Chiese di Gela

 

Chiesa S. Francesco d'Assisi

 

La chiesa di S. Francesco d’Assisi fu edificata a unica navata nel 1659 sui resti di una precedente del 1499 dedicata a S. Mischele Arcangelo; la parte esterna dell’edificio è caratterizzata dalla presenza di due pilastri cantonali e dal portale dell’ingresso principale in elegante stile settecentesco, con frontone spezzato e colonne rudentate a capitelli corinzi. Intorno al 1600 la chiesa, resasi pericolante, fu quasi completamente diroccata, ad esclusione dell’abside, e  ricostruita più grande ad opera di un gruppo di artigiani locali. L’interno con i suoi stucchi e le sue decorazioni venne realizzato ad opera di diversi artisti che andavano per la maggiore in Sicilia come Filippo Paladini, ma l’artista dipinse solo la magnifica pala d’altare di Sant’Orsola per recarsi a Mazzarino, lasciando a Gela il suo più grande collaboratore, Giuseppe Salerno, detto lo Zoppo di Gangi, che dipinse dieci tele pregiate che si ammirano in alto oltre il cornicione che raffigurano scene della vita di San Francesco. Le tele sono incorniciate da pregevoli stucchi in oro zecchino raffiguranti scene di angeli e demoni che preludono il trionfo del bene sul male. I lavori di ricostruzione dell’attuale tempio furono ultimati nel 1659 dopo la realizzazione di un soffitto in legno a cassettoni di pregevole manifattura, interamente decorato con borchie dorate e pigne in argento, databile nel 1566. Nella chiesa predomina il tardo barocco siciliano e oltre alle tele attribuite allo Zoppo di Gangi (la vita di S. Francesco) e al Paladini (il Martirio di Santa Orsola) si aggiunse quella del pittore palermitano Vito D’Anna (la “Deposizione” realizzata nel 1768) oltre ad un’acquasantiera in marmo del XVI secolo, probabilmente opera gaginiana, un gruppo di statue lignee secentesche e due monumenti marmorei. Nell’ultimo riattamento di qualche lustro fa sono venuti alla luce una serie di cripte, diversi affreschi e delle dorature di alcuni altari. La chiesa è dedicata al culto dell’Immacolata Concezione, la cui festa ricorre l’8 di dicembre. Nel gennaio del 1989, durante i lavori di restauro e risanamento conservativo, sotto l’altare di San Francesco sono venuti alla luce una lapide e diversi gradini. La lapide, con in rilievo lo stemma dei francescani, era una botola che chiudeva l’accesso ad un sottostante vano. Sul fondo dello stesso vano, oltre ad un muretto di calce e gesso, sono comparsi pure un ossario ed alcune strutture riconducibili all’esistenza di una serie di cripte. L’intervento di restauro permise di recuperare tutte le cripte esistenti sotto il pavimento e sono databili intorno al 500-600. Dalle indagini fatte le cripte sono collegate tra esse da una serie di camminamenti ricavati originariamente dalla divisione di tre grandi cunicoli che corrono longitudinalmente sotto il pavimento della chiesa. Agli inizi degli anni 70 le volte di tali cunicoli, durante alcuni lavori di pavimentazione, furono distrutte e i vani delle cripte profanati e riempiti con materiale di risulta. Nella chiesa vi erano infine 17 sepolture gentilizie e comuni, che fine al 1840 erano presenti. Negli ultimi interventi di restauro del 2007, sotto il pavimento della nuova Cappella del Sacramento, sono venuti alla luce i resti di un tempio greco - forse il Santuario di Hera del VI sec. A. C. -  ed una strada che conduce verso l’attuale salone parrocchiale.

