Cerere fasulla

quando la statua fece gridare allo scandalo

    Abbiamo nutrito da sempre seri dubbi sulla denominazione di Cerere  (per i Romani, Demetra per i greci) attribuita alla statua bronzea della donna nuda che si trova nella nostra piazza principale, statua che soppiantò, all'inizio degli anni Cinquanta, il busto marmoreo di re Umberto I. Che l'attribuzione di Cerere  sia stata data dallo stesso autore, cioè Silvestre Cuffaro di Bagheria, lo escludiamo a priori in quanto circa vent'anni anni fa siamo venuti in possesso delle fotocopie degli schizzi originali della fontana e della statua, e di Cerere non si fa nessun cenno, quindi la denominazione è postuma e ciò per il solo e semplice fatto che la "donna nuda" tiene una spiga. Addirittura esiste un filmato della "Settimana INCOM" n.01149 del 24 settembre del 1954 dove proprio all'inizio compare la statua che è commentata con queste parole: "Infiorata la statua di Gela, è un gran giorno per questa città siciliana...", di conseguenza fino al 1954 sembrerebbe che non gli fosse stata data ancora la denominazione.

Comunque, se ci è consentito, adesso desideriamo dimostrare tale erronea originaria attribuzione iniziando, però, da un antefatto relativo all'inaugurazione della fontana con la donna nuda che  avvenne nel 1952.

    Ci riferiamo ad un articolo di un giornale americano, ne sconosciamo la testata, redatto in occasione di tale inaugurazione da uno scrittore e giornalista statunitense, tale Curtis Bill Pepper, (innamoratosi dell'Italia dopo che qui aveva combattuto durante l'ultima guerra), dal titolo «It Happened In Italy», di cui si riporta copia in calce. In esso si legge di una «civil war between art lovers and shocked moralists»-, ovvero una guerra civile tra amanti dell'arte e moralisti scioccati.

QUANDO LA STATUA DEMETRA

FECE GRIDARE ALLO SCANDALO

    Fino ai primi degli anni Cinquanta sulla piazza principale di Gela troneggiava un busto marmoreo di Re Umberto I. Realizzato con marmo di Carrara dallo scultore palermitano di fama Antonio Ugo e inaugurato nel 1903, tre anni dopo l’assassinio del monarca, il busto fu voluto allora da tutta la città perchè rappresentava il sentimento di amor patrio e la dedizione alla casa sabauda dei gelesi. Nel 1952, al posto del busto del re, non si sa per quale recondito motivo, fu impiantata una statua bronzea di una florida donna nuda. La statua, opera dello scultore bagherese Silvestre Cuffaro, per quanto si sa fu commissionata dalla Regione Siciliana  e regalata al compianto On.le Salvatore Aldisio  il quale pensò bene di donarla alla sua città natale, anche se non sapeva di preciso che cosa raffigurasse (alcuni dicono anche che fu commissionata dalla città di Messina per donarla ad Aldisio come ringraziamento del villaggio che lì fece realizzare). Infatti, nel giorno dell’inaugurazione, alla presenza di autorità civili, militari e religiose e di una strabocchevole folla che riempiva completamente la piazza, la gradinata e il sagrato dell’antistante chiesa Madre, il bronzo arrivò chiuso in un contenitore; di quello che accadde durante l’apertura dello stesso, lasciamo la  narrazione alle parole di Curtis Bill Pepper, uno scrittore giornalista americano presente alla cerimonia, il quale scrisse un articolo ovviamente  nella sua lingua, dal titolo “It happened in Italy” (E’ accaduto in Italia) di cui ne sintetizziamo  il testo.

