde la difficoltà nell’aver
scritto questo breve profilo di Nicolò Di Fede,
difficoltà dovuta al fatto che poco e niente è
stato scritto sullo stesso oltre alla
considerazione che chi scrive non ha mai avuto
occasione né di ascoltarlo, né di averci avuto
contatti personali. Però, grazie ad un
manoscritto del figlio Prof. Silvio e grazie
alla lettura di recensioni prodotte su una serie
di pubblicazioni di Letteratura che circolano su
siti specializzati in internet, si è avuta la
possibilità di delineare una, anche se pur
breve, biografia che spero dia una visione di
quel che era lo spessore del personaggio.
Nicolò Di Fede nacque a Gela il 30
ottobre del 1925. Figlio unico di una famiglia
aristocratica, fin da piccolo abitò nell’attuale
palazzo all’angolo tra il Corso e piazza
Sant’Agostino, palazzo di epoca tardo barocca
che precedentemente era sede di una scuola e
ancor prima della famiglia del barone Aliotta
che tanto diede alla causa antiborbonica e
all’Unità d’Italia con la partecipazione di
diversi suoi familiari. Poco si conosce della
sua fanciullezza se non il fatto che all’età di
otto mesi contrasse il virus della poliomelite
che gli lasciò la disabilità nella
deambulazione, disabilità che mai fu ostativa
nel prosieguo della sua vita, in particolare
nell’intraprendere la carriera di docente, di
preside e di studioso di letteratura.
Dopo aver completato gli studi a Gela,
ancora non diciannovenne riuscì a conseguire la
laurea in Lettere classiche con una tesi su
“Dionigi il giovane” pubblicata poi dallo stesso
nel 1949. Intrapresa la carriera scolastica, fu
docente per pochi anni e dopo aver vinto diversi
concorsi divenne Direttore della Scuola di
Avviamento Professionale che aveva sede al primo
piano del Convitto Pignatelli. Dopo
l’unificazione della scuola Media, ritornò a
fare per pochi anni il docente al liceo di Gela
di Italiano e Latino e poi, nel 1965, divenne
preside delI’Istituto Magistrale di
Caltanissetta. L’anno dopo si trasferì come
preside al Magistrale di Gela, sezione staccata
di quello nisseno che, nel frattempo grazie al
suo interessamento, era diventata sezione
autonoma con sede nei locali dell’ex Ospizio
Marino e che fece intitolare a Dante Alighieri.
Nel 1973, resasi libera la dirigenza del
Liceo-Ginnasio, fino a quell’anno occupata dal
Prof. Nunzio Trainito, ebbe la possibilità di
diventarne preside ininterrottamente per ben 18
anni fino al pensionamento. Fu in questa scuola
che dedicò tutte le sue energie per migliorarne
il funzionamento e per continuarne la
prestigiosa tradizione culturale che vantava fin
dalla sua nascita come Liceo privato, parificato
e poi statalizzato; non è per niente esagerato
affermare che il preside Di Fede sia vissuto per
la scuola e per l’azione formativa di essa nei
confronti dei giovani alunni; incurante del
denaro e dell’apparire, il suo scopo precipuo fu
quello di lottare sempre caparbiamente per
l’affermazione della scuola e dello studio prima
di tutto anche se accettò suo malgrado i
cambiamenti che si produssero nel corso degli
anni nella scuola italiana.
Pur sottratto all’insegnamento per la sua
attività di preside, continuò a interessarsi
degli alunni visitando le classi per assistere
alle loro interrogazioni ma anche alle
spiegazioni dei docenti che spesso di malavoglia
sopportavano quelle sortite. Tutto ciò creò una
situazione conflittuale al punto tale che
diverse volte sfociò in contestazioni non solo
degli alunni ma alche dei docenti alla metà
degli anni Ottanta.
Gli studi e la sua propensione alla
Letteratura lo portarono ad interessarsi delle
opere di numerosi letterati, non solo italiani,
ma anche stranieri soprattutto tedeschi
collezionando oltre sedicimila volumi che
provvide a raccogliere riempendo molte stanze
del suo palazzo di numerose scaffalature con
libri di letteratura americana, francese,
inglese, spagnola, sud-americana, oltre a quelli
di teologia, di storia, di filosofia e di
critica. Oltre a ciò fu cultore di musica
classica con la raccolta di quasi mille vinili
dei maggiori autori e delle loro opere più
importanti. A questo proposito è da ricordare la
sua traduzione di un epistolario di Ludwig van
Beethoven che può ancora oggi contribuire a
farne conoscere meglio il profilo.