 

 

Vito D’Anna 1768La deposizione – pala dipinta ad olio su tela. L’opera è una delle ultime pale d’altare del pittore e raffigura la scena della Deposizione; la Madonna in piedi composta nel suo dolore, mostra il figlio, dalla robusta corporatura e ancora fresco e soave e senza quasi nessuna ferita (un corpo quasi caravaggesco), sostenuto da un giovane angelo mentre è deposto sul masso del sepolcro. Sulla sinistra un plinto di colonna drappeggiato e degli angioletti che volteggiano nel cielo. Infine, in basso a sinistra a completamento di tutta la scena sono rappresentati i simboli della Passione di Cristo con una corona di spine, il calice sacro e i dadi a ricordo dei soldati romani che si giocarono le vesti di Gesù durante la crocifissione.

Filippo Paladini o Giovanni PortaluniIl martirio di Santa Orsola – Pala dipinta secentesca. La pala riporta un dipinto attribuibile al tardomanierismo siciliano dove è raffigurata la scena leggendaria del Martirio di Santa Orsola e delle 11.000 sue compagne vergini avvenuta a Colonia nel IV sec. d.C. a opera degli Unni, durante il ritorno da una pellegrinaggio a Roma. La santa con i capelli biondi, vestita di una preziosa e principesca veste rossa laccata in quanto figlia del re di Bretagna, domina la scena principale del dipinto ed è rappresentata in un atto di estasi con lo sguardo rivolto al cielo nonostante la freccia scagliata dall’arciere che gli sta di fronte che gli ha trafitto il collo. Nella scena del martirio compaiono in una composizione affollata le vergini già uccise, in primo piano ai piedi della santa, e quelle che in processione si avviano al martirio. Sullo sfondo è riportata un’insenatura con dei velieri e delle montagne innevate che sovrastano una torre di un abitato. Nonostante l’atto sanguinoso del martirio non c’è nei personaggi rappresentati concitazione, sulla scena regna una grande calma. La santa in estasi, con in mano uno stendardo pontificio, guarda il cielo dove volteggiano degli angioletti con la corona e la palma del martirio. 

Statua lignea di S. Michele Arcangelo del 1664. S. Michele Arcangelo è uno dei tre arcangeli oltre a Gabriele e Raffaele. E’ patrono universale della chiesa e combatte contro le forze del male e contro le insidie di Satana. Il nome del santo deriva dall’ebraico MI – Ka – El significa Chi è come Dio? S. Michele è raffigurato con le ali, un’armatura dorata e nella mano una lancia che trafigge Satana con le sembianze di un drago.

Statua lignea di S. Antonio di Padova del 1761. Il santo giovane con saio francescano è rappresentato con il giglio in mano, simbolo di purezza e di lotta al male, e in braccio il Bambin Gesù che esprime l’attaccamento all’umanità di Cristo e la sua intimità con Dio.

Statua lignea secentesca di S. Francesco. Il santo con il saio, il cordone, l’aureola e nelle mani le stigmate.

Tela dipinta della “Disputatio” di Lino Picone del 2016 ubicata nel riquadro a nord della cappella centrale. La scena del quadro si riferisce alla disputa tra Domenicani e Francescani sul concepimento virginale dell’Immacolata Concezione, risolta poi da papa Pio IX nel 1854 con la proclamazione del "dogma". Nella scena compare S. Francesco, mezzo inginocchiato con nelle mani il sole e la luna, mentre discute con un frate domenicano. Sullo sfondo compare un altro frate francescano con l'indice della mano rivolto verso il cielo, si riferisce a Duns Scoto teologo e filosofo assertore del dogma dell'Immacolata Concezione.

Tela dipinta “Laudato sie, mi' Signore” di Lino Picone del 2017 ubicata nel riquadro a sud della cappella centrale. La scena proposta è un inno al creato del Cantico delle Creature di S. Francesco; il santo è circondato da bambini e ne tiene una in braccio che gli stringe un dito col significato della vita e della sua continuità; un altro bambino gioca con il lego i cui pezzi riportano i colori nazionali nella significazione del santo Patrono d’Italia. Sullo sfondo oltre al mare si delinea il firmamento con la terra, la luna e le stelle in un cielo tenebroso e pieno di nuvole. Luna e stelle, nell’ispirata poesia di Francesco, debbono lodare il Signore perché Egli in cielo le ha formate “clarite e preziose e belle”.

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