  Nel momento solenne dello scoprimento, contrariamente a quanto di solito accade, non ci furono né grida di gioia né battute di mani, ma un silenzio tombale che calò tremendo sulla piazza. La folla che assisteva alla cerimonia rimase incredula e ammutolita nel veder comparire in tutte le sue fattezze una statua di una femmina completamente nuda con in mano un spiga e un drappo che succintamente ne avvolgeva anteriormente il bacino nella parte più intima: a Gela “nulla di simile si era mai visto”. Dopo l’iniziale smarrimento dei presenti, cominciarono a levarsi delle grida, quello di una donna “…ma è completamente nuda” e di un’altra “…non fate guardare i bambini”. Il compianto parroco della Madrice Mons. Gioacchino Federico, che doveva benedire il dono di Aldisio alla città, ripresosi dallo sgomento non potè fare a meno di gridare “bruciatela…, è un insulto continuo di fronte la chiesa, una tentazione diavolesca per i ragazzi giovani che vengono tentati prima del loro tempo”. Intanto, mentre “gli amanti dell’arte” e i “moralisti scioccati” dibattevano sul togliere o lasciare “la donna nuda” in piazza, alcuni volenterosi cercarono di porre rimedio a “tale vergogna” ricoprendo la statua con della stoffa, ma “il rimedio risultò peggiore del male” in quanto quel  drappo la fece diventare più sexy di quanto non fosse.

    Comunque, nonostante la contrarietà del parroco e di molte altre persone, fu deciso lo stesso di lasciare la statua nuda in piazza, anche se temporaneamente nella prima decade di settembre di quell’anno, fu tolta dal suo piedestallo in occasione dei festeggiamenti della Patrona di Gela alla presenza del vescovo della diocesi. Fin qui la sintesi del testo del Pepper.

    Da diversi decenni si discute se far togliere o meno questa statua bronzea e far ritornare il busto di Umberto I che da tempo si trova dimenticato in un angolino della Villa Comunale, ma più tempo passa e più tali discussioni diventano inutili. E così la fasulla Demetra continua a mostrare imperterrita le sue rotondità, una volta scandalose, tra l’indifferenza della gente che sosta in piazza.

 

 

    È il momento adesso di capire perché la statua nuda di piazza Umberto I non raffigura Cerere o Demetra che sia; infatti, la dea nell'iconografia classica è stata, ed è, sempre rappresentata abbastanza vestita, una matrona severa e maestosa, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro ricolmo di frutta nell'altra. E questa statua bronzea nuda di Piazza Umberto I è ben lontana dal possedere tali caratteristiche. Eppoi si immagini Salvatore Aldisio che regala la statua a Gela e quindi lo stesso diventa autore di un scherzo che fa incazzare maledettamente il parroco Mons. Federico, in quel momento rappresentante del "popolo di Dio" e, come accadeva allora, referente dei voti della Democrazia Cristiana di cui lo stesso Aldisio era il rappresentante politico. Impossibile neanche immaginarlo! Inoltre, se fosse stata indicata già col nome di Cerere, Mons. Gioacchino Federico sicuramente allora non avrebbe profferito nulla e ciò grazie alla sua riconosciuta cultura classica. Insomma si stava inaugurando la statua  e nessuno sapeva che era di Cerere?

    In merito al ritorno del busto marmoreo del re, a quanti si oppongono richiamandosi ad una non meglio imprecisata responsabilità di Umberto I per l'eccidio di Milano nel maggio 1898, diciamo solamente di rileggere la storia; l'ordine di sparare alla folla milanese in rivolta fu dato dal generale Bava Beccaris sulla base di un decreto dell'allora Governo presieduto da Antonio Starabba marchese di Rudini, quindi, a nostro modesto parere, non ci fu nessuna responsabilità, nemmeno morale, da parte di re Umberto I (definito da sempre il re buono) cosi come, più recentemente nel 1960, non ce ne fu per il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi durante il Governo Tambroni (monocolore DC appoggiato esternamente dal MSI e dal Partito Monarchico), quando le forze dell'ordine spararono a Genova, Roma, Reggio Emilia, Licata, Catania, ecc. sulla gente in corteo di protesta provocando morti e feriti. Se non andiamo errati allora ci sembra che il presidente Gronchi sia rimasto al proprio posto, anche perché giustamente nessuno ne chiese le dimissioni. A dimettersi, infatti, per la responsabilità morale di tali gravi fatti, fu proprio Ferdinando Tambroni.

 

Cortesia Giovanni Di Vita

 

 

 

Villa Comunale di Gela, busto di re Umberto I

 

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