Fu uno studioso attento di letteratura
sulla cosiddetta “Ballata” (per Di Fede è “La
voce del popolo nella lirica…”), un genere
letterario che indica una canzone epica di
carattere popolare e di contenuto narrativo,
termine sostituito in Germania da Gleim col
sinonimo di “Romanza”. Il Di Fede così dalla
poesia lirica, dall’epica” e dal “dramma, le tre
forme naturali della poesia, trasse motivo di
ispirazione per una serie di pubblicazioni
letterarie oltre a diversi articoli su giornali
specializzati come “Humanitas”, una prestigiosa
rivista bimestrale di cultura nata nel 1946 a
carattere monografico, diretta dal filosofo
Ilario Bertoletti, della casa editrice "Morcelliana”
fondata a Brescia nel 1925 con un gruppo di
giovani cattolici tra cui, Gian Battista
Montini, il futuro Papa Paolo VI.
Il preside Di Fede cercò sempre nella
Letteratura il “sapore dell’uomo” non arretrando
mai di fronte a nessuno scrittore, fosse il più
conosciuto o il più discusso, indagando sempre
sulla sua umanità e trovandola sempre nelle
pieghe delle sue opere, valorizzandola in nome
di quella “poesia” ch’egli seppe trovare anche
laddove altri e lo stesso scrittore l’avevano
dimenticata e non sapevano trovarla.
Nel 1960, in una rivista siciliana di
letteratura, fece pubblicare una sua recensione
sull’opera di Heinrich, un grande romanzo di
guerra dove si metteva in risalto la “carne
paziente” (titolo del romanzo) che era quella
del soldato tedesco che le ambizioni dei suoi
capi comandarono a languire e morire su tutti i
fronti d’Europa nella seconda Guerra Mondiale.
Oltre a numerosi articoli sulla rivista
bresciana “Humanitas” sulle opere di Brecht,
Shiller, Goethe, Buchner ed altri, in un
articolo di Letteratura dal titolo “Germania e
Italia” tuonò contro la dissacrazione dei valori
della Letteratura in nome dei pregiudizi e degli
interessi della politica; nel 1952 pubblicò, per
l’editore Corbaccio di Milano, “La
ballata tedesca da Gleim a Shiller”, una
pubblicazione che tratta
“…del
sorgere della poesia popolare, di cui la ballata
è la più alta forma” dal XII secolo in poi
soffermandosi nel periodo che va J. Gleim a F.
Shiller, trovando consenso negli ambienti
letterari italiani ed esteri, in particolare la
pubblicazione comparve sul numero 18 della
collana “Sussidi Eruditi” di Storia e
Letteratura del 1966, repertorio bibliografico
della letteratura tedesca in Italia
dell’Istituto di Studi Germanici di Roma.
Leggendo, tra l’altro, le pagine della
pubblicazione riferite alla bibliografia e alle
note a margine, ci si accorge della notevole
mole del lavoro del Di Fede e della sua cultura
letteraria con la citazione di decine e decine
di opere di studiosi italiani, tedeschi e
stranieri. In merito a Bertolt Brecht,
drammaturgo e poeta comunista fuggito dalla
Germania nazista e poi cittadino della Germania
democratica, Di Fede fu il primo a farne
conoscere in Italia le opere traducendone una
parte, per cui entrò in polemica con i
germanisti Chiarini e Mittner, in particolare
per l’interpretazione di “Madre Coraggio”.
Ancora oggi è possibile riscontrare nel web, sui
siti specializzati in Letteratura, gli articoli
e le pubblicazioni del preside Nicolò Di Fede.
Nonostante la disabilità viaggiò per
diversi anni in Italia e in Europa, guidando lui
stesso l’auto e visitando spesso i luoghi che
videro la presenza di letterati e di importanti
eventi culturali. Diverse volte visitò la
Germania completando le sue ricerche, agevolato
anche dal fatto che conosceva perfettamente la
lingua tedesca.
Nel 1977, durante una riunione con i
docenti a scuola, ebbe un ictus che riuscì a
superare anche se aggravò le condizioni della
sua disabilità fisica al punto tale che fu
costretto a muoversi con una sedia a rotelle.
Nonostante tale impedimento fisico, non diminuì
mai il suo impegno verso la scuola che continuò
imperterrito fino al 1991, avendo superato ogni
limite burocratico: aveva 47 anni di servizio.
