Chiese di Gela

 

Chiesa Carmine

 

Fu edificata assieme all’attiguo convento (quest’ultimo dal 1866 sede della Caserma dei Carabinieri) nei primi decenni del Settecento sullo stesso sito dell’antica chiesa dell’Annunziata del 1514; nel suo interno si conservano, oltre a diverse pale dipinte ed un’acquasantiera del 1571, un Crocifisso del XV secolo, ritenuto miracoloso dalla devota po-polazione gelese, un pregiatissimo dipinto su tavola del 1616 su fondo oro della Crocifissione e un organo del 1917 senza canne di facciata con 9 registri. Nel febbraio del 2006 nella chiesa, durante lo scavo per la posa di una nuova pavimenta-zione, sono venute alla luce diverse cripte ancora sigillate in cui sono stati ritrovati numerosi resti di scheletri, in particolare, nella cripta posta sotto l’altare maggiore, dove si trova una ci-sterna utilizzata in passato come fossa comune. La festa della Madonna del Carmine ricorre il 16 di luglio.

L'ANNUNCIAZIONE

Dipinto su tela di autore anonimo del XVII-XVIII secolo

Nel Vangelo secondo Luca, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio a Nazaret in Galilea, a casa di una vergine di nome Maria, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. L'angelo entra in casa di Maria e le annuncia che concepirà il Figlio di Dio. L'angelo evidenzia la potenza della propria azione per mezzo dello Spirito Santo, ritratto con la colomba in alto nel cielo tra un volteggiare di angioletti, che è Spirito creatore e datore di vita. L'Angelo è raffigurato in una posizione classica, come appena planato con le ali battenti e il manto giallo svolazzante, mentre con la mano sinistra porge un giglio, emblema di purezza e castità, alla Vergine Maria e con la destra benedicente. Lo sguardo è rivolto fisso verso Maria, nell'atto dell'annuncio il quale di fronte alla richiesta del Signore, "piena di grazia" si proclama sua "serva" e dichiara completa disponibilità. Maria, figura stante con l’arto sinistro leggermente flesso e portato in avanti e le braccia alzate in segno di accettazione del suo destino, è ritratta con veste color rosso tenue e manto blu vicino a un leggio dove è appoggiato un libro di preghiere aperto. Sul pavimento un cestino di lavoro e un gatto domestico con pelliccia a screziature bianche e nere.

SANTI CARMELITANI

Dipinto su tela di autore anonino del XVIII secolo.

In primo piano si osservano due santi carmelitani dalla tunica color marrone e cappa bianca con lo sguardo rivolto al cielo dove predomina la colomba dello Spirito santo; più in basso, si trovano due angeli, quello a sinistra tiene tra le mani un lungo cartiglio con attorcigliature che riporta una scritta del Salterio, quella del Salmo 37/36, 30 "Os jiusti meditabitur sapientiam et lingua eius loquetur iudicium" (La bocca del giusto profferisce sapienza e la sua lingua pronunzia giustizia). I santi carmelitani sono ambedue siciliani. Quello a sinistra raffigura il trapanese S. Alberto degli Abati con in basso l'attributo del giglio; l'altro a destra raffigura il licatese S. Angelo Martire con gli attributi della spada che gli trafigge il petto, della palma del martirio e delle tre corone di diverso colore (simboli della verginità, della predicazione e del martirio), due nelle mani di un angioletto volteggiante nel cielo e una sul margine sinistro della stessa tela dipinta a lato dell'angelo.

S. LORENZO

Dipinto su tela di autore anonimo del XVII-XVIII secolo

La leggenda vuole che S. Lorenzo, uno dei sette diaconi di Roma, sia stato arso vivo su una graticola durante la persecuzione voluta dall'imperatore romano Valeriano. Il pittore anonimo ritrae il santo in estasi con le braccia e lo sguardo rivolti al cielo dove in uno sprazzo di luce compare la colomba dello Spirito Santo con a lato degli angioletti. Sulla base del dipinto sono raffigurati i carboni accesi e il fumo nero che diventa una nuvola di supporto dello stesso santo che viene ritratto con una dalmatica purpurea, una tunica lunga fino ai ginocchi con maniche larghe; in basso sotto il santo, alla base del fumo, compare un putto e a lato due angeli con gli attributi della graticola e della palma del supplizio. La notte di san Lorenzo è tradizionalmente associata al fenomeno delle stelle cadenti, considerate evocative dei carboni ardenti su cui il santo fu martirizzato.

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