Nel 1992 fu colpito da un’ischemia che
inesorabilmente il 22 novembre del 1993
l’avrebbe sottratto alla vita.
Nei momenti del ricovero ospedaliero, le
sue ultime parole furono “la poesia è emozione”
e con esse chiuse così la parabola vitale di
uomo col culto della Letteratura, della Poesia e
della Scuola.
Al Liceo classico di Gela, il 9 maggio
del 2016, si inaugurò la nuova biblioteca che fu
intitolata al suo ex preside Nicolò Di Fede.
RICHIESTA
DI INTITOLAZIONE DI UNA STRADA
Al
Sig. Sindaco del Comune di Gela
al Presidente
della Commissione toponomastica
del Consiglio Comunale
Oggetto: richiesta denominazione strada di Gela al Preside Nicolò
Di Fede.
DATI
DEL PROPONENTE
Nome: Nuccio
Cognome: Mulè
Indirizzo: via Meli n.2
Telefono cellulare 3476572815
E-mail: nunziomule.gela@gmail.com
PROPOSTA DI DENOMINAZIONE
Con la presente lo scrivente propone al Sindaco
e alla Commissione Toponomastica di denominare
una via di Gela al compianto Preside Prof.
Nicolò Di Fede, nato a Terranova di Sicilia il
30 ottobre del 1925
e deceduto a Gela, il 22 novembre 1993.
MOTIVAZIONE DELLA PROPOSTA
La motivazione della denominazione di una via
nasce dall’esigenza di ricordare un personaggio
di elevata cultura, preside del Liceo Classico
di Gela, vissuto per l’affermazione della Scuola
e dello studio e per l’azione formativa di essa
nei confronti dei giovani alunni, studioso di
Letteratura italiana e straniera e autore di
diverse pubblicazioni a livello nazionale. Nella
sua casa esiste una biblioteca di circa 25mila
volumi, in maggioranza di Letteratura.
BREVE
BIOGRAFIA DI
NICOLO’ DI FEDE
Nicolò Di Fede nacque a Gela il 30
ottobre del 1925, figlio unico di una famiglia
aristocratica. Fin da piccolo abitò nell’attuale
palazzo tardo-barocco all’angolo tra il Corso e
piazza Sant’Agostino, Poco si conosce della sua
fanciullezza se non il fatto che all’età di otto
mesi contrasse il virus della poliomelite che
gli lasciò la disabilità nella deambulazione,
disabilità che mai fu ostativa nel prosieguo
della sua vita nell’intraprendere la carriera di
docente, di preside e di studioso di
letteratura.
Dopo aver completato gli studi a Gela,
ancora non diciannovenne riuscì a conseguire la
laurea in Lettere classiche. Intrapresa la
carriera scolastica, fu docente per pochi anni e
dopo aver vinto diversi concorsi divenne
Direttore della Scuola di Avviamento
Professionale che aveva sede al primo piano del
Convitto Pignatelli. Dopo l’unificazione della
Scuola Media, ritornò a fare per pochi anni il
docente al liceo di Gela di Italiano e Latino e
poi, nel 1965, divenne preside delI’Istituto
Magistrale di Caltanissetta. L’anno dopo fu
trasferito al Magistrale di Gela, con sede nei
locali dell’ex Ospizio Marino, che fece
intitolare a Dante Alighieri. Nel 1973 e fino al
1991 fu preside del Liceo classico. E proprio in
questa scuola che dedicò tutte le sue energie
per migliorarne il funzionamento e per
continuarne la prestigiosa tradizione culturale
che vantava fin dalla sua nascita. Non è
esagerato affermare che il preside Di Fede sia
vissuto per l’affermazione della Scuola e dello
studio prima di tutto e per l’azione formativa
di essa nei confronti dei giovani alunni anche
se accettò suo malgrado i cambiamenti che si
produssero nel corso degli anni nella scuola
italiana.
Gli studi e la sua propensione alla
Letteratura lo portarono con passione allo
studio delle opere di numerosi letterati
italiani e stranieri, soprattutto tedeschi. In
particolare, fu uno studioso della “Ballata”, un
genere letterario delle canzoni epiche di
carattere popolare e di contenuto narrativo da
cui Il Di Fede trasse motivo di ispirazione per
una serie di pubblicazioni letterarie oltre a
diversi articoli su giornali specializzati come
“Humanitas”, una prestigiosa rivista bimestrale
di cultura fondata a Brescia nel 1925
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